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Araldica Eclesiastica
di Giorgio Aldrighetti
I VESCOVI
DELLA DIOCESI DI CHIOGGIA
DAL 1110 AI GIORNI NOSTRI
Il Catalogus Episcoporum Clugiensium ab anno MCX (armoriale dei Vescovi della Città e Diocesi di Chioggia), redatto nel 1754, sotto l’episcopato di fra’ Vincenzo BRAGADIN O. F. M. Capp. ed aggiornato sino all’attuale ottantunesimo Ordinario clodiense, non porta gli scudi di tutti i vescovi; inoltre, in parecchi stemmi, mancano i segni convenzionali indicanti gli smalti. Ne consegue una blasonatura in parte orfana, nell’indicazione dei metalli e dei colori.
I Vescovi portano lo scudo personale accollato ad una croce astile latina d’oro e timbrato da un cappello di verde, con cordoni e fiocchi dello stesso, in numero di dodici, sei per parte, in tre file, disposti: 1,2,3.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_tta_pageable no_fill_content_area=”1″ active_section=”1″ tab_position=”top”][vc_tta_section title=”Sezione 1″ tab_id=”1458117934535-34fbce8c-8ded”][vc_column_text]
SECOLO XII
ENRICO GRANCAROLO
I
1110 – 1122
Scudo non blasonato
Fu con molta probabilità un fenomeno di bradisismo, verificatosi a Malamocco, a consigliare il vescovo Enrico Grancarolo di trasferire la sua diocesi da quel sito a Chioggia. E fu proprio Enrico Grancarolo (o Granzaruolo) l’ultimo vescovo di Malamocco, succeduto a Stefano Badoero o Badoer, consacrato nel 1107, e il primo vescovo di Chioggia, pur conservando (e ciò fino al 1119) il titolo di Vescovo di Malamocco, diocesi antichissima, eretta probabilmente verso l’anno 640 ad opera dei Padovani fuggiaschi in seguito all’invasione dei Longobardi capitanati dal re Rotari, e rimasta tale forse per circa 400 anni, sede pure, dopo Eraclea, e prima di Rialto (o Rivoalto) anche del Veneto governo fino alla guerra con Pipino (809), anno in cui essa fu trasferita nel suddetto Rialto.
Inizialmente la sede vescovile di Malamocco fu trasferita circa tre miglia più a nord dal lato della laguna, all’incirca in faccia all’isola di Poveglia, ma poi il Grancarolo, constatata l’insicurezza anche di questo sito, di concerto con il Gastaldo di Chioggia Domenico Bello e con il doge Ordelaffo Falier, decise di traslare la sua residenza a Chioggia Maggiore, allora città fiorente per la produzione e il commercio del sale, per la fertilità del suo territorio e per l’ardimento dei suoi marinai.
Il trasferimento avvenne nell’aprile 1110, come risulta dal documento ufficiale stilato dal doge Falier e nel quale viene fatto esplicito riferimento al trasporto a Chioggia di tutta la dotazione della primitiva sede episcopale: ornamenti, palii, vasi sacri, paramenti sacerdotali, libri per la liturgia e tutti gli altri beni mobili e immobili, comprese, ovviamente, le sacre reliquie dei martiri Felice e Fortunato. Non esiste, tuttavia, alcun documento che precisi il giorno della traslazione della diocesi come pure dell’ingresso del vescovo Grancarolo: la chiesa clodiense ricordava nel passato l’avvenimento il 27 settembre e la festa commemorativa il 14 maggio in concomitanza con quella dei SS. patroni; nel 1603 il vescovo Prezzato fissò la festa maggiore nel giorno del loro martirio (11 giugno) mantenendo però la festa del 14 maggio (la cosiddetta “Pasqua delle rose”) a ricordo della traslazione delle loro reliquie, festa ora abolita.
È tradizione, storicamente non confermata, e riportata come ricorrente ai suoi tempi dal Morari (1580-1652) (cfr. P. Morari, “Storia di Chioggia”, Chioggia, 1871) “che i vescovi e i canonici collocassero la loro sede a S. Andrea et ivi fosse costituita la Cattedrale, e che le case Episcopali fossero, dove hora è la casa per il maestro d’humanità”. Forse la scelta cadde sulla chiesa di S. Andrea in quanto era situata nel “Vicus” (attuale Vigo), la parte più popolata della città, in prossimità del porto, delle saline e dei cantieri navali e presidiata dalla robusta Torre di S. Andrea – urbis propugnaculum – e ciò nonostante la probabile esistenza dell’antica chiesa, divenuta poi Cattedrale, dedicata alla Natività di Maria, edificata forse sulle fondamenta di un tempio pagano alla dea Concordia e ricostruita poco dopo il trasferimento della sede vescovile (fu distrutta da un incendio nel 1623).
Da una Costituzione del 16 marzo 1111, redatta con l’approvazione dei suoi 16 canonici, il Grancarolo stabilì di eleggere per sempre un arciprete con tutti i privilegi dell’Arcidiacono della Cattedrale, che avesse sede in Malamocco: questi aveva il diritto di seguire il vescovo nelle visite pastorali, intervenire alle funzioni del Giovedì santo e presentare nelle ordinazioni i candidati agli ordini sacri. Prima di questi arcipreti, pievano di Malamocco, eletto dal Capitolo, fu Nicolò Longo, già canonico di Malamocco e poi di Chioggia. Queste disposizioni, a quanto sembra, rimasero in vigore (quantunque il documento dallo storico Vianelli venga considerato apocrifo) fino a quando un decreto del 6 agosto 1919 della Congregazione concistoriale stabilì l’annessione della parrocchiale di Malamocco alla Archidiocesi di Venezia.
Purante l’episcopato del Grancarolo il 3 gennaio 1117 un terremoto “squarciò gli argini del Po e dell’Adige, e crollò a Cavarzere chiese e torri” (cfr. D. Razza, “Storia popolare di Chioggia”, Chioggia, 1898). Non si ha notizia della sua morte, avvenuta forse l’anno stesso in cui fu eletto il suo successore, Stefano I, e cioè nel luglio 1122.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 2″ tab_id=”1458118434468-1dd11e24-314c”][vc_column_text]
SECOLO XII
STEFANO I
II
1122 – 1139
Scudo non blasonato
Stefano Badoer fu forse eletto vescovo di Malamocco e Chioggia nel 1122 e partecipò al Sinodo provinciale di Torcello, indetto per trattare una vertenza sorta tra quel vescovo ed i suoi canonici; questi furono deposti e poi riconosciuti tali per grazia e mediazione degli stessi vescovi riuniti nel Sinodo.
Questo vescovo acquistò dal Gastaldo delle due Chioggie, Domenico Bello, al prezzo di mille lire, un terreno paludoso nella valle Perognola, l’antica Brombedo, sita a nord-ovest della città per costruirvi un fondamento di saline che poi furono chiamate le “saline del vescovo”.
Fu deciso che i proventi spettassero per sette anni parte al vescovo e parte alla comunità di Chioggia Minore. Stefano I morì verso il 1139, anno in cui è presente a Chioggia il suo successore, il Guillari.
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SECOLO XII
DOMENICO GIULLARI
III
1139 – 1151
Scudo non blasonato
Da un documento del 1139 si rileva che occupava la sede vescovile di Chioggia a quell’epoca il vescovo Domenico Guillari o Willo Willari con il titolo ancora di vescovo di Malamocco come gli altri due suoi predecessori.
Nel settembre dello stesso anno egli cedeva ad una certa Adelaida, consorte del doge Pietro Polani, due saline di sua proprietà acquistate da certo Martino Bolla nel fondamento chiamato Caccia cane piccolo, con l’obbligo da parte dell’acquirente di versare in perpetuo al “prete seniore” di Malamocco due “giornate di sale”, seguendo la consuetudine degli altri comproprietari dello stesso fondamento. Il Guillari ebbe una controversia con il vescovo di Castello in Venezia per via delle monache, passate dal monastero già soppresso di S. Basso e Leone di Malamocco a quello di S. Servolo sotto il vescovo di Olivolo, sempre in Venezia, pretendendo la sua giurisdizione su di esse nonostante il loro trasferimento in una diocesi diversa; grazie alla mediazione del patriarca di Grado e dei vescovi di Caorle e di Eraclea, la vertenza nel 1150 fu appianata di comune accordo e il Guillari riconobbe il suo errore.
Non si conosce la data né della nomina episcopale né della morte.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 4″ tab_id=”1458118670416-0249151b-943b”][vc_column_text]
SECOLO XII
FELICE I
IV
1151 – 1157
Scudo non blasonato
S’ignora la data di elezione a vescovo di Chioggia di Felice I come pure la durata del suo episcopato. Fu forse il primo ad assumere il titolo di vescovo non più di Malamocco, ma di Chioggia; lo si desume da due atti, posteriori di oltre due secoli, ante bellum, conservati presso l’Archivio storico comunale. Il primo porta la data del 1383 e il secondo dell’anno successivo; in entrambi si ricorda un’antica usanza del vescovo Felice I e concordata con la Comunità, di farsi accompagnare durante le visite pastorali alla diocesi da quattro nobili laici con rispettivo seguito.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 5″ tab_id=”1458118739670-da111f52-3d3a”][vc_column_text]
SECOLO XII
GIOVANNI FALIERO
V
1157 – 1164
Semipartito troncato: nel primo d’oro, nel secondo d’azzurro, nel terzo d’argento.
Forse di origine veneziana, il vescovo Faliero, dapprima Arcidiacono della Cattedrale di Castello in Venezia, fu designato a reggere la diocesi clodiense probabilmente nel 1157, incarico che mantenne per circa un settennio. Nell’ottobre 1162 sottoscrisse un contratto di suo pugno in seguito al quale venne concesso a Pietro Lupari e al figlio Domenico Diacono un appezzamento di terreno con annessa peschiera di proprietà vescovile dietro versamento di un canone annuo consistente in due libbre d’olio, da corrispondere al vescovo in concomitanza con la festa dell’Assunzione di Maria Vergine, considerata allora festività solenne per la città.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 6″ tab_id=”1458118845706-a291cb5b-de38″][vc_column_text]
SECOLO XII
MARINO RUIBOLO
VI
1164 – 1182
Scudo non blasonato
Predecessore di Araldo Bianco, il vescovo Marino Ruibolo, veneziano, prese possesso della diocesi clodiense intorno al 1165 o nel gennaio 1164, epoca in cui, forse quale ricompensa per qualche prestazione o privilegio, concedeva ad Enrico Gradenigo due anfore di vino tratto da alcune vigne in Pellestrina di proprietà vescovile. Sembra che questo vescovo abbia risieduto più a Venezia che a Chioggia. Durante il suo episcopato, papa Alessandro III, com’è noto, perseguitato dal Barbarossa, che aveva favorito l’elezione degli antipapi Vittore, Pasquale e Callisto, si era ritirato, al tempo della Lega lombarda e delle lotte dei Comuni italiani con l’imperatore germanico (1176-78), in Anagni, ma, ritenendosi sufficientemente sicuro, pensò di trasferirsi a Venezia.
Narra la leggenda che il fuggitivo pontefice, partito da Vesta, si sia portato via mare a Zara e quindi con un naviglio si sia diretto verso Chioggia, dove giunse nottetempo tra l’inverno del 1176 e la primavera del 1177; dopo aver ammirato l’imponenza dell’abside dell’antica Cattedrale e aver percorso il cimitero allora situato sul lato sud (attuale Sagraèto), si dice che egli abbia atteso il sorgere del giorno riposando da umile pellegrino sui gradini del campanile della Cattedrale.
Ripartito poi dal traghetto di Vigo, sarebbe giunto a Venezia. Il fatto è ricordato da un bassorilievo raffigurante la cosiddetta “Madonna del Riposo”, affiancata dai Santi Felice e Fortunato e sorreggente sulle ginocchia il Bambino, bassorilievo scolpito sull’ogiva della stessa porta nel 1347. Portatosi, come detto, a Venezia, egli avrebbe svolto le mansioni di cappellano nella chiesa della Carità; riconosciuto, sarebbe stato ossequiato e avrebbe ricevuto protezione da parte del doge Sebastiano Ziani (cfr. P. Morari “Storia di Chioggia”, 1870 cap. IV, p. 93).
Storicamente è certo, invece, che, dopo i due successi riportati dalla Lega Lombarda, Alessandro III venne altre due volte a Chioggia cum multa consolatione della Città, la seconda delle quali per portarsi a Venezia e firmare la pace (21 luglio 1178) con il Barbarossa. In questa occasione i due passarono per la città clodiense con il loro nutrito seguito, che il Morari quantifica in ben 6293 persone. Sempre nella stessa circostanza, il Vescovo Ruibolo firmò un atto di privilegio concesso dall’Imperatore al monastero di S. Giorgio.
Nell’anno seguente (1179) fu a Roma per partecipare al Concilio Laterano III. Gli ultimi anni della sua vita il vescovo li trascorse a Venezia, dove, prima di morire nel 1180, firmò un atto di donazione ai monaci di S. Giorgio Maggiore di una vigna in Pellestrina.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 7″ tab_id=”1458119179960-e05da239-b69c”][vc_column_text]
SECOLO XII
ARALDO BIANCO
VII
1182 – 1203
Scudo non blasonato
“Verosimilmente chioggiotto” secondo G. Vianelli (“Nuova serie de’ vescovi di Malamocco e Chioggia”, 1790, vol. I, p.109) e anche secondo D. Razza in “Storia popolare di Chioggia”, 1898 (anticamente esisteva a Chioggia il casato dei Bianco, poi estintosi), Araldo Bianco resse la diocesi clodiense tra il 1182 e il 1203.
Sostenne una vertenza con il vescovo di Castello in Venezia, Marco Niccolai, per la proprietà di una vigna sita in Pellestrina, coltivata da un certo Martino Contraco di Chioggia maggiore: entrambi i vescovi accampavano diritti su quel terreno, che poi fu assegnato al secondo. Gli stessi due vescovi nel 1192, in qualità di delegati apostolici, furono incaricati di risolvere la vertenza sorta tra il Capitolo di Trieste e il patriarca di Aquileia Gottifredo, il quale si rifiutava di riconoscere l’elezione a vescovo della diocesi triestina di Volcango. Ma questi fu poi riconosciuto e confermato.
Altra ennesima vertenza fu affidata al Bianco da Papa Innocenzo III riguardante i Canonici della Cattedrale di Ferrara unitamente al patriarca di Grado per la pubblicazione o il rinnovo della scomunica e dell’interdetto alla città e Comune di Treviso: questi abitanti, in occasione di tumulti e di guerre, avevano trucidato il vescovo di Belluno, arrecando grave danno ed oltraggio al patriarca di Aquileia e ai vescovi di Feltre e Ceneda. Non si conosce la decisione presa.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 8″ tab_id=”1458119294541-46c4917e-57a0″][vc_column_text]
SECOLO XIII
DOMENICO II
VIII
1203 – 1218
Scudo non blasonato
Questo vescovo, omesso dal Razza nella sua “Storia popolare di Chioggia” del 1898, figura invece nell’elencazione ufficiale dei vescovi redatta dal Vianelli (cfr. “Nuova serie de’ vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790) come Domenico II, per distinguerlo dal primo Domenico, Guillari, che fu cronologicamente il terzo vescovo di Chioggia.
Di lui si sa che nel febbraio 1203 decise una permuta fra un tratto di terreno con pozzo sito in Cal Mazor (attuale Corso) di proprietà vescovile con un altro analogo, pure con pozzo, situato a ponente dell’episcopio, probabilmente ove ora si trovano uno spiazzo verde e accanto la scuola materna retta dalla Congregazione delle suore del S. Volto: quest’ultimo terreno era di proprietà comunale. Nello stesso anno il vescovo Domenico II fu incaricato di decidere su una delle vertenze fra canonici che sorgevano allora di frequente, stavolta riguardante il Capitolo di Aquileia.
Durante il suo episcopato fu redatta la “storica” mariègola di S. Nicolado dei Galafadi, scritta nel volgare dell’epoca o forse tradotta dal latino; essa risale al 1211 e purtroppo l’originale è andata smarrita. Risulta fra “i monumenti più antichi del dialetto di Chioggia” come titola il volumetto curato da Ugo Levi nel 1901 e che riporta, oltre a questa, altre due mariègole.
Nella suddetta mariègola viene citato il “monastier del biado Nicolado” a riprova dell’esistenza già da allora dell’ex convento di S. Nicolò con annessa chiesa, la più antica tuttora esistente di Chioggia.
Il Bellemo (cfr. “Insegnamento e cultura in Chioggia fino al secolo XV” in “Archivio Veneto”, tomo 35-36, 1888) sostiene che i primi capitoli sono contemporanei al prologo, ma anteriori ai rimanenti. Di questa mariègola esistono due copie provenienti dalla stessa mano: quella del can. Domenico Silvestro Dall’Acqua (1722-1802): la prima fa parte del Liber Jurium conservato nell’Archivio storico della Curia vescovile di Chioggia e vi compaiono la firma del Dall’Acqua e la data (1757), mentre la seconda si trova nella Biblioteca del Seminario: questa è la più completa e di essa si valse Rodolfo Poli per il suo studio “Gli antichi statuti delle società di mutuo soccorso fra calafati a Chioggia”, Duse, 1889). Esiste nelle due copie qualche lieve differenza nella disposizione delle parti. Entrambe iniziano con la formula: “Questa si è la mariegola deli galafadi de Cloza, che Dio i conserva”.
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SECOLO XIII
FELICE II
IX
1218 – 1235
Scudo non blasonato
Predecessore di Domenico Selvo, Felice II fu eletto vescovo di Chioggia circa il 1218, in quanto proprio in quell’anno il papa Onorio III lo delegò, insieme ai vescovi di Ferrara e Torcello, a dirimere una disputa sorta tra i Canonici regolari e il vescovo di Ravenna. Le trattative si svolsero presso il castello di Loreo. Lo stesso papa nell’anno seguente incaricò sempre il vescovo Felice II, insieme ad altri vescovi, di porre termine ad un’altra vertenza nata fra i Canonici di Padova e l’abate di S. Giustina, poi ad un’altra ancora nel 1220 tra il vescovo di Adria e l’ Abbadessa di S. Silvestro di Ferrara e infine ad un’ultima, nel 1222, tra il vescovo di Padova e Giacomo di S. Andrea, che Dante colloca all’Inferno (canto XIII, vv. 133-35) tra gli scialacquatori condannati ad essere sbranati dai cani, fatto uccidere, si crede, da Ezzelino IV nel 1239; così gli si rivolge un dannato: O Giacomo… da Sant’Andrea / che t’è giovato di me fare schermo? / Che colpa ho io della tua vita rea?
Nel 1228 come delegato apostolico Felice II fu costretto a scomunicare il Priore ed il convento di S. Maria in Vanzo a Padova, in continuo dissidio con quel Capitolo. Ma egli dovette ben presto occuparsi di una vertenza sorta proprio “in casa sua”. Si tratta della nota controversia sorta tra il vescovo e Cavarzere in merito alle visite pastorali che si compivano ogni tre anni: era consuetudine che il vescovo, tramite una convenzione con il Comune di Chioggia, conducesse con sé quattro nobili laici con il rispettivo seguito; nelle visite egli era accompagnato anche dal Capitolo, comprese due persone del luogo visitato, chiamate sinodali o giurati, i quali erano incaricati dal vescovo di denunciare i colpevoli di delitti contro il buon costume o di delinquenza.
Arrivato al luogo della visita, il presule con il suo corteo prendeva posto nella pubblica piazza e, piantato un palo (la cosiddetta berlina) davanti la porta della chiesa, giudicava gli accusati e quindi faceva legare i colpevoli al palo facendoli… colpire ripetutamente con una scopa o con una frusta di canapi. Quando il vescovo Felice si recò a visitare Cavarzere nel 1218, quegli abitanti non ne vollero sapere né di palo né di scopa… Questa decisione indusse lo stesso vescovo a ricorrere a papa Onorio III, il quale nel 1222 incaricò l’abate di S. Stefano da Carrara e tal Maestro Egidio, canonico di Padova, di prendere una decisione, dirimendo la… curiosa vertenza. Sentiti i delegati di ambo le parti, il 22 giugno 1223 essi diedero ragione ai cavarzerani e consigliarono il vescovo di ripiegare su meno drastiche sanzioni pecuniarie. La questione fu solo temporaneamente risolta perché poi riemerse sotto l’episcopato dei successori di Felice II, il quale morì probabilmente intorno al 1230-35.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 10″ tab_id=”1458119564936-c125b12c-9ad4″][vc_column_text]
SECOLO XIII
DOMENICO SELVO
X
1235 – 1236
Scudo non blasonato
Secondo il Vianelli (cfr. “Nuova serie de’ Vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790, vol. I, pag.132) il vescovo Selvo sarebbe “di patria verosimilmente chioggiotta”, anche se questa affermazione deve essere presa… con beneficio d’inventario. L’autore, infatti, basandosi su documenti, fissa come data di inizio dell’episcopato di Domenico Selvo il 1235, mentre due illustri storici clodiensi, il Morari e il Razza, lo ricordano come vescovo rispettivamente nel 1300 e nel 1203-1218, quando dopo di lui fu eletto Felice II.
Probabilmente esiste una certa contraddizione sia nelle date che nei nomi, in quanto la diocesi clodiense in quel periodo fu retta da due vescovi di nome Domenico: Domenico nel 1203 e il citato Domenico Selvo, allora notaio e suddiacono, il quale nell’agosto 1203, essendo vescovo il primo Domenico, autenticò un documento del vescovo Domenico riguardante una contestazione di diritti mossa al Capitolo d’Aquileia e affidata al giudizio del vescovo di Chioggia (cfr. G. Vianelli, op.cit., vol. I, pag.119).
Da notare che tra le arcate anteriori della cella campanaria del campanile della Cattedrale figura una lapide sepolcrale, spezzata in due parti, con l’immagine del defunto rivestito di camice e penula, scolpita a mezzo rilievo e con un’iscrizione a caratteri longobardi, in cui si legge S. D.ni Pb. Ri D.nici / Silvi / Peterel (?) Can. C. cioè “Sancti Presbyteri Domini Silvi Peterel (appellativo ignoto al Gradenigo) Canonici Clugiensis” (cfr. C. Bullo, “Le iscrizioni lapidarie di Chioggia”, Venezia, 1908 e G. A. Gradenigo, “Antichità sacre di Chioggia nel Medioevo”, ms., 1763). Quest’ultimo riporta a tav. IX la descrizione con relativo disegno ricordando che “fuvvi un Vescovo di Chioggia Domenico Salvi morto nel 1236”. La segnalazione dell’esistenza di tale lapide era stata fatta – annota il Gradenigo – dai “Sig.i Naccari Fortunato e Nardo Domenico (noti storici e naturalisti clodiensi, n.d.r.)”, i quali “avertono ch’esiste nel parter tra i finestroni o balconate della camera del campanile del Duomo fra uno dei volti del Fenestrone in terra”. Il vescovo Domenico Selvo fece atto di sottomissione al patriarca di Grado, Angelo Barozzi, il 22 settembre 1235 e l’anno dopo cessò di vivere.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 11″ tab_id=”1458119656245-5ed5b517-ae62″][vc_column_text]
SECOLO XIII
GUIDONE
XI
1236 – 1257
Scudo non blasonato
Eletto dal Capitolo nel 1236 alla morte del predecessore Domenico Selvo, già vescovo di Equilio, Guidone (o Widone) chiese ed ottenne l’opportuna dispensa da papa Gregorio IX per poter lasciare la primitiva sede, richiesta che venne formalizzata l’11 dicembre 1236 con decreto di traslazione inoltrato pro informatione et voto al patriarca di Grado, da cui allora dipendeva la nostra diocesi.
Ebbe anch’egli a sostenere alcune contestazioni da parte di cavarzerani per le visite pastorali.
Guidone fece da intermediario, su incarico di papa Innocenzo IV, unitamente all’Arcidiacono di Torcello e al Pievano di Lio Piccolo, di una controversia sorta tra due monasteri di Torcello a riguardo della proprietà… di un vigneto.
Papa Alessandro IV nel settembre 1256 lo delegò prima ad accogliere la rinuncia di Pietro Priore di S. Maria in Porto di Ravenna gratificandolo di una rendita annua e successivamente a dirimere una vertenza, unitamente al Priore dei Domenicani di Ferrara e all’Arciprete di Rovigo, sorta tra il Capitolo di Monselice e il Vescovo di Padova.
Durante l’episcopato di Guidone, morto forse verso la fine del 1257, vennero approvati (1247) i primi statuti della città, sulla scorta di quelli redatti da Venezia “provvedendo di far leggi, che si conformassero all’indole dei cittadini, salve, quanto fosse possibile, le antiche consuetudini” (cfr. D. Razza, “Storia popolare di Chioggia”, 1898).
Questi statuti, di grande valore etico-sociale, compilati sotto il podestariato di Giovanni Michel, che erano “leggi oneste, ragionevoli, piene di equità e sante, e quasi in tutto ai sacri canoni ed alle leggi civili consonanti” (cfr. P. Morari, “Storia di Chioggia”, cap. V, 1871), andarono perduti.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 12″ tab_id=”1458119837009-f15bbcb8-cbd6″][vc_column_text]
SECOLO XIII
MATTEO
XII
1257 – 1280
Scudo non blasonato
Prima del piccolo anticipato “scisma d’Occidente” causato dalla incertezza del diritto di elezione del vescovo da parte del Capitolo o del Pontefice, occupò la sede episcopale clodiense verso il 1264 Matteo, il quale pare abbia avuto anch’egli alcune controversie con Cavarzere o con altre località della diocesi in occasione della visita triennale così da ottenere l’11 dicembre 1275 un prestito in denaro dal Maggior Consiglio per sostenere la questione.
Il 15 giugno 1264, durante la guerra tra Veneziani e Genovesi per il dominio dei mari d’Oriente, consacrò l’altare dei SS. Patroni nella vecchia Cattedrale ponendovi nella mensa il corpo di S. Felice e il capo di S. Fortunato, una spalla di S. Cecilia e un vaso di manna trovata nel sepolcro di S. Giovanni ev. L’11 febbraio 1265 confermò a Venezia insieme al can. Bonacena, promotore del Capitolo di Chioggia, la riscossione dei beni lasciati per testamento da un certo Gabriel Paolo allora defunto.
Approvò nel 1279 l’antichissima Mariègola dei SS. martiri Fele e Fortenado, istituita nei primi anni del XII secolo all’epoca della traslazione da Malamocco a Chioggia delle reliquie dei Santi Patroni della città. L’originale, forse trascritto in latino, andò perduto; il testo riportato dal Vianelli (cfr. “Nuova serie de’ vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790) è quello che è stato ritoccato nel 1447 dal vescovo Pasqualino Centoferri ed è attinto dalla trascrizione fatta dal Dall’Acqua nel 1757 di quello contenuto nel Liber Jurium 35, pag. 103, conservato nella Curia vescovile di Chioggia. Il vescovo Matteo morì nel 1280 o 1284.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 13″ tab_id=”1458119916069-43376ec0-e8fd”][vc_column_text]
SECOLO XIII
UBERTO ABATE
XIII
1280 – 1286
Scudo non blasonato
Uberto Abate, appartenente al noto monastero della SS. Trinità e S. Michele Arcangelo di Brondolo, consacrato dal patriarca di Grado e che prese possesso della diocesi, nonostante l’avversione di una certa parte del Capitolo, che aveva designato Alerone, pievano di S. Giovanni Grisostomo di Venezia, e di un’altra, che aveva scelto certo T., vescovo di Sardica in Bulgaria, i quali entrambi rinunciarono.
Il vescovo Uberto morì nel 1285, mentre il dissidio era ancora pendente.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 14″ tab_id=”1458119981597-bfec808e-4e9e”][vc_column_text]
SECOLO XIII
SIMON MORO
XIV
1286 – 1287
Scudo non blasonato
Simon Moro, pievano di S. Barnaba, pure di Venezia e pure rinunciatario.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 15″ tab_id=”1458120100024-f5fb6448-b033″][vc_column_text]
SECOLO XIII
STEFANO BESONO
XV
1287 – 1288
Scudo non blasonato
Il 15° fu Stefano Besono, pievano di S. Simeone profeta in Venezia, eletto l’11 giugno 1287, morto però… prima di essere consacrato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 16″ tab_id=”1458120209960-a17a14b4-3dc0″][vc_column_text]
SECOLO XIII
PERCIVALLO
XVI
1288 – 1289
Scudo non blasonato
Il 16° vescovo fu eletto dai Canonici Percivallo, canonico di S. Giovanni di Monza, poi rinunciatario.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 17″ tab_id=”1458120305772-59eb9f30-d9c6″][vc_column_text]
SECOLO XIII
LEONARDO
XVII
1289 – 1290
Scudo non blasonato
Il 17° fu Leonardo, pievano di S. Eustachio, nominato dal patriarca di Grado su preghiera dei canonici in disaccordo nel 1289, ma che, per evitare spiacevoli controversie, si dimetteva spontaneamente.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 18″ tab_id=”1458120377205-7b302b2b-cac7″][vc_column_text]
SECOLO XIII
ENRICO FRANCESCANO
XVIII
1290 – 1302
Scudo non blasonato
Monaco francescano, eletto vescovo nel 1290, fr. Enrico poté assistere nello stesso anno all’inizio (1298) della costruzione della chiesa e convento dei Domenicani nell’isola omonima, dove rimasero fino al 1770. Al suo arrivo a Chioggia il Maggior Consiglio aveva già deciso pene severe contro i bestemmiatori (1284) e bandito dalla città le meretrici (1287).
Dopo aver indetto la visita pastorale nel 1293, si recò a Cavarzere, ma fu accolto con insulti da quella popolazione, che non aveva accettato le grosse multe comminate. Si ricorse all’arbitrato del cappellano del doge Pietro Gradenigo (1289-1311), Tantobuono, il quale il 14 febbraio 1299 attenuò l’eccessiva fiscalità delle multe, stabilì che il seguito del vescovo dovesse contare non più di 25 persone e che i giudizi su qualsiasi persona non si tenessero nella pubblica piazza. Inoltre fu imposto all’arciprete di S. Mauro e al clero di accogliere il vescovo con il dovuto rispetto, mentre il Comune fu penalizzato di lire 500 dei piccoli quale risarcimento.
La Collegiata di Sottomarina si rifiutò di offrire la solita regalia, poi rifiutata, come detto, anche al vescovo Roberto, per cui il Comune, cui fu chiesto di ovviare con un contributo in denaro, su consiglio del podestà Giovanni Soranzo, per evitare spese, decise di proporre il quesito… alle Università di Padova, Bologna e della parigina Sorbona. Non si conosce l’esito della richiesta.
Il vescovo Enrico morì nel 1302.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 19″ tab_id=”1458120463497-7727fceb-015d”][vc_column_text]
SECOLO XIV
ROBERTO
XIX
1302 – 1314
Scudo non blasonato
Monaco della Congregazione degli Eremitani Agostiniani, presenti in Chioggia dall’inizio del XIII secolo fino al 1770 presso l’antico convento e chiesa di S. Nicolò, fr. Roberto venne eletto il 1° ottobre 1302 vescovo da papa Bonifacio VIII. Sotto il suo episcopato sono da registrare due episodi tipici dell’epoca e delle regole ecclesiastiche allora vigenti.
Il primo riguarda il diniego da parte dei Canonici di S. Martino di Sottomarina di offrire al vescovo la regalia di una testa di porco e di una lingua in concomitanza con la visita pastorale fatta eseguire per il suo vicario, regalia cui ovviò il Comune con una somma in denaro. Il secondo riguarda i canonici Agostiniani del convento di S. Michele in Adige, situato in prossimità dell’attuale Cavanella, i quali nel 1303 chiesero al vescovo Roberto di scegliere il nuovo priore non trovando fra loro un accordo, richiesta cui si ignora se abbia fatto seguito una decisione.
Furono pure eletti in quegli anni i due procuratori della Cattedrale e delle chiese succursali di S. Giacomo e S. Andrea, cariche considerate di grande rilevanza: essi mantenevano il loro ufficio per un intero anno, avevano il compito di amministrare le rendite delle chiese e indossavano uno speciale abito durante le processioni sostenendo le due mazze anteriori del baldacchino vescovile. Questa carica, più volte contrastata, rimase valida fino ai primi decenni di questo secolo.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 20″ tab_id=”1458120549731-9e56dd04-c9ac”][vc_column_text]
SECOLO XIV
OTTONELLO
XX
1314 – 1322
Scudo non blasonato
Appartenente all’Ordine dei PP. Predicatori, religioso dottissimo, fr. Ottoniello fu eletto vescovo di Chioggia verso il 1314, lo stesso anno in cui si iniziò la costruzione del convento e della chiesa di S. Francesco extra moenia quale rendimento di grazie per l’assoluzione dalle censure (1313) comminate da papa Clemente V in seguito alla guerra di Ferrara, in cui i clodiensi avevano invaso i territori pontifici.
A tale scopo il Comune assegnò nel 1315 lire 300. L’edificio venne occupato dai Francescani conventuali già da tempo in città, ma entro il perimetro e prima del 1290, allorché un certo Giovanni Pisani lasciò loro le sue rendite (cfr. D. Razza, Storia popolare di Chioggia, Chioggia, 1898).
Nel 1321 il vescovo Ottoniello fu presente in Venezia insieme ai vescovi di Caorle e di Equilio, alla consacrazione della chiesa parrocchiale di S. Agnese; nello stesso anno un certo Felice donò alla Cattedrale di Chioggia in memoria della defunta madre un prezioso reliquiario contenente il capo di S. Sennen m. oltre probabilmente ad altri tre reliquiari contenenti ossa umane appartenenti ai SS. Martiri Abdon, Sergio, Bacco e S. Giorgio (alcuni di questi sono stati di recente restaurati).
Sempre nello stesso anno venne a Chioggia il monaco camaldolese Bonaventura Boldù, il quale, dopo alcune divergenze con il Vicario capitolare Marino, composte dall’abate di S. Giorgio Maggiore Filippo Tagliapietra in qualità di delegato apostolico, l’anno seguente, sotto il podestà Baldissera o Baldovino Dolfin, diede inizio alla costruzione del piccolo cenobio camaldolese, che ebbe il titolo di Priorato, nel luogo stesso ove si trova l’attuale cimitero, dedicato a S. Zuanne Battista, al quale, com’è noto, verrà poi dedicato insieme a S. Antonio il tempietto del cimitero e dal quale prenderà la denominazione il quartiere di Borgo S. Giovanni.
Il vescovo Ottoniello morì nel 1321.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 21″ tab_id=”1458120642442-055f7189-5df8″][vc_column_text]
SECOLO XIV
ANDREA DOTTO
XXI
1322 – 1342
Scudo non blasonato
Di origine veneziana o padovana, secondo il Vianelli (cfr. Storia de’ Vescovi di Malamocco e Chioggia, Venezia, 1790), Andrea Dotto fu dapprima consultore ecclesiastico della Repubblica e poi fu eletto da papa Giovanni XXII nel 1322 vescovo di Chioggia.
Presenziò nel 1327 ad un concilio provinciale in Venezia tenutosi presso la chiesa di S. Silvestro e ad un altro a Grado nel 1330. In seguito alla vittoria ottenuta dai Veneziani con il valido aiuto delle imbarcazioni chioggiotte il 22 novembre 1336 nella guerra contro Mastino della Scala presso l’antico Castello delle Saline, occupato dagli Scaligeri, che venne distrutto (al suo posto per cancellarne la memoria fu eretta con le pietre rimaste una torre denominata Torre d’Aggere – cfr. D. Razza, Storia popolare di Chioggia, Chioggia, 1898, vol. I) a pieni voti il Maggior Consiglio deliberò giorno festivo il suddetto 22 novembre, festa di S. Cecilia e che ad onore della quale fossero offerte due torce del valore di 100 soldi (in seguito questa festa ricordò, invece, la liberazione della città dal flagello della peste del 1630).
Il vescovo Dotto fu promosso il 3 dicembre1337 da papa Benedetto XII patriarca di Grado e ivi morì nel 1350. Dopo cinque anni di vacanza della sede, la diocesi clodiense venne poi retta dal vescovo fr. Michele nel 1342.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 22″ tab_id=”1458120798902-449a1e42-366d”][vc_column_text]
SECOLO XIV
MICHELE
XXII
1342 – 1346
Scudo non blasonato
Anch’egli, come il successore, dell’Oratorio domenicano, di origine veronese, fr. Michele fu dapprima vescovo di Milopotamo a Candia e poi vescovo di Chioggia, dopo una vacanza di questa sede vescovile durata cinque anni, eletto il 7 ottobre 1342. Poco si conosce di questo vescovo, che morì a Venezia nel 1346 e fu sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo. La sua lapide sepolcrale con scultura e sigillo del defunto è riportata nelle “Antichità sacre del Medio Evo raccolte e illustrate da D. Giannagostino Gradenigo e di suo ordine disegnate da Giovanni Grevembroch”, ms., 1763 (tav. VII); su di essa si leggeva in caratteri longobardi: MCCCXLVI. H. Jacet D. fr. Micjeal. Ordinis. Praedicatorum. Eps. Clugiensis (cfr. G. Vianelli, (Nuova Serie de’ vescovi di Malamocco e Chioggia”, vol. I, Venezia, 1790).[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 23″ tab_id=”1458120894878-00c3c4de-d467″][vc_column_text]
SECOLO XIV
PIETRO DA CAUSELLO
XXIII
1346 – 1348
Scudo non blasonato
Appartenente all’Ordine dei Predicatori domenicani, fu eletto vescovo di Chioggia da papa Clemente VI il 27 giugno 1346. Pur essendo stata breve la sua permanenza nella sede clodiense, tuttavia dovette assistere al crollo del campanile della vecchia Cattedrale, che era già stato ricostruito e restaurato dalla Comunità nel 1312. Il 4 novembre 1347 esso si abbatté a terra causando la morte di una vecchia, seppellendo sotto le macerie una casa a ponente e altre cinque a settentrione; inoltre andarono a pezzi tutte le campane, eccetto quella denominata la “Benedetta”, forse la maggiore. Stando ad una scritta in caratteri longobardi, tuttora visibile sopra la porta dell’attuale campanile e riportata da G. Vianelli nella “Nuova serie de’ vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790, dopo soli due giorni i cittadini d’ambo i sessi e di tutte le condizioni si prodigarono per asportare le macerie ed il 14 dello stesso mese (cioè dopo soli 10 giorni dal crollo) fu posta la prima pietra, ancora visibile sullo spigolo a terra del lato est(+ Rehedificationis – Lapis – Primus +) presente il podestà Pietro Civran. Nel giro di tre anni, sempre secondo il Vianelli ed il Morari, la nuova torre fu ultimata. Il vescovo fr. Pietro non fece in tempo a vedere terminata l’opera, perché nel dicembre dello stesso 1347 fu trasferito alla diocesi di Melfi (Basilicata) e quindi a quella di Concordia, dove morì nel 1360.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 24″ tab_id=”1458120984117-11946059-9b7d”][vc_column_text]
SECOLO XIV
BENEDETTO
XXIV
1348 – 1353
Scudo non blasonato
Religioso di un ordine monastico sconosciuto, fr. Benedetto fu trasferito dalla diocesi di Sora in Sardegna a quella clodiense nel 1348. Poco dopo il suo ingresso, il 14 gennaio un forte terremoto colpì Venezia e le località vicine, Chioggia compresa. A questo seguì la storica pestilenza, che diede al Boccaccio l’occasione per scrivere il suo Decamerone.
In Venezia si estinsero 50 famiglie nobiliari, mentre Chioggia fu decimata quasi per il 50 per cento: un documento, infatti, riferisce che “quasi defecerunt pro medietate”. Fra le tante vittime una delle più illustri fu Achimo degli Orsi Carnelli, appartenente alla nobile famiglia della Chioggia Minore, poi estintasi, canonico della Cattedrale e professore di diritto all’Università di Padova, presso cui era stato addottorato il 6 aprile dello stesso anno. In seguito alla decimazione della popolazione, la Repubblica perciò decise di aprire le porte agli stranieri, ripopolando così i territori lagunari.
Il vescovo fr. Benedetto fu trasferito alla diocesi di Pola nel 1353, permutata da lui con il suo successore, il Cagnoli.
Religioso di un ordine monastico sconosciuto, fr. Benedetto fu trasferito dalla diocesi di Sora in Sardegna a quella clodiense nel 1348. Poco dopo il suo ingresso, il 14 gennaio un forte terremoto colpì Venezia e le località vicine, Chioggia compresa. A questo seguì la storica pestilenza, che diede al Boccaccio l’occasione per scrivere il suo Decamerone.
In Venezia si estinsero 50 famiglie nobiliari, mentre Chioggia fu decimata quasi per il 50 per cento: un documento, infatti, riferisce che “quasi defecerunt pro medietate”. Fra le tante vittime una delle più illustri fu Achimo degli Orsi Carnelli, appartenente alla nobile famiglia della Chioggia Minore, poi estintasi, canonico della Cattedrale e professore di diritto all’Università di Padova, presso cui era stato addottorato il 6 aprile dello stesso anno. In seguito alla decimazione della popolazione, la Repubblica perciò decise di aprire le porte agli stranieri, ripopolando così i territori lagunari.
Il vescovo fr. Benedetto fu trasferito alla diocesi di Pola nel 1353, permutata da lui con il suo successore, il Cagnoli.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 25″ tab_id=”1458121066519-46e6f5b3-8a06″][vc_column_text]
SECOLO XIV
LEONARDO CAGNOLI
XXV
1353 – 1362
Scudo non blasonato
Predecessore del Canopeo sulla sede di Chioggia fu il vescovo Leonardo Cagnoli, veneziano d’origine: fu infatti parroco delle parrocchie veneziane di S. Silvestro, di S. Geminiano e poi priore dell’Ospedale di S. Marco.
Fu eletto il 5 novembre 1348 da papa Clemente VI vescovo di Pola, ma gli fu tosto assegnata la diocesi clodiense in seguito al trasferimento del Canopeo a Trieste. Secondo il Vianelli (cfr. “Nuova serie de’ Vescovi di Malamocco e Chioggia”, 1792) esistono tre documenti che testimoniano del suo governo nella nostra diocesi. Il primo consiste in una pergamena del 1355 in cui si legge l’atto di concessione in livello perpetuo, con la mediazione di Antonio, arciprete di Cavarzere e suo Procuratore, di un terreno di proprietà del Vescovado con casa ed orto colà situati dietro l’esborso annuo di una libbra di cera.
Il secondo riguarda una nota datata 4 luglio 1357, in cui sono trascritti i nomi di tutti coloro che, o nel fondamento o in altre saline, allora molto numerose in Chioggia, si erano impegnati a concedere al Vescovo il ricavato corrispondente a una “giornata di sale”.
Infine il terzo contiene un elenco delle possessioni situate nel Distretto di Rovigo, che già appartenevano all’antico monastero di S. Michele all’Adige e che poi furono concesse al vescovo clodiense.
Il Cagnoli morì tra il 1362 e il 1369.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 26″ tab_id=”1458121149222-4a5b844c-a381″][vc_column_text]
SECOLO XIV
ANGELO CAPONEO
XXVI
1362 – 1369
Scudo non blasonato
Canopeo fu quasi certamente nativo di Chioggia. Esistono alcune “versioni” sul suo cognome: oltre a Canopeo (cfr. G. Vianelli, “Storia de’ Vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790) viene chiamato Cavopeo o Cavopede (in dialetto: Caopiè) dal Bullo (cfr. “Il vescovo Angelo Canopeo da Chioggia” in “La Gioventù”, Chioggia, 1899) e Cavopey dal Bellemo (cfr. “Jacopo e Giovanni Dondi”, Venezia, 1894).
Quest’ultimo lo definisce categoricamente di Chioggia e ciò sulla base di alcuni documenti, tra cui uno del 23 marzo 1366, firmato dal notaio Giovanni Bellemo di Chioggia. Figlio di Felice, notaio, fu prima canonico e poi fu eletto vescovo della sua città natale, per interessamento del Senato Veneto, da papa Urbano V (1362-70) tra la fine del 1362 e l’inizio del 1363, come scrive il Vianelli.
Come testimonia lo storico chioggiotto mons. Pietro Morari, che fu poi vescovo di Capodistria, nella sua “Storia di Chioggia”, il Canopeo fu più tardi trasferito alla diocesi di Trieste, intorno al 1368; acquisì il titolo di conte e morì il 13 agosto 1382. Lo stesso Morari scrive che “sotto l’ombra e con l’esempio di sì buon pastore vivevano i chioggiotti in molta carità, et unione, e con molto zelo di religione” (cfr. “Storia di Chioggia”, Chioggia, 1871, p. 161).[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 27″ tab_id=”1458121165313-477b14a0-ead3″][vc_column_text]
SECOLO XIV
GIOVANNI DA CAMINO
XXVII
1369 – 1375
Scudo non blasonato
Poche sono le notizie riguardanti Giovanni dei conti da Camino, dei Servi di Maria, una località del Friuli. Si sa che fu un erudito religioso dei Servi di Maria, predicatore e teologo. Fu eletto vescovo di Chioggia intorno al 1369-70. Nulla si conosce sul suo episcopato in diocesi e così pure sulla data della sua morte, probabilmente avvenuta verso il 1375.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 28″ tab_id=”1458121317615-4ce12592-804b”][vc_column_text]
SECOLO XIV
NICOLÒ FOSCARINI
XXVIII
1375 – 1387
D’argento alla banda di fusi d’azzurro.
Fr. Nicolò Foscarini fu patrizio veneto, monaco di ordine ignoto e vescovo di Foglia Nuova nell’Asia Minore. Fu proposto dal Senato Veneto, com’era prassi allora, come vescovo di Parenzo (1363), di Caorle (1365) e arcivescovo di Candia (1367), ma, per benevola disposizione di papa Gregorio XI, allora in esilio ad Avignone, fu nominato alla fine del 1375 vescovo di Chioggia. Il Foscarini visse gli anni della terribile guerra di Chioggia (1379-81) e assistette alla distruzione di Chioggia Minore e all’incendio di Pellestrina e di altri luoghi della diocesi durante gli scontri fra i Carraresi di Padova, i Genovesi e i Veneziani. Durante il suo episcopato furono totalmente distrutti i famosi monasteri di Malamocco, Brondolo e Fosson, furono semidistrutti il cenobio di S. Giovanni Battista dei Camaldolesi e i conventi delle monache Benedettine di S. Caterina “ultra canalem” (nell’attuale isola dei Saloni) e di S. Caterina del Deserto (nella zona del cimitero di Sottomarina). Furono altresì resi inagibili gli edifici che sorgevano fuori porta S. Maria; si combatté accanitamente sul ponte in legno di S. Domenico, per cui subirono la stessa sorte i conventi dei Francescani di S. Francesco fuori le mura e dei Domenicani nell’isola omonima. Sottoposta a saccheggio la città, furono pure sottratti i tesori delle chiese.
Le tristi vicende seguite alla guerra dopo la vittoria di Vettor Pisani sulla flotta genovese (24 giugno 1380) consigliarono il vescovo Foscarini a rinunciare alla visita pastorale, che ogni cinque anni allora i vescovi erano soliti effettuare alla diocesi. Dal momento che allora a tale visita si annetteva molta importanza, saputo della rinuncia, il Comune vi si oppose, cosicché, allo scopo di risolvere la questione, fu inviato a Chioggia il patriarca di Grado, da cui dipendeva allora la nostra diocesi, con il falso scopo di visitare la città; in realtà egli, invece, impose al vescovo Foscarini di desistere dal suo proposito e a farsi accompagnare nella visita, sempre secondo l’usanza del tempo, da quattro persone di rango. Il Foscarini, di famiglia nobile, come detto, lasciò in dono alla Cattedrale una mitria, due anelli, un paio di chiroteche (guanti) e un pastorale con nastro di seta pendente, con l’obbligo però di non alienare gli oggetti, in modo da poter essere usati dai suoi successori.
Morì nel 1387 e gli succedette un altro religioso, fr. Silvestro.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 29″ tab_id=”1458121427301-d8037967-4c78″][vc_column_text]
SECOLO XIV
SILVESTRO
XXIX
1387 – 1401
Scudo non blasonato
Fr. Silvestro, di origine e Ordine ignoti, governò la diocesi clodiense nel difficile periodo della ricostruzione seguito alla guerra di Chioggia (1379-81). Fatto l’ingresso in diocesi nell’agosto del 1387, come risulta dalla deliberazione comunale che gli concedeva l’obolo dovuto di lire “cento de’ piccoli” per la prima messa pontificale, egli dovette tosto attendere alla riparazione dei danni causati dalla guerra, in particolare della totale distruzione di Chioggia Minore e delle sue tre chiese, per cui con le rendite delle stesse decise l’edificazione di una cappella (poi trasformata in chiesetta) presso la Cattedrale, tuttora esistente, dedicata ai tre santi, cui erano dedicate le tre chiese di Sottomarina, cioè S. Martino vesc., S. Matteo ap. e S. Antonio ab.
Essa fu iniziata l’11 ottobre 1394 e compiuta nel 1395 (nel computo veneto 1394), sotto il podestà Albano Badoero, come testimonia l’iscrizione lapidaria latina tuttora visibile superiormente al portale. Furono anche utilizzati i beni delle commissarie dei N.H. Francesco e Bartolomeo degli Orsi Carnelli (nobile famiglia di Sottomarina) e di altre (Matteo Zennaro, Martino Bolli e Margherita Ravignana, monaca di S. Caterina).
Il vescovo Silvestro dovette pure attendere alla ricostruzione dei conventi: del 1386-87 è la costruzione del convento e chiesa di S. Francesco Vecchio dei frati minori sul sito donato da un certo Cristoforo Buserla, edifici poi occupati dalle monache Benedettine (Muneghette) e del convento delle monache di S. Caterina nella calle omonima su fondo della famiglia Pietro Bono di Alvise, detto delle Fornaci (1384).
Durante questo episcopato, fu istituita la Confraternita della S. Croce con relativa Mariègola, il cui originale è conservato in un codice membranaceo presso l’Archivio del Seminario vescovile. Essa aveva la sua sede nell’omonima chiesa presso il ponte di Vigo, chiesa ora sconsacrata.
Fra Silvestro provvide pure al restauro nel 1396 dell’ospedale della Ca’ di Dio, trasformato poi in convento dei Cappuccini. Questo vescovo morì verso la fine dell’anno 1400.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 30″ tab_id=”1458121575028-c490954f-e333″][vc_column_text]
SECOLO XV
PAOLO DE’ JOANNE
XXX
1401 – 1410
Scudo non blasonato
Paolo de Joanne (o di Giovanni), arcidiacono dell’antica Cattedrale veneziana di Castello, fu eletto vescovo di Chioggia da papa Bonifacio IX il 28 aprile 1401. Dovette subito provvedere a dirimere un’originale questione sorta tra i monaci Domenicani di S. Domenico, i Francescani di S. Francesco e gli Agostiniani Eremitani di S. Nicolò, i quali si alternavano nelle domeniche e feste nel tenere la predica nella vecchia chiesa di S. Giacomo, dandone l’annuncio con il suono di una campana. Essi, d’accordo con il vescovo e il Capitolo, ravvisarono l’opportunità che la suddetta predica si tenesse in Cattedrale. Ma la contrarietà manifestata dalla cittadinanza avverso questa decisione (la Cattedrale era ritenuta… troppo lontana) consigliò di ripristinare l’antica consuetudine. Rifiutandosi i monaci di suonare la campana, fu lo stesso podestà Nicolò Foscari a nominare un campanaro, stipendiato attraverso la restrizione delle offerte in denaro e cera solitamente devolute dal Comune ai monasteri in coincidenza con le loro solennità.
Non si conosce il seguito della singolare vicenda… Sostenuto dal suo vicario generale, can. Pietro Ravagnan, il vescovo Joanne condannò alcuni ecclesiastici “irregolari” e quindi per incrementare lo spirito di cristiana fratellanza nel popolo incoraggiò la diffusione nel 1406 del Terz’Ordine Domenicano concedendo una particolare indulgenza.
Durante il suo episcopato avvenne il secondo passaggio per Chioggia (il primo avvenne nel 1178 con Alessandro II) di un papa, Gregorio XII (Angelo Correr, patrizio veneto), eletto nel 1406 durante il burrascoso scisma d’Occidente e poi deposto dal Concilio di Pisa, che aveva nominato l’antipapa Alessandro V. Gregorio XII, abbandonato da tutti i principi italiani, fu ospitato a Cividale per l’intervento del suo amico Carlo Malatesta, signore di Rimini. Per raggiungere la città friulana e con la condizione di non passare per Venezia, egli fu costretto a passare per Chioggia il 19 maggio 1409 con il seguito di sei cardinali, fermandosi due giorni, durante i quali ricevette gli omaggi, come si legge nelle cronache del tempo, di quasi mezza Venezia.
Il vescovo de Joanne fu trasferito nel 1410 a Modone nella Morea, ove morì nel 1411.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 31″ tab_id=”1458121777651-b13e8b6f-5a0b”][vc_column_text]
SECOLO XV
CRISTOFORO ZENO
XXXI
1410 – 1411
Di rosso bandato di quattro pezzi d’argento.
Di famiglia nobile veneziana, Cristoforo Zeno fu consacrato vescovo da papa Alessandro V (1409-10) su richiesta del Veneto Senato. Dopo aver prestato giuramento di fedeltà nelle mani del patriarca di Grado ed essere stato nominato vescovo di Chioggia, prese possesso della diocesi il 27 febbraio 1410, a pochi anni di distanza dalla fine della guerra di Chioggia. In seguito a questo fatto, dovette provvedere alle ristrette rendite del Capitolo unendone altre, provenienti da quattro canonicati vacanti della vecchia chiesa di S. Martino in Chioggia Minore, distrutta durante la suddetta guerra.
Dal momento che allora i Canonici della Collegiata di Chioggia abitavano tutti fuori città, ad eccezione del canonico, già vicario, Jacopo Penzo, considerate le sue misere condizioni economiche e per premiare la sua fedeltà “residenziale”, lo Zeno gli ridusse il “cattedratico” (un’imposta cui erano soggetti allora i canonici per ogni chiesa da versarsi al vescovo) a sole lire 10.
Dopo circa un anno di permanenza, egli fu trasferito nel 1411 alla sede episcopale di Capodistria: la non lunga vacanza della sede su sostenuta dal vicario capitolare Benedetto Manfredi, più tardi, nel 1414, vescovo di Chioggia. Lo Zeno morì nel 1420 nella stessa Capodistria.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 32″ tab_id=”1458121888480-4523fa95-8910″][vc_column_text]
SECOLO XV
PIETRO SCHIENA
XXXII
1411 – 1414
Scudo non blasonato
Ripercorrendo l’elenco dei vescovi di Chioggia sorprende il fatto che circa una metà di essi siano appartenuti a vari ordini religiosi. E’ il caso di Pietro Schiena, dei Frati Minori Osservanti, nato a Venezia. Dopo una breve vacanza, sostenuta dal suo successore, allora Vicario capitolare, Benedetto Manfredi, causa il trasferimento del vescovo Cristoforo Zeno da Chioggia a Capodistria, fu eletto, su proposta del Veneto Senato, il 14 luglio 1411 vescovo di Chioggia dal papa Giovanni XXIII, poi “delegittimato”. Per la prima volta il nuovo vescovo fu ricevuto con liete e festose accoglienze dalla cittadinanza, che gli andò incontro con un consistente corteo di barche come per “l’arrivo dei Principi e forestieri di rango” (cfr. G. Vianelli, Storia de’ Vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790), usanza che fu poi mantenuta fino all’ingresso del vescovo Marangoni (1877).
Con deliberazione capitolare dell’8 novembre 1412 egli autorizzò il canonico Manfredi, allora priore dell’ospedale di S. Lazzaro delle Bebbe, a cedere alcuni beni immobiliari situati in quel luogo per sollevarne le rendite. Visse in povertà francescana tanto che non fu in grado di saldare il debito di 40 ducati richiesto per ottenere da Roma la bolla di nomina; al che provvide il suo successore Centoferri dietro obbligazione prestatagli dal patriarca di Grado. Morì verso la fine del 1413, dopo due anni di episcopato. Nel necrologio provinciale dei frati Minori Osservanti si lesse un elogio del vescovo Schiena in latino, che tradotto, suona così.
L’Ill.mo e Rev.mo P. Pietro Schiena, eletto vescovo di Chioggia da Giovanni XXIII, nel disimpegno del suo episcopale ministero così si condusse che, fattosi modello del gregge, precedette le sue pecorelle con l’esempio e con le virtù, mostrando loro la via del cielo e conquistandosi egli stesso il Paradiso” (cfr. F. Pagan, “Spunti di storia ecclesiastica clodiense”, Chioggia, 1993).[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 33″ tab_id=”1458121987238-83a6f70a-e683″][vc_column_text]
SECOLO XV
BENEDETTO MANFREDI
XXXIII
1414 – 1421
D’argento all’aquila spiegata e coronata, tenente tra gli artigli due spade, poste in decusse, con le punte rivolte verso il basso.
Figlio di Nicolò Manfredi, cittadino di Chioggia, medico in città, Benedetto Manfredi, nativo pure di Chioggia, fu per autorità imperiale pubblico notaio, canonico della Cattedrale e per due volte vicario capitolare: la prima nel 1410, durante la vacanza della sede dopo il trasferimento del vescovo Paolo di Giovanni alla diocesi di Modone e la seconda nel 1411 dopo quello del vescovo Cristoforo Zeno a Capodistria (cfr. G. Vianelli, “Serie de’ Vescovi di Malamocco e Chioggia”, Venezia, 1790). Più volte proposto a vescovo, lo divenne il 14 marzo 1414 succedendo a fr. Pietro Schiena.
Per ricordare il fausto avvenimento, il Comune aumentò di 40 lire l’elemosina che si elargiva durante la prima messa pontificale, che era stata ridotta a lire 60 dopo la guerra di Chioggia. Il Manfredi contribuì all’ampliamento del convento di S. Caterina, costruito dopo la donazione del terreno nel 1384 da parte di un certo Pietro Bono di Alvise, detto delle Fornaci, insieme alla chiesa e ampliati entrambi, come detto, in seguito all’acquisto (1390), di un orto di proprietà di Nicoletto Gualengo e di una casa di Caterina Cogo (1392), con la concessione da parte del vescovo Manfredi dell’alienazione di una salina (le famose “saline del vescovo”) lasciata in eredità a certa suor Lucia Graselli, monaca in quel convento.
Il Manfredi morì il 12 luglio 1421 lasciando tutti i suoi beni – dopo che fosse avvenuta la morte della di lui madre – al Capitolo della Cattedrale. Nota giustamente il Tiozzo (cfr. I. Tiozzo, “I Nostri”, Chioggia, 1928, p. 44) che l’anno della morte (1404 riportato dal Morari nella sua “Storia di Chioggia” (1632) è inesatto. La famiglia Manfredi risulta tra quelle fatte Cittadine l’anno 1401 nella serrata del Maggior Consiglio (cfr. A. Boscolo, “Memorie diverse della città di Chiozza”, ms., 1600 ca.) e quindi fra le più antiche di Chioggia.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 34″ tab_id=”1458122343739-a62a46c9-0e15″][vc_column_text]
SECOLO XV
PASQUALINO CENTOFERRI
XXXIV
1421 – 1457
D’argento alla palla chiodata.
Dell’ordine degli Eremitani Agostiniani (lo stesso presente in Chioggia nella chiesa di S. Nicolò dal 1211 al 1770), Pasqualino Centoferri fu nominato da papa Martino V vescovo di Chioggia, della cui diocesi prese possesso il 15 novembre 1421.
Durante il suo episcopato il Minor Consiglio di Chioggia decise di decorare l’altare maggiore dell’antica Cattedrale di una pala d’argento, simile a quella esistente nella cappella ducale di Venezia. Allo scopo di dare un nuovo assetto al Capitolo dei canonici e per porre fine a discussioni che spesso insorgevano, decise di istituire la dignità di decano del Capitolo, incaricato di presiedere la regolare officiatura del coro, considerata la frequente assenza dell’Arcidiacono che risiedeva a Malamocco.
Il primo ad essere eletto fu (31 marzo 1422) Giacomo della Torre, il quale fu investito del beneficio semplice detto di S. Marco, nonostante l’opposizione del canonico anziano Antonio Cavazzini, che poi dovette sottostare alla decisione. Il Centoferri rinvigorì la devozione verso i SS. Patroni ritoccando (1447) gli statuti dell’antica confraternita di S. Fele e S. Fortunato, risalente forse al 1115 (la più antica di Chioggia). Inoltre apportò alcune aggiunte alla Mariègola d S. Croce (1435) e approvò la nuova di S. Francesco (16 maggio 1434) detta poi dei Rassa. Alcune formalità burocratiche ritardarono di ben 261 anni l’erezione a parrocchia di Fosson (oggi Cavanella d’Adige), ove esisteva un antico cenobio, i cui beni il Centoferri intendeva ridurre a beneficio secolare. Durante il suo episcopato furono ricostruiti la chiesa e il convento di S. Francesco fuori le mura, distrutti durante la guerra di Chioggia, e fu edificata la chiesetta di S. Pietro e Paolo, vulgo S. Pieretto in Chioggia, grazie al lascito di Pietro Mazzagallo, che la volle modellata quasi come l’altra, situata di fronte, e dedicata a S. Martino. Nel 1424 prese fuoco la cupola del campanile della Cattedrale, per cui il Centoferri concesse 60 ducati d’oro tratti dai beni della chiesa distrutta in Chioggia Minore a condizione di far celebrare nell’anno seguente una Messa ogni giorno in suffragio dei testatori, provvedimento non accolto dalla comunità cittadina e che ritardò l’inizio di esecuzione dei lavori.
Questo vescovo dovete anche dirimere alcune questioni riguardanti l’elezione dei Procuratori del Duomo e provvedere ad incrementare le rendite insufficienti della mensa vescovile, che andavano scemando, anche a causa delle continue occupazioni delle cosiddette saline del Vescovo , di cui non sembra fosse possibile percepire le relative rendite. Per cui il Centoferri impose ai cittadini di versare il decimo di ogni prodotto tanto in città quanto nel territorio, intimando ai confessori di non assolvere i renitenti.
Il Comune nel 1441 ricorse all’interdizione del doge Francesco Foscari (1423-1457), il quale con ducale dell’11 aprile indirizzata al podestà Benedetto Venier annullò quella prescrizione.
Il Centoferri morì di peste dopo 36 anni di episcopato l’11 ottobre 1457 dopo aver manifestato per testamento la sua volontà di essere sepolto sotto la predella dell’altare della Visitazione della vecchia Cattedrale e lasciando in eredità al capitolo la casa materna.
Il suo elogio si legge inferiormente al suo ritratto che una volta si trovava nell’ex convento di S. Nicolò e ora nella sala maggiore dell’episcopio: “M. F. Pascalinus Centoferri Civ. Clodiae huius Cenob. Alumn. Deinde Patav. Qui saec. MCCCC a Martino V Episcopus creatus Eccl. Patriae praefuit p. a. XXXVI – Probitate eximius Doctrina insignis”.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 35″ tab_id=”1458122517273-8e4d695b-eb09″][vc_column_text]
SECOLO XV
NICOLÒ DALLE CROCI
XXXV
1457 – 1473
Scudo non blasonato
Nicolò Dalle Croci, veneziano, prima rettore in Venezia delle due parrocchie di S. Geminiano e S. Giuliano e poi promosso Vicario generale del prima patriarca di Venezia, S. Lorenzo Giustiniani e del suo successore Matteo Contarini, fu eletto da papa Callisto III il 21 ottobre 1457 vescovo di Chioggia, contrariamente ai desiderata della cittadinanza che avrebbe preferito, alla morte del Centoferri, seguendo un’antica consuetudine, il veneziano Giovanni Morosini. Prima cura di questo vescovo fu quella di rendere meno povera la mensa episcopale comprendendovi, ottenute le dovute dispense da papa Pio II, i beni lasciati da Pier Arnolfo alla Cattedrale secondo le sue volontà testamentarie il 13 maggio 1446. La concessione fu però due volte dei Procuratori di S. Marco, sostenuti dal governo; quindi di nuovo accordata per le istanze del vescovo, poi definitivamente revocata e concessa ai procuratori stessi. Forse per questo motivo, il Dalle Croci preferì risiedere quasi sempre a Venezia, continuando a ricoprire la carica di Vicario patriarcale. Le rendite della mensa rimasero perciò immutate finché in seguito alla raccomandazione del Senato veneto, morto nel 1462 il Tomasini vescovo di Lesina, vi fu trasferito da papa Pio II Delle Croci, il quale morì nel 1471.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 36″ tab_id=”1458122927414-b9227311-fe38″][vc_column_text]
SECOLO XV
NICOLÒ INVERSI
XXXVI
1473 – 1480
D’argento alla bandiera dello stesso, con il vessillo svolazzante a sinistra caricato da un volto di carnagione, astata dello stesso, posta in banda, accompagnata da tre bisanti, due nel capo e uno nella punta.
Dell’Ordine dei Serviti, Nicolò Inversi (latinamente Nicolaus de Inversis), consultore della Repubblica, uomo molto stimato ed erudito, fu consacrato vescovo a Venezia il 25 marzo 1473. Un mese dopo, fu nominato da Pio II vescovo di Chioggia e il 4 giugno procedette già alle prime ordinazioni sacerdotali nella cappella dei SS. Patroni in Cattedrale. Fu costretto ad interrompere la visita pastorale causa l’infierire della pestilenza del 1478, che durò circa 20 mesi e durante la quale fu costruito il primo lazzaretto, situato in corte Quintavalle a Chioggia. Per l’occasione insediò con il consenso del capitolare per 5 anni due cappellani curati, uno a S. Giacomo e uno a S. Andrea, la cui cura spirituale era esercitata prima dai Canonici (la triplice divisione in parrocchie avvenne solo nel 1809). Con il resto del ricavato della vendita di un casale presso Massa poté dare il via ai lavori di restauro dell’episcopio, come testimonia un’iscrizione lapidaria esistente un tempo sopra la porta dell’edificio: “Turpis eram sua pulchra domus: Nicolaus ad astra aere suo Praesul surgere iussit”.
Sostenne una controversia con gli Agostiniani di S. Nicolò a causa del trasporto in processione di una nuova statua di S. Rocco dalla chiesa di S. Andrea alla Cattedrale, per collocarla su un altare dedicato al Santo, protettore degli appestati, altare tuttora esistente (il primo a destra entrando). Vi si opposero i monaci, forse perché anch’essi già possedevano nella loro chiesa un’analoga immagine.
Giunsero persino a scassinare nottetempo le serrature della porta della chiesa di S. Andrea… asportarono la statua preparata per la processione occultandola in un fossato nei pressi del monastero di Brondolo. Con la necessaria severità, il vescovo Inversi punì i monaci… sacrileghi, trasferendoli in un altro convento e sostituendoli con altri di più provata osservanza. Nicolò Inversi morì nel novembre 1479 dopo sei anni di episcopato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 37″ tab_id=”1458123110768-5e621041-164e”][vc_column_text]
SECOLO XV
SILVESTRO DAZIARI
XXXVII
1480 – 1487
Scudo non blasonato
Veneziano, dei Servi di Maria, consacrato vescovo a Roma il 3 aprile 1480, seconda festa di Pasqua, Silvestro Daziari (latinamente Silvester de Datiariis) fu eletto da papa Sisto IV vescovo di Chioggia, nonostante che il Capitolo e il Comune, con l’appoggio del doge Mocenigo, avessero preferito a tale carica il concittadino Pietro Baffo, “uomo di vita integra, di profonda dottrina, amato dalla città e già canonico e decano del capitolo fin dal 10 agosto 1458”.
Non avendo acconsentito il pontefice alla richiesta, fu eletto il Daziari, il cui episcopato durò sette anni: “Visse sette anni incirca con il frutto delle anime” – scrisse il Morari di lui.
In questo settennio non si ricorda nulla di particolarmente rimarchevole se non la determinazione del Maggior Consiglio in data 29 aprile 1481 per cui “nelle solennità del Venerdì Santo e del Corpus Domini tutti gli ufficiali pubblici dovevano accompagnare dopo il Santissimo la processione a due a due con una torcia in mano” (cfr. D. Razza, “Storia di Chioggia”, 1898).
Nello stesso anno (1481) fu riedificata e ingrandita la chiesa di S. Croce in Chioggia, sede della Confraternita omonima detta anche dei Bianchi, fondata nel 1387 su ispirazione dei padri Domenicani, che allora officiavano la chiesa, costruita la prima volta nel sec. XIV e situata ai piedi del ponte di Vigo (ora sconsacrata).
Il Daziari morì a Roma il 29 giugno 1486.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 38″ tab_id=”1458123287125-bebba2b3-3dc7″][vc_column_text]
SECOLO XV
BERNARDINO BENIER
XXXVIII
1487 – 1535
Fasciato di rosso e d’argento.
Nato nella diocesi di Capodistria, a Pirano, Bernardino Venier (o Veniero o Venerio, latinamente Bernardinus Venerius) fu per 48 anni vescovo di Chioggia; vi fu nominato, infatti, da papa Innocenzo VIII il 29 gennaio 1487 all’età di soli 26 anni. Il suo episcopato fu il più lungo che la storia diocesana ricordi ed abbraccia inoltre un arco di tempo denso di avvenimenti politici e religiosi.
Appena insediatosi, provvide subito a riprendere i lavori di restauro dell’episcopio, già fatti iniziare dal predecessore Inversi, grazie al contributo del Comune di 200 lire dei piccoli, e a regolarizzare la rilassata disciplina del clero e i costumi del popolo. Nel 1489 chiamò a Loreo i padri Celestini, cui fu affidata la chiesa di S. Maria del Pilastro e che vi rimasero fino al 1769; nel novembre 1490 convocò in Cattedrale il Sinodo, le cui costituzioni, scritte di sua mano, sono tuttora conservate tra gli Atti curiali (cfr. D. De Antoni, “La società religiosa clodiense nel secolo XV attraverso il Sinodo Veniero”, in Ricerche di storia sociale e religiosa, n. 5-6, 1974, pp. 189-227). Incoraggiò e finanziò la costituzione del S. Monte di Pietà decretato dal Comune fin dal 1495 per alleviare le condizioni disagiate dei poveri.
Con l’aiuto finanziario del Cancellier grande Antonio Vacca (1517-1562) fece costruire in Chioggia 14 casette situate presso l’attuale corte Bullo per ospitare vedove prive di sostentamento; fece pure costruire il lazzaretto presso Vigo, nell’attuale corte Quintavalle, poi trasferito nell’isola di S. Domenico, sempre a Chioggia.
Il Venier si trattenne dal 1487 al 1501 a Roma, senza però trascurare affatto le cure della sua diocesi. Nel 1496, infatti, diede inizio alla costruzione del convento di S. Croce presso l’ospedale omonimo con la relativa chiesa (ora sconsacrata) e scuola, ai piedi del ponte di Vigo in Chioggia, per aprirvi un monastero femminile, che fu affidato a suor Maria Della Pietra, veneziana, monaca di S. Caterina. Un altro monastero di Benedettine Cistercensi istituì il Venier nel 1512 nel convento già occupato dai frati minori, accanto alla chiesa di S. Francesco Vecchio (Muneghette) affidandolo a suor Scolastica Soranzo. Ma altre furono le opere portate a compimento da questo vescovo. Sotto i suoi auspici nel 1510 fu istituito in Cattedrale la Confraternita del SS. sacramento e quella del Nome di Gesù e soprattutto la Scuola della Disciplina, la cui fondazione si deve a fra’ Paolo Barbieri da Chioggia, compilatore, secondo lo Zarlino, insieme a Matteo da Bascio, della regola dei Frati Minori Cappuccini.
Numerose furono le chiese fatte erigere dal Venier: la prima a Cavarzere dedicata a S. Giovanni Battista unita all’ospedale (1518), la seconda a Mazzorno Sinistro, la terza a Mazzorno Destro (1523) e la quarta presso il palazzo pretorio detta della Madonnina o del Granaio per una immagine dell’Apparizione, ora conservata nella chiesa di S. Giacomo (1525); e infine consacrò la parrocchia di Ognissanti di Pellestrina (1535).
Durante il suo episcopato avvenne la ben nota apparizione della Madonna della Navicella (24 giugno 1508), che egli riconobbe come veritiera; deliberò perciò la costruzione di un tempio, la cui prima pietra il Venier pose l’11 maggio 1509. Diede anche una nuova ristrutturazione al territorio ecclesiastico di Papafava, creando la cappella che più tardi fu eretta in parrocchia, in onore della Madonna delle Grazie.
Il Venier assistette anche ai tempestosi avvenimenti politici, tra cui la lunga guerra che mezza Europa mosse a Venezia: fu data alle fiamme Loreo e gli abitanti si rifugiarono a Chioggia, la sua “mensa” fu impoverita e dovette chiedere sussidi, tanto che non gli fu possibile partecipare al Concilio Lateranense V (1512-17) indetto da papa Giulio II e proseguito da Leone X e si fece perciò rappresentare. Grande dolore ebbe a soffrire il Venier per l’interdetto decretato dal papa contro Chioggia per la cattura di due barche pontificie cariche di merce effettuata dal capitano chioggiotto Pietro Pagan e relativo rifiuto di restituire la merce stessa; l’interdetto fu tolto dopo un anno (1516-17). Altra questione che il Vescovo Venier dovette dirimere fu quella nata tra le monache di S. Francesco Vecchio, dopo la morte della prima abbadessa (1532), questione che si protrasse fino al 1534. Il Venier, dopo aver disposto di far erigere nel 1528 una casa presso il vecchio cimitero attiguo alla Cattedrale per assegnarla a un canonico povero, rinunciò all’episcopato e morì poco dopo, forse il 30 dicembre 1535.
Con questo vescovo ha inizio la serie ordinata degli Atti curiali; tra essi è conservato un suo diario iniziato nel 1501, da cui si può desumere la scrupolosa attenzione e le assidue cure da lui poste nella gestione spirituale e materiale della diocesi clodiense.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 39″ tab_id=”1458123695821-a5194c9d-8faf”][vc_column_text]
SECOLO XVI
GIOVANNI TAGLIACOZZI
XXXIX
1535 – 1540
Scudo sagomato d’argento, timbrato da una mitria con le infule svolazzanti e caricato da un’aquila spiegata e rivoltata.
Nipote e successore del vescovo Veniero (latinamente Joannes Iajacotius), dal quale aveva ricevuto il titolo di canonico della Cattedrale, Giovanni Tagliacozzi, piranese, fu dallo zio nominato Vicario generale il 16 giugno 1533. Il papa Paolo III lo nominò vescovo di Chioggia il 21 ottobre 1535 e fu consacrato nella chiesa di S. Alvise in Venezia dai vescovi di Capodistria, di Paffo e di Arbe. Indisse subito il Sinodo diocesano, nel quale stabilì 70 Costituzioni. Per alcune di esse e per un’eredità lasciata dal vescovo Nicolò Dalle Croci (1457-1463) sostenne alcune vertenze con il Capitolo e con i Procuratori di S. Marco, ma furono ben presto appianate.
Consacrò il 27 maggio 1539 la chiesa maggiore, essendovi arciprete fin dal 1509 Jacopo de’ Cavalieri, di Loreo, poi abbattuta e ricostruita sotto l’episcopato del Grassi nel 1658. Poté vedere completato il cenobio delle nuove monache di S. Maria all’Orazione di Malamocco (allora sotto il territorio della diocesi clodiense), nonostante le resistenze dell’Arciprete Vincenzo Stella, che sosteneva essere il terreno di proprietà di un antico ospedale. Fissò alcune regole più rigorose nei riguardi delle monache di clausura dei conventi di S. Croce e S. Francesco dentro le mura in Chioggia.
Morì nel 1540 dopo cinque anni di episcopato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 40″ tab_id=”1458123903342-e84865f1-b375″][vc_column_text]
SECOLO XVI
ALBERTO PASCALEO
XL
1541 – 1544
Scudo non blasonato
Domenicano, come il suo successore, il Nacchianti, Alberto Pascaleo ( Albertus Paschaleus) nacque a Udine verso il 1487. Vestì giovanissimo l’abito dei PP. Predicatori e frequentò le Università di Padova e della Sorbona di Parigi, dove si addottorò in lettere e filosofia. Ritornato a Padova, insegnò, presso quell’ateneo per 15 anni, dal 1520 al 1535, filosofia tomistica, non trascurando però la letteratura e la poesia. Si trasferì quindi a Perugia, presso il card. Marino Grimani, patriarca di Aquileia, con incarico di legato pontificio dell’Umbria (fu nominato Arcidiacono d’Aquileia il 29 ottobre 1535).
Nel 1537, papa Paolo III lo consacrò vescovo di Calamona in Creta (o Candia). Ma egli non si recò mai nella sede assegnatagli, causa le precarie condizioni di quella diocesi, così che lo stesso papa lo elesse vescovo di Chioggia. Ne prese possesso per procura il 17 marzo 1541 e vi fece il suo primo pontificale la domenica di Pasqua dello stesso anno. Il 1° giugno successivo indisse il Sinodo diocesano, in cui furono approvate 72 Costituzioni (vol. III, Synodum Paschaleo, Arch. Curia Vesc.). Iniziò la visita pastorale, durante la quale benedisse a Cavarzere il cimitero annesso all’antica chiesa di S. Maria Maddalena, e pose la prima pietra dell’oratorio S. Giuseppe, posto sulla sinistra dell’Adige.
Fu colto dalla morte nella sua città natale, Udine, mentre era colà ospite di una sua nipote, il 25 dicembre 1544, all’età di 57 anni e fu sepolto nella tomba riservata agli appartenenti al suo Ordine presso la chiesa di S. Pietro martire. Lasciò vari scritti degni di nota.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 41″ tab_id=”1458124247635-a39980e9-4fee”][vc_column_text]
SECOLO XVI
JACOPO NACCHIANTI
XLI
1544 – 1569
D’argento a due zampe di leone recise in croce di Sant’ Andrea. Al capo di tre gigli, divisi dal lambello a quattro pendenti.
Giacomo Nacchianti (latinamente Jacobus Naclantus), nato a Firenze, domenicano, ne vestì l’abito nel celebre convento di S. Marco. Non è certo se egli sia stato ospite per qualche tempo del convento di S. Domenico di Chioggia, da cui passò poi al collegio della Minerva di Roma, dove insegnò teologia.
Fu nominato da Papa Paolo III vescovo di Chioggia nel 1544, vi prese possesso nell’ottobre dello stesso anno e subito indisse il I Sinodo diocesano. Fu tra i primi ad entrare a far parte dei padri del Concilio di Trento, indetto nel 1542 e iniziato nel 1545 e nel quale egli, come scriv il Razza, “si mostrò uno de’ più arditi del suo tempo”. Dove si distense la facondia e la preparazione teologica del Nacchianti fu nelle controversie sorte circa il senso della S. Scrittura e della Tradizione, la disciplina dei sacramenti della pienezza e dell’Eucarestia, la partecipazione degli abati al Concilio e la residenza dei vescovi.
Al Nacchianti fu demandata la soluzione dei problemi più ardui, che richiedevano, oltre allo zelo e alla pietà, senno e prudenza. Dopo la IV sessione, egli fece ritorno a Chioggia, “secondo alcuni indispettito per l’opposizione che trovò alle sue idee” (cfr. D. Razza, “Storia popolare di Chioggia”, 1898, vol. I) o piuttosto perchè la sua presenza era necessaria in diocesi. Qualche dubbio, non mai provato peraltro, fu sollevato sull’integrità della sua fede, considerato che fu “indagato” dal segretario del general Sinodo, Angelo Massarelli.
Ripreso il Concilio dopo la sospensione del 1549-51, il Nacchianti vi partecipò ancora. Nel 1552 era di nuovo a Chioggia e nel 1554 iniziò la sua seconda visita pastorale. Sospeso ancora il Concilio (1552) e ripreso nel 1562, ancora una volta il Nacchianti vi prese parte, portando il contributo della sua teologica erudizione. Conclusosi finalmente l’assise conciliare il 3 settembre 1563, il Nacchianti ritornò alla sua diocesi, dove si adoperò per metterne in pratica le direttive. A tale scopo tenne in Cattedrale il 30 agosto 1564 il 2° Sinodo. illustrando alcune Costituzioni del Concilio dando disposizioni in merito.
In campo diocesano elimino alcuni abusi introdottisi nel monastero di S. Francesco vecchio, tentò l’esplorazione delle reliquie dei SS. Patroni, eresse nel 1546 le parrocchie di Pettorazza Grimani e Papafava. Non potè dar corso ad una terza visita pastorale, che affidò al suo vicario generale, l’arcidiacono Vincenzo Squarciafico, causa l’aggravarsi dell’infermità che più tardi, il 26 aprile 1569, lo avrebbe portato alla morte.
Fu sepolto come da sua volontà testamentaria, nella vecchia chiesa di S. Domenico, precisamente nel mezzo della cappella di S. Tommaso d’Aquino, da lui donata e fatta erigere. Ricostruita la nuova chiesa, rimasta la cappella fuori dell’edificio religioso, il 18 dicembre 1756 le sue spoglie furono sepolte dietro l’altar maggiore, ove probabilmente ancora riposano.
Il Nacchianti fu autore di molte opere teologiche e di argomento sacro, fra cui: la spiegazione del Qui habitat (la famosa popolare Chiàbita, storpiatura del salmo 90) stampata nel 1551 e l’opera Scripturae medulla arcanorum Christi, in cui dimostra che gli avvenimenti succedutisi in tutte le età del mondo fanno capo alla figura di Gesù Cristo.
Sul Nacchanti hanno scritto inoltre:
Alfredo Mozzato
Sergio Ravagnan[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 42″ tab_id=”1458126740193-42e0aa5a-0f76″][vc_column_text]
SECOLO XVI
FRANCESCO PISANI
XLII
1569 – 1572
Troncato: d’azzurro e d’argento al leone dell’uno nell’altro.
Di Francesco Pisani, patrizio veneto, non si hanno molte notizie biografiche.
Fu Arcivescovo di Nascia nell’Arcipelago, ma non si portò mai alla sede. Fu eletto vescovo di Chioggia da papa Pio V il 29 luglio 1569 e da Roma, dove si trovava quando fu eletto alla sede clodiense, delegò Andrea Marcello, sacerdote veneziano, a prenderne possesso per procura. Fece l’ingresso ufficiale la domenica 5 marzo 1570. Compì la visita pastorale, provvide a dirimere alcune vertenze non risolte dal suo predecessore (Jacopo Nacchianti) e l’anno seguente fu colto dalla morte a Venezia l’8 febbraio 1571. Fu sepolto l’11 in una giornata burrascosa con vento e neve.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 43″ tab_id=”1458128003630-f9057057-197b”][vc_column_text]
SECOLO XVI
GIROLAMO NEGRI
XLIII
1572 – 1575
D’argento alla torre di tre palchi, merlata alla guelfa, aperta di nero, fondata su pianura di verde e sormontata da uno scaglionetto d’oro, con accantonate due stelle (6) dello stesso
Girolamo Negri, veronese come il suo successore, il Medici, canonico di Torcello, allora Cattedrale, si addottorò in legge presso l’Università di Padova, dove nel 1561 tenne la cattedra di diritto canonico. Si trasferì, quindi, a Roma, dove fu nominato protonotario apostolico e nel 1572 vescovo di Chioggia da papa Gregorio XIII. Giuntovi in forma del tutto privata il 2 marzo 1573, fece il giorno seguente il solenne ingresso nell’antica Cattedrale clodiense; il 20 aprile tenne il sinodo e poco dopo iniziò la visita pastorale, durante la quale approvò la concessione da parte del Comune di Loreo della chiesa di S. Pietro ai PP. Eremitani di Monte Ortone, presenti pure in Chioggia fino al 1770 nella chiesa di S. Nicolò.
Ab immemorabili esisteva in S. Pietro in Volta un ospedale con annessa chiesa, il cui priore doveva offrire al vescovo, secondo l’uso del tempo, annualmente un paio di galline. Trasformato in convento e divenuto poi semplice beneficio capitolare come Priorato, le cui rendite erano state da papa Alessandro VI nel 1496 accentrate nel Primicerio di Padova, il Negri eresse la chiesa a parrocchia con decreto 21 settembre 1573.
Seguendo le direttive del Concilio di Trento, il Negri indisse un secondo Sinodo il 14 aprile 1574. L’anno seguente passò a Roma, affidando la cura della diocesi nel frattempo a Francesco Putato, priore del convento degli Eremitani di S. Nicolò di Chioggia e da lui delegato come Vicario. Non fece più ritorno, in quanto morì in Roma nel 1576, l’anno stesso della storica pestilenza, che nella sola Venezia mieté 200 vittime al giorno, al termine della quale i Veneziani per voto fatto fecero erigere nel 1577 il tempio votivo del Redentore alla Giudecca. A Chioggia, invece, l’epidemia ebbe conseguenze meno gravi, come si può arguire dai versi scritti dal contemporaneo Bartolomeo Malombra nell'”Historia dell’Apparizione” in ottava rima del 1579: “L’anno settantasei, che l’Italia accesa / Era di pestilenze orribil foco, / E fu Venezia gravemente offesa; / Ebbe gran timor Chioggia e incendio poco, / Ché, invocata Maria per sua difesa / Contro a tal peste a mantenere il loco, / Subito sparve il morbo, e ‘l prego ottenne, / Che sana e lieta poi sempre si tenne”.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 44″ tab_id=”1458128170335-3a362a40-f783″][vc_column_text]
SECOLO XVI
MARCO MEDICI
XLIV
1575 – 1584
Bandato d’argento e di rosso
Di famiglia patrizia, veronese come il Negri, suo predecessore, fr. Marco Medici, nato nel 1516, entrò ancor giovane nell’Ordine dei PP. Predicatori presso il convento di S. Anastasia di quella città, dove ebbe modo di segnalarsi sia nello studio della teologia che in quello delle belle arti, tanto da essere ricordato dal Vasari nella sua celebre opera per averlo informato sulle vite dei più illustri artisti veronesi.
Partecipò, su invito del vescovo di Ceneda Michiel della Torre, come teologo, al concilio di Trento; fu poi nel 1569 nominato da papa Pio V inquisitore dell'”eretica pratica di Verona”, mentre Gregorio XIII nel 1574 lo fece inquisitore generale di tutto lo Stato veneto. Dallo stesso fu eletto vescovo di Chioggia il 15 dicembre 1578, prendendo possesso della diocesi il 15 giugno dell’anno successivo.
Regolarizzò l’elezione dei Vicari curati e provvide il coro di un puntatore. Mentre attendeva alla preparazione del Sinodo e della visita pastorale, ebbe notizia della venuta a Chioggia del vescovo di Verona, Agostino Valier, il quale, come delegato apostolico della Dalmazia, da Verona, attraversando Cavarzere e Loreo, arrivò in città per visitare la diocesi clodiense. In soli 10 giorni svolse la sua opera, suggerendo al vescovo quei problemi che gli erano sembrati più impellenti, tra cui la fondazione di un piccolo Seminario per 10 chierici, detto dei Zaghi, che però ebbe vita breve. Ammalatosi, si diede a regolare la disciplina dei monasteri e ad opere di ordinaria amministrazione. Morì il 30 agosto 1581 dopo 5 anni di episcopato all’età di 65 anni.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 45″ tab_id=”1458128417162-c396a783-1614″][vc_column_text]
SECOLO XVI
GABRIELE FIAMMA
XLV
1584 – 1585
Troncato: nel primo d’argento all’aquila spiegata; nel secondo d’argento al fuoco ardente di rosso.
Nato a Venezia nel 1533, il Fiamma fin fa fanciullo coltivò le lettere e a 13 anni entrò nell’Ordine dei canonici regolari lateranensi, in cui si distinse sia nel campo della filosofia che in quello della teologia. Ordinato sacerdote ancor giovane si diede alla predicazione: “rarissimus atque eloquentissimus orator”. Abilissimo nel trattare con i grandi, ottenne favori a beneficio della chiesa e del suo ordine. Scrisse tre volumi di sermoni morali, tre di omelie tenute nelle varie chiese, tre sulle vite dei Santi, oltre a studi biblici, a due volumi di poesie a soggetto religioso e ad altre opere minori, compresi un dizionario teologico e un commentario sulla data della nascita di Gesù Cristo. Fu dapprima promosso Abate del suo ordine, quindi Visitatore dei monasteri e dal Capitolo di Ravenna nel 1578 Abate generale.
Fu eletto vescovo di Chioggia il 23 gennaio 1584 da papa Gregorio XIII, cui la Comunità cittadina chiese invano, dopo la morte del Medici, a mezzo del Doge, la nomina del chioggiotto Gioseffo Zarlino, maestro di cappella nella basilica di S. Marco di Venezia. Preso possesso della sede il 25 febbraio, legittimò subito la nomina a canonico dello Zarlino, che prima aveva suscitato alcune controversie tra il Vescovo e il capitolo.
Fu lui nel 1585 a consacrare l’ormai ultimato tempio della Madonna della Navicella, sulla cui facciata venne posta un’iscrizione a ricordo dell’avvenimento. Presso l’altar maggiore furono collocati il ritratto del Vescovo (tuttora visibile in episcopio) dalla parte del Vangelo e quello del Podestà dall’altra. Il Fiamma condusse a buon fine le pratiche per l’ingresso dei PP. Cappuccini in città, dapprima allogati presso la scuola della disciplina (attuale oratorio della SS. Trinità) e poi nel 1585 trasferiti, per concessione del podestà Giovanni da Lezze, nel fabbricato ad uso ospedale denominato Ca’ di Dio, unendo le rendite di questo a quelle dell’altro ospedale di S. Croce.
Ebbe il tempo di effettuare la visita pastorale della sola città; convocò pure un sinodo, ma fu costretto a rinviarne la data d’inizio causa una grave malattia che lo prostrò seriamente. Alla fine di giugno dello stesso 1585 accolse a Chioggia alcuni ambasciatori giapponesi reduci da Roma, colà inviati per rendere omaggio al Papa e guidati da alcuni missionari gesuiti, che ne avevano ottenuto la conversione. Salve di artiglieria, suono di trombe e tamburi e scoppiettare di fuochi d’artificio festeggiarono il lieto evento. Il vescovo Fiamma tenne pure in episcopio alla presenza degli ambasciatori, del clero e del podestà un discorso in latino e quindi li accompagnò a Venezia. Le fatiche sostenute riaggravarono le sue già precarie condizioni di salute, che lo condussero in brevissimo tempo alla morte il 14 luglio 1585, quando contava 52 anni d’età e soltanto 16 mesi di episcopato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 46″ tab_id=”1458128530020-aaacc2e8-dea4″][vc_column_text]
SECOLO XVI
MASSIMIANO BENIANO
XLVI
1585 – 1601
D’argento alla palma piantata su un monte (5) all’italiana, caricata da una fede di carnagione. Al capo d’argento a tre stelle (8) male ordinate (1,2). Lo stemma sormontato da uno scudetto d’argento al braccio nudo di Cristo posto in croce di S. Andrea sul braccio vestito di tonaca di Francesco, la mano del quale reca le stigmate; dall’incontro nasce la croce patente (Religione dei frati minori conventuali)..
Di origine lombarda, nato verso il 1522, dall’Ordine dei francescani Conventuali, teologo, Massimiano Beniamo fu per 26 anni inquisitore a Padova e come tale partecipò al Concilio di Trento, dove nel 1561 pronunciò davanti ai Padri una dotta orazione. Eletto vescovo di Chioggia da papa Sisto V nel 1585, fu accolto con una barca con il felze. Risolta in parte un’antica questione tra Canonici e Comune, fu incaricato dal doge Cicogna di recuperare da Papozze il capo di S. Massimo, trafugato dalla chiesa di S. Canziano. Consacrò nel 1589 la chiesa dei Cappuccini, dedicata a S. Antonio, annessa al convento omonimo, situato fuori porta di S. Maria a Chioggia. Tenne tre Sinodi, come il Veniero (8°: 1588; 9°: 1595; 10°: 1599), nel primo dei quali regolò l’istituzione e la congregazione dei casi di coscienza. Ottimo predicatore, nel 1595, a 75 anni d’età, cagionevole di salute, chiese un coadiutore, ma Comune e Capitolo si opposero. Nel 1601 rinnovò, ma inutilmente, la richiesta al Papa, in quanto il 10 marzo dello stesso anno morì. Fu sepolto nella Cattedrale.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 47″ tab_id=”1458130118320-a65e8bd5-92e6″][vc_column_text]
SECOLO XVII
LORENZO PREZZATO
XLVII
1601 – 1610
Interzato in banda: d’argento, di rosso alla biscia ondeggiante d’argento posta in banda, d’azzurro.
Nato nel 1556 a Venezia, Lorenzo Prezzato si addottorò a Padova e come sacerdote operò nella Curia del Patriarcato; passato a Roma, fu nominato Prelato Referendario delle due Segnature. Promosso da Clemente VIII nel 1601 vescovo di Chioggia, fu da lui consacrato lo stesso anno.
Fu uno dei più attivi e vigorosi vescovi clodiensi. Riordinò la Curia, raccogliendo gli atti dei vari uffici che erano dispersi, riunendoli in 32 volumi manoscritti e corredandoli di indicazioni e repertorio. Da allora ha inizio la data ufficiale dell’Archivio curiale, di cui il Prezzato può dirsi il fondatore; ordinò pure l’Archivio Capitolare; stabilì l’uniformità delle prebende per i Canonici ed eresse in terza dignità del Capitolo l’arciprete (1603). Indisse e attuò il 7° Sinodo diocesano, stabilendo l’ufficio di penitenziere, l’obbligo del Rituale Romano e l’uniformità del calendario per la recita del Breviario. Regolò il cerimoniale delle funzioni religiose, stabilendo un posto separato per il podestà, che prima sedeva accanto al vescovo, il suono delle campane per l’Angelus e il Coro e decise di multare il campanaro indolente che per sua colpa avesse lasciato spegnere la lampada del SS. Sacramento. Queste innovazioni (cfr. Liber Jurium, pag. 62) gli procurarono contestazioni e ostacoli da parte del Capitolo, appianati con una convenzione nel luglio 1603, dopo trattative con la S. Sede. Nel 1608 istituì la Confraternita della SS.ma Trinità di Loreo e rifece il processo canonico in occasione del primo centenario della Madonna della Navicella, facendo costruire l’altare del Sansovino tuttora visibile nella chiesa di Sottomarina. Fece edificare il cosiddetto Conservatorio delle Zitelle. L’ultima sua opera fu lo scoprimento delle reliquie dei SS. Patroni, già tentato dai predecessori Nacchianti, Negri e Medici. Fu effettuato dal Prezzato nella festa della SS.ma Trinità del 1608 alla presenza del can. Pietro Morari e degli altri Canonici; rimosso il coperchio della mensa dell’altare dedicato ai SS. Martiri, si scoprirono, entro una cassa di marmo coperta di un graticcio di ferro, sopra un tessuto di stoffa rossa, lo scheletro di S. Felice e il capo di S. Fortunato, addirittura macchiato di sangue coagulato. Furono pure ritrovate tre lamine di piombo e una quantità di monete d’oro e d’argento, poste a ricordo dei precedenti trasporti oltre ad un’altra cassa con ossa di martiri e al reliquiario della manna. Il tutto venne raccolto in una cassa di cipresso e provvisoriamente collocato nel tesoro della cattedrale in attesa della costruzione di una nuova urna da sistemare sopra l’altare della cappella. Non poté il vescovo Prezzato vedere compiuta l’opera, perché morì a Venezia il 29 ottobre 1610. Il suo nome figura in alcune lapidi sparse in vari edifici religiosi della città.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 48″ tab_id=”1458137871250-6a55e719-2336″][vc_column_text]
SECOLO XVII
RAFFAELE RIVA
XLVIII
1610 – 1611
D’argento alla banda carica da tre volatili.
Raffaele o Francesco Riva fu oratore e filosofo di grido, dopo essersi addottorato a Padova. Addetto come teologo al card. Girolamo Bernerio detto l’Ascolano, scrisse varie opere a commento delle due “Summae” di S. Tommaso. Fu eletto da papa Paolo V vescovo di Curzola nel 1605 e poi di Chioggia il 24 novembre 1610 dove entrò il 17 aprile 1611 con un’orazione laudatoria del noto storico mons. Pietro Morari. Due giorni dopo firmò un concordato col podestà Almorò Lombardo secondo cui, in caso di presenza in forma ufficiale della Comunità ai sacri riti, vi fossero due turiboli, l’uno per il clero e l’altro per le autorità civili, cui doveva spettare due incensazioni, come per i canonici (due tiri).
Iniziata la sua visita pastorale nell’ Arcipretale di Malamocco, dovette sospenderla subito: si portò a Venezia, dove il 19 luglio 1611 morì nel convento dei SS. Giovanni e Paolo, dopo aver retto la diocesi clodiense per soli tre mesi.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 49″ tab_id=”1458138419248-8a6d55c4-26b1″][vc_column_text]
SECOLO XVII
BARTOLOMEO CARTOLARI
L
1613 – 1615
D’argento alla fascia contro doppio merlata e bordata dello stesso.
Bartolomeo Cartolari (o Calzolari), nobile veronese, nato il 29 settembre 1546, dottore in ambo, fu per 10 anni segretario del duca di Parma e a Verona canonico della Cattedrale e Vicario generale di quella diocesi. Fu eletto vescovo di Chioggia da papa Paolo V l’11 febbraio 1613 all’età di 67 anni. Dopo che il 14 marzo successivo l’arciprete Boscolo aveva preso per lui possesso, fece privatamente il suo ingresso in diocesi il 10 novembre. Di malferma salute, nonostante le sue doti di intelletto e di spirito, non lasciò grandi segni della sua presenza in diocesi. Iniziata da poco la sua visita pastorale nel 1614, fu costretto a sospenderla per malattia. Tornò a Verona e poi ancora a Chioggia, dove morì il 17 novembre dello stesso anno. Il suo episcopato durò appena un anno. Durante la sua reggenza, fu iniziata la costruzione dell’Oratorio della Confraternita o Fraglia della SS.ma Trinità di Loreo, tuttora esistente, fondata il 20 settembre 1608, come risulta dalla concessione firmata dal Vicario dello stesso Cartolari il 9 aprile 1613. L’Oratorio, contiguo alla chiesa arcipretale, fu ampliato nel 1633 con una cappella della B.V. del Carmine, essendo vescovo Pasquale Grassi. La Confraternita, detta dei Flagellanti, cui aderiscono tuttora molti iscritti, ha una propria regola e particolari rituali, che si ripetono ogni anno e si accosta alla soppressa confraternita laica della SS.ma Trinità o dei Battuti fondata da fr. Paolo Barbieri a Chioggia, che aveva la sua sede nella chiesa con oratorio della SS.ma Trinità, conosciuta come chiesa dei Rossi, dal colore del saio indossato dagli aderenti.
Il Cartolari fu il terzo vescovo veronese dopo il Negri e il Medici. Lo seguì, a distanza di più di 3 secoli, mons. Sennen Corrà, che lasciò la diocesi nel 1989 e che era originario di Salizzole (VR).[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 50″ tab_id=”1458138593628-bf69587c-c1f0″][vc_column_text]
SECOLO XVII
PIETRO PAOLO MILOTTI
LI
1615 – 1618
Partito: nel primo d’argento a tre monti all’italiana, moventi dalla punta, quello di mezzo più alto sostenente un volto di carnagione; i laterali sormontati da un giglio al naturale, gambuto e fogliato di verde. Nel secondo d’argento alla mano d’aquila.
Vicentino, dopo aver ricoperto per tre anni la carica di Presidente generale della Congregazione dei canonici regolari di S. Giorgio in Alga, mons. Milotti si trasferì a Roma. Riconosciute le sue doti, fu dal papa Paolo V eletto vescovo di Chioggia il 9 febbraio 1615 e due mesi dopo fece il suo ingresso in diocesi. Celebrò l’8° Sinodo nell’ottobre 1617 promulgando 33 Costituzioni, indisse la visita pastorale, riconsacrò la chiesa di Ognissanti di Pellestrina e quella delle monache di S. Maria dell’Orazione in Malamocco, allora sotto la giurisdizione della diocesi clodiense. Riconobbe come veritiera la ben nota visione di fra Adamo da Rovigo cappuccino del 5 luglio 1615, cosiddetta della Madonna dell’Asinello, di cui esiste una immagine tuttora nella chiesa della SS. Trinità di Chioggia. Il frate, durante una processione diretta all’antico tempio della Madonna della Navicella e promossa da fra Paolo Barbieri, fondatore della Confraternita del SS. Crocifisso o della Disciplina, vide dalla finestra del convento di S. Antonio o Ca’ di Dio (ora sede della scuola media “Zarlino”) venire incontro al corteo, dalla parte opposta del ponte lungo o ponte Priuli, che scavalca il canal della Cava la Vergine con in braccio il Bambino, cavalcando un asinello guidato da S. Giuseppe con attorno tre angeli, che cantavano laudi a Maria, la quale si mise in testa alla processione. Di questo fatto prodigioso si accenna negli Annali dei Cappuccini della provincia veneta, negli Atti del vescovo Milotti e da parte del p. Contarini e del Vianelli. Il vescovo stabilì la festa nella prima domenica di luglio ed essa fu celebrata dai confratelli dell’Oratorio della SS. Trinità con una processione, in cui si recava il simulacro della Vergine, così come apparve a fra Adamo. Il vescovo Milotti morì il 1° novembre 1618.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 51″ tab_id=”1458139368429-aaf0742e-9798″][vc_column_text]
SECOLO XVII
PASQUALE GRASSI
LII
1618 – 1639
D’argento al drago sormontato da una stella (8).
Pasquale Grassi, altro vescovo chioggiotto, nacque nella parrocchia di S. Giacomo il 5 aprile 1584, esattamente nel palazzo Grassi- Renier. Passato a Roma e addottoratosi in entrambe le lettere, ancor chierico fu promosso Arciprete della chiesa collegiata di Este dal papa Paolo V e il 29 aprile 1618 vescovo di Chioggia. Accolto dapprima con una certa riluttanza dalla Comunità cittadina, ebbe notizia, essendo a Roma per la visita ad limina, dello storico incendio dell’antica Cattedrale, avvenuto nella notte di Natale del 1623. Passato lo smarrimento, il vescovo Grassi pensò tosto alla ricostruzione della nuova Cattedrale, affidando l’incarico dalla progettazione al noto architetto Baldassare Longhena, il quale capovolse l’antica pianta della chiesa allargandola dalla parte del vecchio cimitero (attuale Sagraéto). Alla spesa concorsero il papa Urbano VIII, il doge ed il Comune. Assicurati i fondi, il can. Pietro Morari, il noto autore della “Storia di Chioggia” (pubblicato nel 1871), in assenza del vescovo Grassi, pose il 15 novembre 1624 la prima pietra. Dopo soli tre anni, il 21 settembre 1627 il vescovo poté già celebrare nel presbiterio la prima solenne Messa pontificale. Un altro triste evento caratterizzò l’episcopato del Grassi: la terribile pestilenza del 1630, che mieté nella sola Chioggia 7 mila vittime su una popolazione di 12 mila abitanti. Sull’esempio del Senato Veneto, che aveva promosso in voto l’erezione del magnifico tempio alla Madonna della Salute per allontanare il morbo, anche il nostro Maggior Consiglio deliberò di fabbricare a proprie spese un nuovo altare nell’antica chiesa della Madonna della Navicella, mentre il vescovo Grassi ordinò che fossero trasferite in processione le reliquie dei SS. Patroni dalla chiesa di S. Andrea a quella di S. Giacomo, che faceva le veci, allora come ora, di Cattedrale (1).
Cessato il flagello, il 22 novembre1631, che era già dedicato a S. Cecilia per ricordare la vittoria ottenuta nel 1336 dai chioggiotti contro Mastino della Scala al Castello della Saline, venne dichiarato giorno festivo. Si ripresero, poi, i lavori di ricostruzione della Cattedrale, nel 1633 fu eretto il grandioso portale e il vescovo poté indire il 29 e 30 giugno 1634 il Sinodo, che confermò le Costituzioni del precedente vescovo Prezzato.
Consacrata la chiesa di S. Giuseppe di Cavarzere nel 1636, il Grassi morì il 12 dicembre dello stesso anno all’età di 52 anni. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco Vecchio (Muneghette) insieme ai suoi congiunti, lasciando per testamento agli eredi il compito di far erigere il magnifico altare tuttora esistente nella Cappella dei SS. Patroni (2).
Su questo avvenimento esiste tuttora in municipio una tela dipinta a tempera che raffigura i SS. Patroni con al centro un’iscrizione latina indicante la parte presa dal Maggior Consiglio in tale funzione.
Sulla solennità dell’altare sotto lo stemma si legge : Paschalis – Grassi e.pi – Legato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 52″ tab_id=”1458139626318-cb765e1f-b1b0″][vc_column_text]
SECOLO XVII
FRANCESCO GRASSI
LIII
1639 – 1669
D’argento al drago sormontato da una stella (8).
Appartenente alla nobile famiglia Grassi, che nel 1647 ebbe la cittadinanza veneziana e che diede tre vescovi a Chioggia, Francesco Grassi vi nacque in S. Andrea nel 1605. Ordinato sacerdote nel 1630, l’anno dopo fu promosso Vicario generale e poi Vicario capitolare, alla morte del suo predecessore (1636), Pasquale suo parente. Nel 1639 fu eletto da papa Urbano VIII vescovo clodiense. S’occupò subito della ricostruzione della Cattedrale, andata distrutta dal noto incendio del 1623 e procedette alla sua benedizone il 15 agosto 1648, festa dell’Assunta, dopo aver superato alcune difficoltà circa l’orientamento dell’altar maggiore verso il popolo, more romano.
Fece riportare l’anno successivo le reliquie dei SS. Patroni della chiesa di S. Andrea, dov’erano state provvisoriamente collocate, nella nuova Cattedrale e le fece riporre dove tuttora si trovano “entro una cassa tutta coperta di ferro e chiusa con tre chiavi ”. Iniziò la costruzione della sagrestia (1661), dell’organo e della cantoria.
Il Vescovo Grassi indisse due Sinodi: il primo a S. Giacomo (4-5-6 giugno 1647) e il secondo del nuovo Duomo (27 aprile 1662), entrambi dati alle stampe. Consacrò (1656) la chiesa di S. Pietro in Volta, eresse le parrocchie di Foresto (1662), di Contarina (1665) e di Ca’ Cappello (1666), la prima smembrandola da Cavarzere e le altre due da Loreo. Dopo aver retto la diocesi per 29 anni e 26 giorni, morì il 4 aprile 1669: fu sepolto in mezzo al coro della Cattedrale e il suo busto marmoreo fu collocato nella parete di fianco all’altare in cornu Epistolae, tra quelli dei pronipoti Antonio, pure Vescovo di Chioggia, e Francesco, vescovo di Nona in Dalmazia, ed è ricordato da una lapide. Altre sue due lapidi si trovano nelle pareti accanto all’organo, altre due sulla parete dell’altare di S. Giovanni, sormontate dallo stemma, una sulla porta che mette al Sagraeto e un’altra a destra della cappella dei SS.Patroni Felice e Fortunato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 53″ tab_id=”1458139807862-82500be7-5980″][vc_column_text]
SECOLO XVII
GIANNANTONIO BALDI
LIV
1669 – 1684
Troncato: nel primo d’argento a due alberi piantati su due monti (3) all’italiana; nel secondo sbarrato d’azzurro e d’argento a sette pezzi.
Nato a Venezia, chierico regolare della Congregazione Somasca, Giannantonio Baldi (o Baldo), teologo ed erudito, fu eletto vescovo di Chioggia da papa Clemente IX e consacrato il 15 luglio 1669; la cittadinanza gli fece omaggio di 150 once di argento lavorato e di due miri d’olio l’anno. Il Baldi ebbe il privilegio di consacrare l’attuale Cattedrale: la ceerimonia avvenne il 27 maggio 1674, come si legge nella lapide posta sulla parete del coro in cornu Evangelii. Eresse le parrocchie di Rosolina (1670) e di Fasana (1674). Promosse pure (1677) la costruzione del grandioso pulpito marmoreo della stessa Cattedrale, opera egli scultori Bartolo Cavalieri e Domenico Negri, come è ricordato nella iscrizione del pannaggio tra le due cariatidi; l’opera, tuttavia, fu ultimata 42 anni dopo nel 1719, sotto l’episcopato di mons. Soffietti.
Non potè indire il Sinodo perché fu colpito da malattia, che lo condusse alla morte l’8 ottobre 1679; fu sepolto in Cattedrale presso l’altare di Maria Assunta. Dopo la morte del Baldi, la sede episcopale clodiense rimase vacante per circa 5 anni, durante i quali la diocesi fu retta dapprima dal can. Decano Eliseo Nordio, quindi nel 1684 dall’arciprete Antonio Grassi, che nel 1696 divenne vescovo di Chioggia, il quale eresse le parrocchie di Ca’ Venier e di Villaregia, smembrandole da quelle di Contarina. Nello stesso anno si diede inizio allla costruzione del ponte di Vigo di Chioggia. La vacanza fu dovuta probabilmente alle vicende colegate alla guerra col Turco (1680- 84).[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 54″ tab_id=”1458139980189-53c450cf-1b99″][vc_column_text]
SECOLO XVII
STEFANO ROSADA
LV
1684 – 1696
Troncato: nel primo d’argento alla rosa gambuta e fogliata al naturale; nel secondo fasciato d’azzurro e d’argento di cinque pezzi
Nato a Pellestrina nel 1626, Stefano Rosada studiò diritto a Padova dove si laureò. Entrato nella Nunziatura di Venezia, ricoprì l’ufficio di cancelliere per circa un trentennio fino alla sua nomina a Vescovo di Chioggia, conferitagli nel 1684 da papa Innnocenzo XII, sede rimasta vacante per circa cinque anni. Ebbe come, il Baldi, suo predecessore, dal comune il dono di 150 once d’argentolavorato e un assegno annuo di due miri d’olio.
Abbellì la Cattedrale lastricando con marmi policromi il pavimento del coro e arricchendolo con gli stalli in noce acquistati dall’abazia soppressa delle carceri di Este, e perciò, anteriori di circa un secolo alla ricostruzione della Cattedrale. Per sua iniziativa nel 1686 venne collocato l’orologio tuttora visibile sul campanile del Duomo, “ut certas divini officiis horas Ecclesiaeque designet”. Mons. Rosada si adoperò per lo smembramento, dopo 261 anni, nel 1690, del territorio dell’antico monastero di S. Giorgio di Fossone dalla giurisdizione del capitolo della Cattedrale.
Morì il 21 Gennaio 1696 a 70 anni e sembra sia stato sepolto, secondo il Vianelli, nella cappella del Ss. Sacramento entro una tomba da lui stesso fattasi predisporre, ma di cui non si trova traccia. Due lapidi lo ricordano nella stessa Cattedrale: una in coro, in cui si accenna alla posa in opera degli stalli e l’altra sul lato est del campanile sotto l’orologio.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 55″ tab_id=”1458140166832-82727201-231a”][vc_column_text]
SECOLO XVII
ANTONIO GRASSI
LVI
1696 – 1716
D’argento all’aquila spiegata di nero; in cuore, scudetto d’argento al drago sormontato da una stella (8).
Nato a Chioggia, nella parrocchia di S. Giacomo, nel 1664 fratello di Francesco, divenuto vescovo di Nona, pronipote dei suoi predecessori Pasquale e Francesco, zio paterno dell’altro Francesco, che poi fu vescovo di Caorle, studiò prima a Chioggia e poi a Padova. Di talento precoce, studioso, a venti anni, non ancora sacerdote, fu nominato canonico; poi Arciprete e nel 1684 ebbe la dignità di Decano. Vicario capitolare nelle ultime due vacanze episcopali, fu consacrato vescovo a Roma nel 1696 e designato alla sede di Chioggia dal papa Innocenzo XII.
Fra le molte opere realizzate durante il suo episcopato, ricordiamo in ordine di tempo: le creazione a parrocchia di Donzella 1698, di S. Anna, smembrata da quella del Duomo (1704), di Ca’Bianca (1706) e di S. Croce in Ca’Pisani, smembrata da quella di Villaregia (1707). Nel 1706 benedisse la prima pietra del convento delle Cappuccine di S. Chiara (attuale Seminario) e della relativa chiesa dedicata al Corpus Domini, ultimata nel 1709, anno in cui il Grassi accolse al traghetto di Vigo le prime due monache professe insieme ad altre dieci novizie, accompagnandole processionalmente fino al monastero: Fu eretta e Benedetta nel 1715 dal Vescovo Grassi la chiesa di S. Martino di Sottomarina (di cui ora è visibile il portale nel lato Sud dell’attuale) nello stesso luogo in cui sorgeva l’antica , distrutta durante la guerra di Chioggia (1379).
Fra i suoi lasciti testamentari va ricordato quello generoso in favore dell’istituzione di un Seminario in Chioggia, opera che verrà realizzata solo molto più tardi, anche per una complessa clausola contenuta nel testamento e che obbligava gli eredi a godere della somma solo dopo 25 anni e dopo la formazione di un capitale di 12.000 ducati, questione risolta dal vescovo Gradenigo nel 1763.
Il Vescovo Grassi morì il 14 novembre 1705 e fu sepolto nel cuore del Duomo, ove si trova pure sopra il sedile del celebrante un monumento sormontato dal ritratto del vescovo con stemma, mentre ai due lati dell’altare di S. Rocco (il primo a destra entrando) si trovano due iscrizioni con l’arma vescovile e un’altra sul pavimento presso i gradini dello stesso altare.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 56″ tab_id=”1458148556107-43f967c2-f285″][vc_column_text]
SECOLO XVIII
GIOVANNI SOFFIETTI
LVII
1716 – 1733
D’argento alla fortezza aperta e finestrata di nero, torricellata di tre pezzi. Nella prima e nella terza, due uccelli affrontati sormontati da una corona all’antica..
Nota biografica. Nato a Scio, isola dell’Egeo soggetta allora alla Repubblica veneta, appartenente alla Congregazione dei Chierici regolari, Giovanni Soffietti fu nominato da Clemente XI vescovo di Tine, altra isola dell’Egeo, caduta questa in dominio dei Turchi, fu nel 1716 eletto vescovo di Chioggia, dove giunse il 17 maggio.
Portato nello stesso anno a termine il convento di clausura delle Cappuccine (attuale seminario), il Soffietti dichiarò nel 1717 veritiera l’apparizione della Madonna avvenuta il 4 agosto 1716 a Pellestrina, nella chiesetta dei SS. Vito e Modesto, al giovanetto Natalino Scarpa e autorizzò l’erezione sul posto, a spese della Veneta Repubblica, del tempio dell’Apparizione, in cui il vescovo trasferì solennemente la sacra Immagine nel 1723, insieme al podestà di Chioggia Nicolò Erizzo IV (cfr. G. Naccari, “La pieve di Pellestrina”, Chioggia, 1923).
Risolte alcune questioni riguardanti una vertenza tra il Capitolo e l’arcidiacono di Malamocco nonché la scelta del quaresimalista in Cattedrale, il Soffietti volle imprimere maggior vigore al culto dei SS. Felice e Fortunato, patroni della diocesi: fece esporre nel 1727 le sacre reliquie, ne riordinò l’antichissima Confraternita detta di S. Fele e Fortunato, di cui si ha memoria fin dal 1115 e che fu riformata anche dal vescovo Centoferri: fu mons. Soffietti a commissionare allo scultore Antonio Chiesa le statue dei santi, vestiti in abiti militari romani, portate in processione, fino a pochi anni or sono l’11 giugno, e a trasferire le reliquie dall’antico avello in un’urna, perché fossero visibili ai fedeli, e facendole proteggere da spessi cristalli e da una grossa cancellata di ferro dorato, chiusa a sua volta da una portella mobile d’argento (una lapide ricorda il fatto). Fece pure riabbellire in tre anni con le offerte raccolte la cappella dei Santi con marmi di Carrara e con le sei tele, opera di insigni pittori e riproducenti episodi del martirio dei due Santi, mentre il Comune offrì una lampada d’argento ad olio pesante 200 once.
l Soffietti fece completare l’artistico pulpito della Cattedrale e restaurare a sue spese l’episcopio, come comprova una lapide posta sulla parete della rampa sinistra dello scalone esterno: “Quo augustius opus – Eo augustior animus – Ioannis Soffietti Praesulis – Proprio – Struxit – Aere – Ann. Sal. MCCXXVI”. Nel 1727 egli consacrò la antica chiesa parrocchiale di Donada; nel 1733 fu trasferito alla diocesi di Adria, dove consacrò molte chiese, ampliò il seminario e fece compiere la torre del Duomo. Morì a Rovigo il 10 settembre 1747.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 57″ tab_id=”1458149566190-7f9c6b1d-9d24″][vc_column_text]
SECOLO XVIII
GIOVANNI MARIA BENZONI
LVIII
1733 – 1744
Troncato: nel primo d’argento al cane passante, collarinato; nel secondo d’argento al reticolato.
Veneziano, nato il 6 marzo 1670; Giovanni Maria Benzoni, patrizio veneto, fu cameriere d’onore a Roma di papa Innocenzo XII ed ottenne pure altre onorificenze ecclesiastiche. Per la sua prontezza d’ingegno e l’amabilità del suo spirito si guadagnò la benevolenza di Benedetto XIV.
Dopo il trasferimento di mons. Soffietti da vescovo di Chioggia a vescovo di Adria, fu eletto da Clemente XII alla nostra sede episcopale, di cui prese dapprima possesso per procura e in cui poi entrò privatamente il I agosto 1733. Di edificante pietà, il Benzoni fu prodigo del suo: donò alla Cattedrale un ricco e magnifico ostensorio d’argento. Contribuì al restauro e alla ristrutturazione della chiesa di S. Andrea e alla ricostruzione di quella di S. Giacomo.
Forse a causa degli ostacoli incontrati da parte del collegio dei fabbriceri del Duomo e del Capitolo dei Canonici, in merito alle opere da eseguirsi nelle due chiese, ottenne dalla S. Sede di presentare nel 1744 la propria rinuncia. Prima di lasciare la sede, cedette i suoi libri al futuro Seminario e poi si trasferì a Roma, dove ebbe onori e cariche di prestigio; nel 1754 fu fatto arcivescovo di Nazianzo e poi prelato assistente al soglio pontificio.
Seppur lontano, non dimenticò la sua Chioggia, che più volte largamente beneficò. Morì a Roma l’8 gennaio 1757 e fu sepolto nella chiesa di S. Silvestro del Quirinale, dove un’iscrizione lapidaria tuttora lo ricorda come un uomo “rarissimi exempli – ob assiduam in egenos largitatem – ad inopiam ferme redactus”.
Durante il suo episcopato clodiense furono eretti gli oratori di Gnocca e Ca’ Tiepolo, fu istituita la parrocchia di Tolle e avvennero (1736) i miracoli attribuiti ad un’antica immagine della Madonna, che si trovava in un fabbricato situato nella contrada del Fontego a Loreo.
La devozione si estese a tal punto che l’immagine fu trasferita nella chiesa arcipretale, dove tuttora si venera con il nome di Madonna della Carità.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 58″ tab_id=”1458163428029-0c15861c-d88d”][vc_column_text]
SECOLO XVIII
PAOLO FRANCESCO GIUSTIANI
LIX
1744 – 1750
Di rosso all’aquila bicipite d’oro, coronata dello stesso con in cuore scudetto d’azzurro alla fascia d’oro. Al capo d’azzurro al braccio nudo di Cristo posto in croce di Sant’ Andrea sul braccio vestito di tonaca di Francesco, la mano del quale reca le stigmate; dall’incontro nasce una croce latina (religione dei frati minori cappuccini).
Nota biografica. Di nobile famiglia veneziana, entrato nell’Ordine di frati Cappuccini (al secolo Giulio Ascanio), dopo appena 15 anni, Paolo Francesco Giustiniani fu da Benedetto XIV eletto vescovo di Chioggia il 15 giugno 1744, il giorno stesso in cui il papa aveva accettato le dimissioni del predecessore, mons. G. M. Benzoni, e fu da lui stesso consacrato vescovo a Roma, insignandolo pure di titoli onorifici.
Incontrato il 13 dicembre al molo di Vigo, proveniente da Venezia, con un corteo acqueo, formato di barche riccamente pavesate, dalle varie Congregazioni religiose e secolari della città, egli iniziò quasi subito la visita pastorale a tutta la diocesi, dando, secondo l’uso del tempo grande impulso all’insegnamento del catechismo agli adulti impartito dagli stessi Cappuccini, già presenti in Chioggia sulla pubblica piazza, in tutte le feste, affinché “tutto il popolo minuto solito starsene ozioso nelle piazze o dinanzi le bettole in faccia al suo mare più facilmente e con maggior frutto riceva le sante istruzioni” (Lib. Consil. XVII, pag. 51).
Riorganizzò pure le Costituzioni del monastero delle Cappuccine di S. Chiara o del Corpus Domini (cfr. “Nuova Scintilla” del 23.9.90) e rivitalizzò l’insegnamento del canto corale gregoriano ai chierici, secondo le direttive sinodali del 1749 del vescovo Francesco Grassi. Dopo un triduo e una solenne processione per il Corso, il 24 agosto 1745 mons. Giustiniani assistette alla traslazione del Crocifisso di S. Domenico in una cappella provvisoria di tavole, situata oltre i cantieri di lavoro, stante la già iniziata ricostruzione della chiesa omonima ad opera dei padri Domenicani, in sostituzione della prima, che essi reggevano dal 1290. Mons. Giustiniani non poté vedere l’opera che fu ultimata ben 17 anni dopo: infatti, nel 1750, fu trasferito alla sede di Treviso, che tenne per 27 anni. Nel 1788 fu costretto per l’età a rinunciare alla carica e fu nominato Arcivescovo titolare di Calcedonia. Morì il 17 febbraio 1789 e fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini di Treviso. A. P.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 59″ tab_id=”1458204894816-b1951cf1-94fd”][vc_column_text]
SECOLO XVIII
GIAN ALBERTO DE’ GRANDI
LX
1750 – 1753
D‘ azzurro all’albero frondoso al naturale uscente da una pianura di verde, sinistrato da un leone d’argento al tronco.
Veneziano, monaco e canonico regolare dell’abbazia di Candiana e poi abate generale e maestro dell’Ordine, insegnante di teologia a Roma, Gian Alberto De’ Grandi (al secolo Francesco Gaetano) fu ordinato sacerdote in Chioggia dal vescovo Antonio Grassi nel 1713 con dispensa apostolica per difetto di 13 mesi d’età.
Nel 1750 Benedetto XIV lo nominò vescovo di Chioggia, diocesi che egli accettò perché “quella città, che gli era offerta a sposa, era stata madre per la sacerdotale consacrazione”. Consacrato vescovo a Roma, venne a Chioggia nel 1751. Da semplice frate qual era, continuò la sua opera educativa e caritativa verso i fanciulli, gli infermi ed i poveri, di cui ogni venerdì uno sedeva alla sua mensa. Aprì il Giubileo universale, esteso dal Papa nel 1751, con un discorso in Cattedrale, seguito da una sacra Missione, e chiuso da lui stesso nella pubblica piazza “con tale efficacia di parola ed unzione di spirito da far strappare le lacrime di pentimento ai peccatori più riottosi”. Indisse un pellegrinaggio solenne nel 1752 all’antico santuario della Madonna della Navicella, al termine del quale consegnò delle somme di denaro a tre povere donne presenti, con la promessa di ripetere il gesto negli anni successivi. Tornato in episcopio, fece sedere alla propria tavola 13 indigenti, servendoli lui stesso, mentre egli si cibava di soli pane e acqua, passando poi nel vicino convento dei Cappuccini (Ca’ di Dio) a flagellarsi per il resto della giornata, “onde espiare le colpe dei suoi figliuoli spirituali ed allontanare dal loro capo la divina vendetta”. Mentre si preparava ad indire il Sinodo e a far aprire il Seminario, lo colse la morte, all’età di 62 anni, il 22 luglio 1752.
Il suo ritratto ad olio si conserva nella sacrestia della Cattedrale e alcuni brani dei suoi paramenti sacri e due pungenti cilici a catenelle si conservavano un tempo (1933) nella Curia. La sua tomba, ai piedi del presbiterio della Cattedrale, fu a lungo meta di pii pellegrinaggi, mentre un monumento alla sua memoria fu posto al di sopra del confessionale del penitenziere. Il merito maggiore del vescovo De’ Grandi fu la fondazione a Chioggia della Congregazione dei Preti dell’Oratorio (Filippini), da lui sancita con decreto del 16 giugno 1751 e di cui approvò anche la regola, anche se il merito dell’opera va attribuito però al can. Giulio M. Grassi, suo Vicario generale e Arciprete della Cattedrale.
Sotto l’episcopato di mons. De’ Grandi, fu benedetto nella chiesa di S. Andrea (1751) l’altare dei SS. Vito e Modesto, eretto a spese del Comune, con una pala di Palma il Vecchio e una statua in marmo di S. Giovanni Nepomuceno; nella chiesa di S. Giacomo (1752), in fase di ricostruzione, venne riportato il Sacramento, mentre nella Cattedrale vennero decorate la volta e le pareti della cappella del SS. Sacramento con magnifici stucchi ad opera di Giacomo Gaspari e con affreschi e tele del pittore Michele Schiavoni.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 60″ tab_id=”1458205101059-033dcb3b-9fd6″][vc_column_text]
SECOLO XVIII
VINCENZO BRAGADIN
LXI
1753 – 1762
Troncato d’azzurro e d’argento. Sopra il tutto, croce di rosso. Lo scudo è cimato da uno scudetto d’argento al braccio nudo di Cristo posto in croce di Sant’ Andrea sul braccio vestito di tonaca di Francesco, la mano del quale reca le stigmate; dall’incontro nasce una croce latina (Religione dei frati minori cappuccini).
Patrizio veneziano, cappuccino al secolo Antonio Domenico, Vincenzo Bragadin fu eletto dapprima vescovo di Scardona in Dalmazia; nel 1753, in seguito alla Bolla “Sinceritas fidei” promulgata da papa Benedetto XIV, che concedeva al Senato veneto il privilegio di nominare, oltreché il Patriarca, anche i vescovi di Torcello, Caorle e Chioggia, fu eletto a scrutinio segreto, a grandissima maggioranza, su altri quattro proposti, Vescovo della nostra diocesi, scelta confermata dallo stesso pontefice. Durante i nove anni del suo episcopato clodiense, visitò per tre volte le parrocchie e curazie della diocesi, ottenne dal Papa il privilegio a scanso di disordini, di celebrare due ore dopo il tramonto della vigilia, invece che alla mezzanotte, la Messa di Natale (1753) e diede inizio ai lavori di costruzione del Duomo di Cavarzere (1755).
Morì il 21 giugno 1762 e fu sepolto presso i gradini dell’altar maggiore della Cattedrale. Per testamento ordinò che i suoi pochi beni fossero venduti per costituire i capitali per la celebrazione di SS. Messe agli anniversari della sua morte e per soccorrere i poveri della città. Durante la vacanza della sede il 24 agosto 1762, dopo 17 anni (1745), durante i quali l’immagine del Cristo di S. Domenico era rimasta custodita in una cappella provvisoria presso il recinto dell’attuale santuario si ripeté la tradizionale processione lungo il corso di Chioggia (la seconda, per la storia) per riportare il Crocefisso nel nuovo tempio, peraltro non ancora del tutto ultimato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 61″ tab_id=”1458205284790-723f2f2c-a3f8″][vc_column_text]
SECOLO XVIII
GIANNAGOSTINO GRADENICO
LXII
1762 – 1770
Troncato d’azzurro e d’argento. Sopra il tutto, croce di rosso. Lo scudo è cimato da uno scudetto d’argento al braccio nudo di Cristo posto in croce di Sant’ Andrea sul braccio vestito di tonaca di Francesco, la mano del quale reca le stigmate; dall’incontro nasce una croce latina (Religione dei frati minori cappuccini).
Patrizio veneziano, cappuccino al secolo Antonio Domenico, Vincenzo Bragadin fu eletto dapprima vescovo di Scardona in Dalmazia; nel 1753, in seguito alla Bolla “Sinceritas fidei” promulgata da papa Benedetto XIV, che concedeva al Senato veneto il privilegio di nominare, oltreché il Patriarca, anche i vescovi di Torcello, Caorle e Chioggia, fu eletto a scrutinio segreto, a grandissima maggioranza, su altri quattro proposti, Vescovo della nostra diocesi, scelta confermata dallo stesso pontefice. Durante i nove anni del suo episcopato clodiense, visitò per tre volte le parrocchie e curazie della diocesi, ottenne dal Papa il privilegio a scanso di disordini, di celebrare due ore dopo il tramonto della vigilia, invece che alla mezzanotte, la Messa di Natale (1753) e diede inizio ai lavori di costruzione del Duomo di Cavarzere (1755).
Morì il 21 giugno 1762 e fu sepolto presso i gradini dell’altar maggiore della Cattedrale. Per testamento ordinò che i suoi pochi beni fossero venduti per costituire i capitali per la celebrazione di SS. Messe agli anniversari della sua morte e per soccorrere i poveri della città. Durante la vacanza della sede il 24 agosto 1762, dopo 17 anni (1745), durante i quali l’immagine del Cristo di S. Domenico era rimasta custodita in una cappella provvisoria presso il recinto dell’attuale santuario si ripeté la tradizionale processione lungo il corso di Chioggia (la seconda, per la storia) per riportare il Crocefisso nel nuovo tempio, peraltro non ancora del tutto ultimato.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 62″ tab_id=”1458205662735-14e04248-a4ec”][vc_column_text]
SECOLO XVIII
GIOVANNI MOROSINI
LXII
1770 – 1773
Partito: nel primo d’argento a tre monti all’italiana di verde sormontati da una croce latina di nero, caricata alla base dal motto PAX (Religione dei cassinesi); nel secondo d’oro alla banda d’azzurro.
Successore del Gradenigo, lo storico autore della “Serie de’ Podestà di Chioggia”, che fu suo allievo, mons. Giovanni Morosini, monaco cassinese, nato a Venezia nel 1719 da nobile e illustre famiglia veneziana, predicò la quaresima nella nostra Cattedrale nel 1767, dimostrando feconda arte oratoria. Fu scelto dal senato veneto, dopo essere stato consacrato vescovo a Roma da papa Clemente XIV, nel 1770 a succedere allo stesso Gradenigo, trasferito alla diocesi di Ceneda.
L’opera sua più importante fu l’acquisizione del demanio del soppresso convento di S. Domenico per destinarlo a sede del primo Seminario. Avendo il Senato veneto deciso il 9 settembre 1768 la soppressione di quei conventi in cui si trovavano meno di 12 religiosi concentrandoli a Venezia, questa sorte toccò a Chioggia anche ai due conventi degli Agostiniani di S. Nicolò e dei Domenicani nell’isola omonima. Colta quest’occasione, il Morosini acquistò per 1000 ducati il convento dei secondi e vi aprì due scuole, compresa quella di grammatica sostenuta dal Comune, e ottenendo che l’attiguo santuario di S. Domenico funzionasse come chiesa dello stesso Seminario. Era il primo passo, dopo 57 anni di tentativi, per l’istituzione del Seminario in città.
Il Morosini diede, inizio alla costruzione della Chiesa di S. Pietro d’Adige (benedetta ne1770), consacrò nel1772 la nuova chiesa dei Filippini e quella delle Cappuccine (ore cappella dell’attuale seminario). Trasferito alla diocesi di Verona, lasciò Chioggia il 16 febbraio 1773, dopo soli due anni, sei mesi e 14 giorni di episcopato. In quella diocesi rimase 16 anni, vi tenne il Sinodo, ampliò il Seminario e morì il 18 agosto 1789. Si ricordò in morte anche della primitiva diocesi clodiense, cui lasciò un calice ed un prezioso completo paramento per la celebrazione della S. Messa.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 63″ tab_id=”1458209989531-7c24010b-c6cd”][vc_column_text]
SECOLO XVIII
FEDERICO M. GIOVANNELLI
LXIV
1773 – 1776
Inquartato: nel primo e nel quarto d’oro all’aquila spiegata e coronata d’azzurro; nel secondo e nel terzo d’azzurro alla navicella al naturale, sul mare d’argento, ondato d’azzurro, d’un palo d’oro, guarnito d’argento, con una sola vela, governata da due giovanelli di carnagione affrontati, uscenti dalla navicella, con le mani appoggiate al palo. Sulle partizioni croce patente d’argento..
Federico M. Giovanelli nacque da nobile famiglia a Venezia nel 1728, famiglia che pare sia fuggita nei tempi remoti dall’Inghilterra per motivi religiosi, arrivando nella città di S. Marco, ove ebbe onorificenze ed uomini di grande valore. Percorse i suoi studi nel collegio dei Gesuiti di Brescia e poi di Roma.
Ritornato a Venezia e ordinato sacerdote, si portò nuovamente a Roma, accolto benevolente dal suo concittadino papa Clemente XIII, da cui ebbe onorificenze. Di carattere schivo ed umile, preferì tornare alla città natale.
Accompagnò a Roma il card. Priuli, vescovo di Vicenza per il conclave convocato per l’elezione del successore dello stesso Clemente XIII. Rifiutati altri prestigiosi incarichi, tornò a Venezia, operando “con gli esempi di una profonda pietà verso Dio e di liberalità verso i prossimi”.
Il Senato Veneto, nonostante le resistenze del Giovanelli, lo propose nel 1773 quale vescovo di Chioggia, essendo rimasta la sede vacante per l’elezione del Morosini a Vescovo di Verona.
Consacrato vescovo a Roma dal card. Rezzonico, entrò in diocesi il 1 novembre. Si diede subito ad incrementare l’istruzione religiosa dei fanciulli, provvide di opportune regole il Seminario, aggiungendovi l’insegnamento della teologia, riacquistò gli arredi sacri asportati dai Domenicani, passati a Venezia, della chiesa di S. Domenico; prescrisse che le sacre funzioni fossero compiute non oltre il tramonto ed elargì generose sovvenzioni per i poveri, specialmente pescatori, perché potessero riparare le loro reti rovinate, tanto che le elemosine assorbivano buona parte delle rendite del suo patrimonio.
Morto nel 1775 il patriarca di Venezia, Giovanni Bragadin, il Senato, assecondando i desideri del popolo, elesse il Giovanelli, che, a malincuore, lasciò Chioggia per passare nella sua diocesi natale, dove diffuse per ben 25 anni il suo zelo ed affrontò periodi particolarmente burrascosi seguiti al crollo della Serenissima. Morì nel 1800, mentre i 35 cardinali, riuniti nell’isola di S. Giorgio, non si erano ancora accordati sulla scelta del futuro nuovo pontefice, che fu poi Pio VII.
Nel nostro episcopio si conserva il ritratto del Giovanelli, che lo raffigura in vesti patriarcali.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 64″ tab_id=”1458210229173-c61c8879-cc93″][vc_column_text]
SECOLO XVIII
GIOVANNI BENEDETTO M. CIVRAN
LXV
1776 – 1795
D’azzurro al cervo passante d’argento, con la testa rivolta.
Nato a Bassano nel 1723 e fatti gli studi letterari a Padova, Giovanni Benedetto M. Civran fu nominato dal Senato Veneto nel 1769 vescovo di Caorle e nel 1776 vescovo di Chioggia. Preso possesso in forma privata della Diocesi, durante il suo episcopato si succedettero in Chioggia avvenimenti listi e tristi, il più importante dei quali fu l’arrivo in città, avvenuto il 10 marzo 1782, di papa Pio VI, diretto a Vienna e incontrato dal Civran a Cavanella Po insieme al podestà Gradenigo. Alloggiò il pontefice in palazzo Grassi “splendidamente addobbato di cuoi dorati, di arazzi e di magnifiche suppellettili”. Il papa si assise “su un magnifico seggiolone di legno dorato, stile impero, scolpito con putti e frutta di grandissimo pregio, il quale per via di successione passò alle monache di S. Croce. Soppresse queste dalle leggi napoleoniche, la preziosa sedia venne ad abbellire la chiesa di S. Domenico”; essa fu poi ceduta al podestà Antonio Naccari, che la lasciò al figlio Achille Brusomini Naccari.
Morto questo, la di lui moglie cedette il prezioso cimelio ad un artista veneziano e di esso non si seppe più nulla. “Sopra il seggiolone in un fregio aggiunto, leggevasi la seguente iscrizione: “Die XI Martii _ cum pernoctasset – Clodiae in palatio Crassi – Pius VI Pont. Max. – hac sede usus fuit”.
Il mattino seguente il papa benedisse dal palazzo la folla e nel pomeriggio, essendo il tempo burrascoso e sconsigliabile la traversata in laguna, ripiegò per la via fluviale lungo il Brenta, quindi, per Mira e Mestre raggiunse Venezia, accompagnato fino al confine della diocesi dal nostro vescovo Civran. A ricordo dell’avvenimento, è tuttora visibile, seppur in cattivo e deplorevole stato, una lapide sotto l’arco della Torre di S. Maria, un’altra ai fianchi dell’ingresso di palazzo Grassi ed una terza nella chiesa di S. Andrea, cui il Papa accordò, prima di lasciare Chioggia, l’indulgenza plenaria per i fedeli che l’avessero visitata. Analogo incontro ebbe il Civran a Venezia allorché il Papa fu di ritorno da Vienna il 15 maggio.
Si prese cura delle Zitelle trasferendole dalla piccola casa presso la Confraternita di S. Francesco all’ex convento agostiniano di S. Nicolò e s’interessò pure della fabbrica in altra località delle casette destinate alle stesse Zitelle come alloggio gratuito del Gran cancelliere Antonio Vacca e prima situate dietro l’abside del vecchio Duomo (si ricordi la situazione inversa est-ovest di quest’ultimo).
Questa opera fu in seguito affidata alla Congregazione di Carità fino ai primi decenni di questo secolo (era situata in Ramo Casette, tra calle Airoldi e calle Scura Airoldi) quando fu aperta la casa di ricovero femminile di Ca’ di Dio.
Particolari cure il Civran dedicò al Seminario: sospesa, per la soppressione dei Domenicani, la ricostruzione della Chiesa di S. Domenico, si occupò perché i lavori continuassero, usufruendo dell’eredità del vescovo Antonio Grassi e dando in pegno persino la sua croce pettorale. Effettuò due visite pastorali (1777 – 79 e 1785 – 94), si interessò di questioni curiali ed ecclesiastiche, elevò ad arcipretale la parrocchia di Ognissanti di Pellestrina (1791) e consacrò la chiesa di S. Giacomo (1790), meritandosi l’elogio al Senato da parte del podestà Almorò Tiepolo II (1792).
Allorchè ormai sperava di veder compiuto l’amato seminario, cui aveva destinato tutti i suoi libri e il suo ritratto, e per cui aveva fatto stampare i regolamenti, la morte lo colse il 28 ottobre 1794. Fu tumulato in Cattedrale, mentre il suo cuore, per sua disposizione testamentaria, fu chiuso in una cassetta di piombo per essere conservato nella biblioteca del Seminario. Il Comune fece murare una lapide sulla porta dell’ex Seminario (ore caserma della Guardia di Finanza) per perpetuarne la memoria con questa dicitura: “Antonio Crasso / Clodiensi / Aere suo ex test. auctori / Io. Benedicto M. Civrano / Veneto / Ex liberalitate publica / Amplificatori et Istitutori / Clodiae episcopis / Municipes / MDCCLXXXXIIII”.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 65″ tab_id=”1458210687433-feee75d3-4f90″][vc_column_text]
SECOLO XVIII
STEFANO DOMENICO SCERIMAN
LXVI
1795 – 1807
Inquartato: nel primo d’azzurro a quattro stelle (6) d’argento poste 1, 2, 1. Nel secondo e nel terzo d’oro all’aquila bicipite di nero e coronata dello stesso, nel quarto d’azzurro alla fede di carnagione, sormontata da un cuore ardente. Al capo di bianco, cappato, alzato d’azzurro (dovrebbe invece essere nero) caricato dal cane rivoltato, corrente al naturale, ingollante una torcia fiammeggiante posta in banda, timbrato da una corona all’antica attraversata da un decusse formato da una palma di martirio in banda al naturale e da un gambo di giglio fiorito e fogliato in sbarra al naturale, il tutto sormontato da una stella (8) d’oro. (Religione dei frati predicatori).
Stefano Domenico Sceriman, ultimo vescovo clodiense del XVIII secolo, nato a Venezia nel 1729, dei PP. Predicatori, cavaliere dei SS. Giovanni e Paolo, fu nel 1776 eletto vescovo di Caorle dal Senato Veneto, dopo essersi addottorato in filosofia e teologia. Successe al Civran, già vescovo di Chioggia, dopo la cui morte, avvenuta nel 1794, lasciò, dopo 19 anni, la sede al Peruzzi per passare nella nostra diocesi nel 1795.
Si prodigò nelle cure per il nostro Seminario e nell’istruzione religiosa e civile del popolo, affidando le scuole serali di S. Nicolò ai preti del Calasanzio. Vescovo caritatevole, fece costruire a sue spese il ponte in legno che univa la città all’isola di S. Domenico, ove allora aveva sede il Seminario e provvide il Duomo di Chioggia di opere di abbellimento. Consacrò nel 1800 l’antico Duomo di Cavarzere e nel 1821 la chiesa di Sottomarina, ricostruita dalle fondamenta fin dal 1715.
Lo Sceriman visse i tempi torbidi delle dominazioni francese e austriaca, durante i quali si succedettero quattro mutamenti di governo in pochi anni; non ricorse all’arma dell’intransigenza, ma a quella della prudenza e del senso della misura. Pochi giorni dopo l’occupazione francese della città nel 1797, il popolo chioggiotto dapprima favorevole, si ribellò al grido di “Viva S. Marco!” e fu lo stesso Sceriman che dalla scalinata del vecchio palazzo comunale rabbonì la folla tumultuante.
E di nuovo egli fece sentire la sua voce, allorché nel 1800, giunti gli austriaci, avvenne la storica “sollevazione del Cristo” ed egli riuscì nuovamente a calmare gli animi esagitati del popolo.
Durante il suo episcopato, di passaggio per la via di mare diretto a Pesaro, il papa Pio VII entrò in territorio diocesano sostando a S. Pietro in Volta e a Malamocco. Ritornati per la seconda volta i francesi, questi spogliarono chiese, conventi e seminario e tramutarono in fortezza l’antico tempio della Madonna della Navicella, da cui appena in tempo lo Sceriman, di notte, trasportò nel 1789 la venerata Immagine a Chioggia, prima in S. Francesco fuori le mura e poi (1801) in S. Antonio dei Cappuccini (Ca’ di Dio) da cui, infine, fu traslata nel 1906 nella basilica di S. Giacomo.
Mons. Sceriman morì il 12 giugno 1806 ed ebbe in Cattedrale solenni funerali con una forbita orazione funebre tenuta dal decano, mons. Antonio Manzoni (1734 – 1814) e presentata al Pontefice.
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SECOLO XIX
GIUSEPPE MARIA PERUZZI
LXVII
1807 – 1818
D’azzurro a sei pere gambute e fogliate al naturale, poste 3, 2, 1.
Stefano Domenico Sceriman, ultimo vescovo clodiense del XVIII secolo, nato a Venezia nel 1729, dei PP. Predicatori, cavaliere dei SS. Giovanni e Paolo, fu nel 1776 eletto vescovo di Caorle dal Senato Veneto, dopo essersi addottorato in filosofia e teologia. Successe al Civran, già vescovo di Chioggia, dopo la cui morte, avvenuta nel 1794, lasciò, dopo 19 anni, la sede al Peruzzi per passare nella nostra diocesi nel 1795.
Si prodigò nelle cure per il nostro Seminario e nell’istruzione religiosa e civile del popolo, affidando le scuole serali di S. Nicolò ai preti del Calasanzio. Vescovo caritatevole, fece costruire a sue spese il ponte in legno che univa la città all’isola di S. Domenico, ove allora aveva sede il Seminario e provvide il Duomo di Chioggia di opere di abbellimento. Consacrò nel 1800 l’antico Duomo di Cavarzere e nel 1821 la chiesa di Sottomarina, ricostruita dalle fondamenta fin dal 1715.
Lo Sceriman visse i tempi torbidi delle dominazioni francese e austriaca, durante i quali si succedettero quattro mutamenti di governo in pochi anni; non ricorse all’arma dell’intransigenza, ma a quella della prudenza e del senso della misura. Pochi giorni dopo l’occupazione francese della città nel 1797, il popolo chioggiotto dapprima favorevole, si ribellò al grido di “Viva S. Marco!” e fu lo stesso Sceriman che dalla scalinata del vecchio palazzo comunale rabbonì la folla tumultuante.
E di nuovo egli fece sentire la sua voce, allorché nel 1800, giunti gli austriaci, avvenne la storica “sollevazione del Cristo” ed egli riuscì nuovamente a calmare gli animi esagitati del popolo.
Durante il suo episcopato, di passaggio per la via di mare diretto a Pesaro, il papa Pio VII entrò in territorio diocesano sostando a S. Pietro in Volta e a Malamocco. Ritornati per la seconda volta i francesi, questi spogliarono chiese, conventi e seminario e tramutarono in fortezza l’antico tempio della Madonna della Navicella, da cui appena in tempo lo Sceriman, di notte, trasportò nel 1789 la venerata Immagine a Chioggia, prima in S. Francesco fuori le mura e poi (1801) in S. Antonio dei Cappuccini (Ca’ di Dio) da cui, infine, fu traslata nel 1906 nella basilica di S. Giacomo.
Mons. Sceriman morì il 12 giugno 1806 ed ebbe in Cattedrale solenni funerali con una forbita orazione funebre tenuta dal decano, mons. Antonio Manzoni (1734 – 1814) e presentata al Pontefice.
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SECOLO XIX
GIUSEPPE MANFRIN PROVEDI
LXVIII
1818 – 1830
Troncato: nel primo d’oro a tre rose d’argento poste 1, 2. Nel secondo di verde al monte all’italiana (3) di porpora.
Nato a Venezia nel 1750, si trasferì, dopo l’ordinazione sacerdotale, a Vicenza e nel 1875 fu eletto arciprete di Schio. Nel 1816, per meriti acquisiti fu nominato dal Governo austriaco cavaliere della Croce di Ferro e nel 1819, su proposta di papa Pio VII, fu consacrato Vescovo in Venezia e designato a reggere la diocesi di Chioggia. Fatto l’anno successivo il suo ingresso in diocesi, il 21 aprile 1821, sabato santo, procedette alla ordinazione sacerdotale, nella chiesetta della SS. Trinità, del filosofo Antonio Rosmini-Serbati, che fu ospitato dal Provedi in Vescovado.
Il Provedi ebbe parte importante per il ripristino a Chioggia della Congregazione dell’Oratorio, di cui ottenne il legale riconoscimento, e per la riapertura al culto, nel 1823, della chiesa di S. Francesco interno (Muneghette), costituita in rettoria dalla Cattedrale, dopo un radicale restauro.
Rivolse particolare cura all’educazione religiosa e anche professionale della gioventù, sostenendo il convento di S. Caterina per le figlie del popolo e aprendo una filanda per dare lavoro a più di 400 ragazze. Consolidò il Seminario, sistemato nell’ex convento delle Cappuccine, incrementandone gli studi letterari e filosofici.
Fu vescovo di grande generosità e sostenne varie opere di carità senza risparmiare del proprio. Ristabilì la festa della B.V. della Navicella in S. Giacomo al 20 luglio e provvide la chiesa nel 1806(?) di un elegante altare per l’immagine dell’Apparizione, sistemato a sinistra del tempio; nel 1824 ne fu eretto un altro, in marmo di Carrara e collocato nel 1827 nella cappella laterale all’altare maggiore a sinistra, fregiato di stucchi e di spalline di candidissimo marmo (ora cappella del SS. Sacramento). Successivamente, com’è noto, nel 1908 fu costruito l’attuale altar maggiore.
Tentò di erigere a parrocchia la popolosa borgata di Taglio di Po; al cui curato concesse la piena giurisdizione parrocchiale, smembrandola dalle parrocchie di Donada e Contarina. Morì il 6 gennaio 1829. (?)
Di particolare curiosità la decisione presa dal vescovo Pròvedi di far costruire una gradinata in legno davanti l’altar maggiore della Cattedrale, affinché le sacre funzioni fossero meglio seguite dai fedeli, gradinata rimossa però alla sua morte.
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SECOLO XIX
ANTONIO SAVORIN
LXIX
1830 – 1842
Semitroncato partito: nel primo d’azzurro a tre stelle (5) d’oro, poste 1, 2,. Nel secondo al mare ondoso d’argento e d’azzurro. Nel terzo d’argento all’albero frondoso al naturale piantato sul monticello di verde.
Il 79° vescovo di Chioggia mons. Alfredo Magarotto, designato a succedere a mons. Sennen Corrà e predecessore dell’attuale mons. Angelo Daniel, fu il terzo vescovo d’origine padovana a reggere la nostra Diocesi. (1)Lo hanno preceduto due tra i più illustri vescovi della storia ecclesiastica clodiense: mons. Antonio Savorin e mons. Jacopo De Foretti.
Il primo nacque a Torreglia (distretto di Teolo, diocesi di Padova) il 16 giugno 1769. Ordinato sacerdote nel seminario patavino, fu prescelto dal Vescovo Dondi dell’Orologio (di chiara discendenza chioggiotta, lontano parente di quel Giovanni Dondi dell’Orologio, che a Padova da Chioggia si trasferì, insieme al padre Jacopo, verso il 1349 e inventore del bel noto Astrario) come insegnante di grammatica, belle lettere e storia sacra, tenendo poi la cattedra di Diritto canonico nel Seminario padovano e all’Università quella di eloquenza. Dopo essere stato per 12 anni Arciprete a Breganze (VI), nominato Vescovo di Chioggia da papa Pio VIII nel 1830, fu consacrato a Venezia e fece il suo ingresso solenne in diocesi l’11 settembre dello stesso anno.
Fu il Savorin uomo veramente dotto, energetico, caritativo. La sua dottrina ebbe encomi da Roma, ed a lui ricorrevano per consiglio eminenti prelati, come il patriarca di Venezia”.(2) Fu lui a invitare (1833) l’allora suor Maddalena di Canossa a Chioggia allo scopo di fondarvi, presso il convento di S. Caterina, un istituto per le giovani pericolanti (intento raggiunto solo nel 1855); nel frattempo il Savorin affidò l’Istituto, denominato “Suore della Carità e della cristiana misericordia”, al filippino p. Giuseppe Renier.
Dedicò particolari cure al Seminario sia nel campo degli studi che in quello strutturale: ottenne, infatti, l’accesso agli studi filosofici anche a quei giovani che non aspiravano al sacerdozio. Fatto unico nella storia ecclesiastica della diocesi conferì il 31 maggio 1835 in Cattedrale la consacrazione episcopale al can. Antonio Maria Calcagno, Arciprete della stessa Cattedrale, eletto vescovo di Adria (autore, tra le altre, della preziosa operetta: “Storia dell’apparizione di Maria Vergine sul lido di Chioggia”, Venezia, 1823).
Fu uomo di così grande spirito caritativo che il Viceré Ranieri ebbe a dirgli: “Monsignore, per i poveri vendereste la vostra croce!”, cui mons. Savorin rispose: “Non sarei padre se altrimenti facessi!”. Durante il suo episcopato si verificarono due epidemie di colera (1835-36), una tremenda alluvione del Po (1839) che, durata ben 77 giorni, travolse la chiesa parrocchiale di Ca’ Venier, e a Chioggia un’eccezionale alta marea, che allagò totalmente la città e che fu chiamata “l’acqua di S. Nicolò” (6 dicembre). Ma, come detto, prerogativa di mons. Savorin fu la generosità “oltre ogni misura, fino a condividere l’ultimo pane con i suoi figli”.(3)
Morì la notte del 25 dicembre 1840; nel suo testamento lasciò ai poveri quel poco che ancora teneva e all’Istituto di S. Caterina 18 campi in quel di Padova. Dopo i solenni funerali, fu sepolto, come era allora d’uso, nella tomba dei Vescovi in Cattedrale, mentre il suo busto in gesso, modellato dal protomastro Antonio Carisi, fu conservato nella Biblioteca del Seminario.
1. E’ il 69° Vescovo secondo il Pagan in “Spunti di storia ecclesiastica clodiense”, 1933, e secondo il Razza in “Storia popolare di Chioggia”, 1898, mentre nella cronografia della Curia Vescovile risulta il 75°, non tenendo conto dei 4 vescovi, tre rinunciatari e uno morto prima di essere consacrato, succedutisi tra il 1286 e il 1290.
2. D. Razza, “Storia popolare di Chioggia”, Duse, 1898.
3. F. Pagan, “Spunti di storia ecclesiastica clodiense”, Chioggia, 1933.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 69″ tab_id=”1458214946379-8b4350a1-19f1″][vc_column_text]
SECOLO XIX
JACOPO DE FORETTI
LXX
1842 – 1871
Partito: nel primo d’azzurro alla Beata Maria Vergine al naturale, movente dalle nuvole, con accantonate al capo due teste di angioletti; nel secondo, troncato: nel primo d’oro all’aquila bicipite spiegata di nero, nel secondo d’argento alla rosa al naturale, gambuta e fogliata di verde, alla fascia ristretta di rosso alla biscia ondeggiante d’argento, sulla partizione.
Mons. Jacopo nob. De’ Foretti fu uno tra i Vescovi più longevi nella reggenza della diocesi di Chioggia ed è annoverato come un’altra figura di spicco nella storia ecclesiastica clodiense.
Nato a Padova, da famiglia nobile per casato e virtù, il 16 luglio 1783, fu ordinato sacerdote nel patrio seminario e ben presto ricevette le cariche di esaminatore presinodale, pro-vicario della diocesi patavina, vicario generale nel 1835 e decano del Capitolo. Con i propri mezzi “fondò in Padova due Istituti, uno per le penitenti, chiamato del “Soccorso”, l’altro per le fanciulle abbandonate e pericolanti, chiamato di “ S. Caterina”, per i quali fu decorato dall’Imperatore d’Austria con medaglia d’oro e nastro al valore civile”.
Uomo “mite e dolce nei modi, generoso, pio ed erudito” fu preconizzato nel 1842 Vescovo di Chioggia da papa Gregorio XVI e destinato a succedere all’altro padovano mons. Savorin. Consacrato a Padova nel 1843, fece il suo ingresso in Diocesi pochi giorni dopo, accolto solennemente dalla banda cittadina, che fece allora la sua prima apparizione ufficiale in città. Suo primo pensiero fu quello di realizzare il desiderio del suo predecessore di fondare l’Istituto Canossiano a Chioggia. A tale scopo, dopo lunghe trattative, acquistò dal Demanio nel 1851 per austriache lire 9000 l’antico convento delle Benedettine, in calle S. Caterina, e, aggiuntovi del suo, l’Istituto poté iniziare la sua preziosa opera l’8 febbraio 1855.
Al vescovo De Foretti si deve l’istituzione dell’ospedale civile di palazzo Grassi, dove ebbe sede fino agli anni ’60. E’ noto come anticamente Chioggia disponesse di due angusti ospedali, l’uno chiamato “Ca’ di Dio” (Fuori Porta Garibaldi, sede attuale della biblioteca comunale) e l’altro di “S. Croce (ora Capitaneria di Porto), ridottisi più tardi (1585) a uno solo, essendo stato il primo trasformato in convento dei PP. Cappuccini. Nel 1845 il vescovo acquistò da un certo Zadra il magnifico palazzo dei Grassi, nobile famiglia chioggiotta, dove nel 1782 aveva pernottato papa Pio VI diretto a Vienna; costato 42.857 lire austriache e 14 cent., quasi interamente sborsate dal De’ Foretti, fu nel 1851 da lui donato al Municipio (potestà Antonio Naccari) per adibirlo ad ospedale, con un ritardo, però, di sei anni, a causa dell’incendio del vecchio palazzo municipale del 1817, che costrinse ad adibire palazzo Grassi a sede provvisoria, fino al 1848, degli uffici comunali.
Anche il Seminario fu nelle cure particolari di mons. De Foretti: ne intensificò le regole disciplinari, nominando predetto don Angelo Zennaro e inviando alcuni studenti di teologia presso il Seminario di Padova, tra cui don Antonio Boscolo, fondatore di un Istituto di Carità nella zona del Perotolo in Chioggia (ora Istituto delle Suore del S. Volto).
Sotto il suo episcopato, fu riedificata la chiesa di Taglio di Po (1862); anteriormente erano state erette quelle di Boccasette (1848) e di Ca’ Venier (1851), distrutta nel 1839 dall’alluvione del Po, quella di Donada (1858) e di una quinta si iniziò la costruzione a Sottomarina, l’attuale chiesa di S. Martino, costruzione poi sospesa, ripresa nel 1898 per opera del parroco don Gioacchino Tiozzo, benedetta nel 1900 da mons. Marangoni e consacrata ufficialmente solo nel 1950 da mons. Ambrosi. Oltre a queste, mons. De’ Foretti consacrò le chiese di S. Pietro in Volta e Portosecco nel litorale lagunare (1844) e la parrocchiale di Contarina (1845).
Al suo ritorno da Roma nel 1854 dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria da parte di papa Pio IX, ottenne da costui la facoltà (con Breve Ap. Del 16.12.1858) di incoronare solennemente l’immagine della “Madonna di Marina” con un aureo e prezioso diadema, manifestazione che fu da lui altrettanto solennemente ripetuta nel 1863 per l’immagine della Madonna dell’Apparizione di Pellestrina. Dopo un “vuoto” di circa 200 anni, indisse il XVI Sinodo Diocesano. Al De’ Foretti si deve pure l’insediamento a Chioggia della Compagnia di Gesù in S. Domenico nel 1864, dove i Gesuiti diedero inizio alla costruzione del convento, opera non ultimata causa il loro allontanamento nel 1866 per disposizione (o timore) del Governo nazionale (chiesa e convento furono demaniati).
Il De’ Foretti visse i tempi travagliati e fortunati del 1848, durante i quali tenne un “contegno prudente facendosi piacere fra il contrastare dei partiti”(1), non disdegnando di intervenire tra il popolo e, “senza compromettere la verità ed il dovere, salvò lui e il gregge”(2).
Affranto dall’età – contava 84 anni e 24 di episcopato – mons. De’ Foretti morì il 25 aprile 1867; l’elogio funebre fu tenuto dal can. Gaetano Duse, filippino, dallo stesso vescovo eletto Vicario generale e che alla sua morte rimase per 5 anni Vicario Capitolare. Il De’ Foretti fu l’ultimo vescovo che ebbe sepoltura in Cattedrale, usanza ripristinata dopo circa un secolo da mons. Piasentini, di venerata memoria.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 70″ tab_id=”1458215490791-3eac47ea-9ad3″][vc_column_text]
SECOLO XIX
DOMENICO AGOSTINI
LXXI
1871 – 1877
Troncato: nel primo d’azzurro alla croce latina e all’ancora poste in decuse e sormontate da una stella (5), il tutto d’argento; nel secondo di rosso al cane fermo d’argento, sostenuto da una pianura d’oro
Trevigiano addottorato in filosofia e giurisprudenza, fu ordinato sacerdote nel 1851; insegnante per alcuni anni nel patrio seminario e vicario perpetuo della sua Cattedrale, fu consacrato a Venezia nel tempio della B.V. della Salute il 17 dicembre 1871 ed eletto vescovo di Chioggia, nella cui diocesi fece il suo ingresso ufficiale il 17 marzo 1872.
Fu un vescovo eminentemente popolare: di portamento maestoso, di voce dolcissima, baritonale, modesto ed affabile nel tratto (1). Diede maggiore impulso all’antica Società del “Pio Sovvegno” di mutuo soccorso fra sacerdoti fondata nel 1714; eresse la parrocchia di S. Antonio di Pellestrina (l’antica Correggio) e curò la fioritura di istituzioni benefiche quali l’Istituto Bonaldo (1858) e quello di S. Giuseppe, fondato da p. Emilio Venturini d.O. (1873), la pia Casa d’industria di S. Nicolò (1876) per giovani apprendisti, il Patronato dei fanciullo abbandonati (diretto da don Gerolamo Voltolina, detto il “prete Mòmolo” ) nell’ex convento dei Gesuiti a S. Domenico, l’Istituto Rossi per le orfane dei pescatori periti in mare e la Casa di ricovero maschile, eretta dalla Congregazione della Carità fin dal 1862.
In seguito ad alcuni fatti prodigiosi, curò che la Crocefisso di Cavarzere, opera di Domenico Paneghetti detta Ciòssego, fosse trasferito in una decorosa cappella, che divenne meta di continui pellegrinaggi. Eletto nel 1877 patriarca di Venezia, nello stesso anno ritornò due volte a Chioggia in occasione dei funerali di Vittorio Emanuele II e del papa Pio IX. Elevato all’onore della porpora del papa Leone XIII (1822), morì a Venezia nel 1891.
1. Cfr. F. Pagan, “Spunti di storia ecclesiastica clodiense”, 1933.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 71″ tab_id=”1458215170964-65ce9111-d52f”][vc_column_text]
SECOLO XIX
SIGISMONDO BARDOLINI ROTA
LXXII
1877 – 1877
Scudo non blasonato
Nato nel 1823 a S. Casciano del Meschio, diocesi di Ceneda, Sigismondo dei conti Brandolini Rota, patrizio veneto, fu arciprete di Miane, in provincia di Treviso. Preconizzato a Vescovo di Chioggia nel 1877, fece istanza al papa Pio IX di esserne dispensato. Accettò, invece, la Coadiutoria con futura successione nel Vescovado di Ceneda-Vittorio Veneto, che tenne fino al 1885. Morì l’8 gennaio 1908.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 72″ tab_id=”1458216204715-9e04a531-85d7″][vc_column_text]
SECOLO XIX
LUDOVICO MARANGONI
LXXIII
1877 – 1908
D’azzurro al palmipede di nero rivoltato, sostenuto da uno scoglio al naturale e sormontato dal sole d’argento orizzontale a destra. Al capo d’argento al braccio nudo di Cristo posto in croce di Sant’ Andrea sul braccio vestito di tonaca di Francesco, la mano del quale reca le stigmate; dall’incontro nasce la croce latina, il tutto fra le nuvole (Religione dei frati minori conventuali).
Mons. Ludovico Marangoni
Vicentino, dei Minori Conventuali. Ordinato sacerdote nel 1843, addottoratosi in filosofia e teologia, uomo di lettere, fu ministro generale del suo Ordine in Roma e intervenne al Concilio Vaticano del 1870. Consacrato Vescovo a Roma da Papa Pio IX nel 1875, fu trasferito a Chioggia nel 1877 per ricoprire la sede vescovile lasciata vacante da mons. Agostini, eletto patriarca di Venezia. Resse la diocesi clodiense per oltre 30 anni distinguendosi per le sue doti precipue di dottrina e carità.
Consacrò la chiesa di Pettorazza Grimani (1891), aprì l’Istituto delle Canossiane di Cavarzere (1890) e di Malamocco (1898), celebrò 25° dell’incoronazione della Madonna del Apparizione di Pellestrina (1888) e il 150° del trasferimento dell’immagine della Madonna della Carità di Loreo nella parrocchiale(1889), benedisse la nuova cappella del cimitero di Chioggia (1885) e intervenne all’inaugurazione della ferrovia Chioggia – Rovigo(1887) e dell’acquedotto (1888). Governò la diocesi in un periodo politicamente abbastanza burrascoso per la città; fece riaprire al culto la chiesa di S. Martino in Chioggia fece costruire l’attuale urna d’argento, che raccoglie le reliquie dei SS. Patroni Felice e Fortunato, opera del prof. Aristide Naccari (dopo aver proceduto alla loro ricognizione e ricomposizione) nel 1905. Mons. Marangoni provvide anche alla definitiva sistemazione del seminario (1887), fece tornare in Congregazione di Chioggia i PP. Filippini, espulsi nel 1867 in seguito alle leggi eversive (1883) e vi chiamò i Padri Salesiani (1899). Infine fece costruire le chiese di Ca’ Emo (1902), completò quella si S. Martino di Sottomarina (1910), elevò a basilica la chiesa di S. Giacomo (1906) e partecipò alla processione del Cristo di S. Domenico (1901). Lasciò un prezioso testamento spirituale e prima della sua morte, avvenuta nel 1908, dettò questi versi del tutto inediti: “Dammi, o mio buon Gesù / del ciel la santa pace, / eppoi fa pur di me / quel che ti piace. / Venga, o mio buon Gesù, / venga la morte, / ma tu del tuo bel ciel / m’apri le porte. / M’apri del tuo ciel / le porte, o Dio, /perché vi possa entrar / felice anch’io”.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 73″ tab_id=”1458216454039-56d29040-f9e3″][vc_column_text]
SECOLO XX
ANTONIO BASSANI
LXXIV
1908 – 1920
D’argento alla sbarra d’azzurro; in punta alla navicella al naturale vogante sul mare agitato d’azzurro, sormontata a sinistra da una stella (6).
Mons. Antonio Bassani
Chioggiotto di nascita. Fu nominato dal vescovo Marangoni, dopo la morte di mons. Bonaldo, nel 1904 Vicario generale della diocesi. Su istanza dello stesso venerando vescovo fu eletto dal papa Pio X nel 1905 alla carica di vescovo titolare di Delco e coadiutore con diritto di futura successione nel Vescovado di Chioggia, quindi vescovo di Assisi. Vescovo di Chioggia dal 1908, rivolse le sue particolari cure al seminario, elevò a parrocchia la curazia di S. Pietro d’Adige, consacrò quindi la chiesa di Tolle, Prostrato dalle sofferenze dovute alle calamità succedutesi nel corso del primo conflitto mondiale e dalle precarie condizioni di salute, fu costretto a ritirarsi nel 1918 prima a Roma, poi a Bologna, dove morì nel 1925.
Nato a Chioggia il 16 agosto 1853, fu ordinato sacerdote il 23 settembre 1876 dal vescovo Agostini; docente nel locale Seminario, ottenne, per interessamento dello stesso vescovo Marangoni, da papa Leone XIII l’onorificenza di Cameriere d’onore e la Croce pro Ecclesia et Pontifice. Fu sempre dallo stesso nominato Vicario generale e poi suo coadiutore, considerata la veneranda età del presule. Il papa Pio X lo elesse nel 1905 vescovo titolare di Delco e ufficialmente coadiutore con diritto di futura successione nell’episcopato della diocesi clodiense.
Ricevette la consacrazione episcopale a Firenze il 30 maggio 1905 e si accinse tosto, come delegato del Vescovo, alla visita pastorale della diocesi. Assunto con rito privato l’incarico ufficiale della reggenza della diocesi il I dicembre 1908, gettò le basi per l’indizione di un sinodo, di cui egli stesso si pose ad elaborare le costituzione.
Celebrò con solennità nel giugno 1910 l’8° centenario della traslazione della sede vescovile e delle reliquie dei SS. Martiri Felice e Fortunato da Malamocco a Chioggia (1110). Benedisse la restaurata e ampliata chiesa di Rosolina (1909), consacrò l’altare del Crocefisso di S. Domenico, eresse a parrocchia la curazia di S. Pietro d’Adige (1915) e consacrò la chiesa di Tolle (1909). Di salute malferma, venne affiancato per disposizione del papa Benedetto XV, in qualità di Amministratore Apostolico, da mons. Luigi Paulini, vescovo di Nusco (1916). Nel corso della grande guerra mons. Bassani rivolse le sue energie per la fondazione di un grande Istituto che ospitasse gli orfani di guerra e i trovatelli, ma l’aggravarsi delle sue condizioni di salute lo indusse a malincuore a comunicare al papa la sua rinuncia al governo della diocesi. In sua vece il papa, fino alla nomina del nuovo Vescovo, nominò il 3 ottobre 1918 Amministratore Apostolico il card. Pietro La Fontaine, patriarca di Venezia. In questo periodo avvenne lo smembramento dal territorio della diocesi di Chioggia della parrocchia di Malamocco, che fu aggregata a quella di Venezia.
Il vescovo Bassani si ritirò a Roma nel settembre 1918 e fu nominato dal papa Vescovo titolare di Troade; nel maggio 1919 si trasferì a Bologna, non dimenticando la sua vecchia diocesi, nella quale ritornò il 18 ottobre 1925 in quel di Rottanova per la benedizione delle nuove campane della parrocchiale.
Morì a Bologna l’11 novembre 1925. Le sue spoglie mortali furono traslate a Chioggia e sepolte accanto a quelle del suo predecessore, mons. Marangoni (in seguito trasferite in Cattedrale). I solenni funerali furono celebrati il 14 dal vescovo Mezzadri, che gli era succeduto dopo due anni di vacanza della sede (1918-20), durante i quali venne riaperto dopo la chiusura per motivi bellici, il seminario con la Biblioteca e l’Archivio.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 74″ tab_id=”1458221604870-c7c3d360-f42a”][vc_column_text]
SECOLO XX
DOMENICO MARIA MEZZADRI
LXXV
1920 – 1938
Interzato in fascia: nel primo d’oro all’aquila spiegata di nero; nel secondo d’azzurro al leone d’argento; nel terzo sbarrato d’azzurro e di rosso di sette pezzi.
Mons. Domenico Maria Mezzadri
Nato a San Rocco al Porto in quel di Lodi (MI), il 30 gennaio 1867, Domenico Maria Mezzadri fu ordinato sacerdote l’11 agosto 1889; dopo aver esercitato il ministero pastorale in tre parrocchie del Lodigiano, fu consacrato vescovo nel marzo 1920 nella sua chiesa parrocchiale di S. Angelo Lodigiano e fu nominato vescovo di Chioggia il successivo 22 agosto da papa Benedetto XV.
Fece il suo ingresso il 23 ottobre dello stesso anno e guidò la diocesi clodiense per 16 anni. Celebrò il I Congresso Eucaristico diocesano nel 1923, conclusosi con l’intervento del patriarca di Venezia La Fontaine: durante il solenne pontificale in Cattedrale pronunciò una delle sue più dotte omelie sulla SS. Eucaristia. Effettuò due visite pastorali nel 1922 e nel 1930 e fu pastore attivissimo.
Presiedette nel 1926 alle feste giubilari del Cristo di S. Domenico, a quelle bicentenarie dell’apparizione della Madonna di Pellestrina (1923), incoronò l’immagine della Madonna delle Grazie di Pettorazza Papafava (1923), consacrò l’arcipretale di Ca’Venier (1923) e riaprì al culto la chiesa di S. Michele di Brondolo (1927), benedisse il convento e consacrò la chiesetta dei PP. Cappuccini nel cimitero di Chioggia (1935), fece tinteggiare a sue spese le pareti interne della Cattedrale, partecipò all’inaugurazione del monumento ai caduti di Chioggia con il principe ereditario Umberto di Savoia (1926), celebrò il Congresso Eucaristico (1923), ecc.
Fu vescovo di grande dottrina, frutto questa di un suo studio profondo e continuo, dottrina che egli manifestò nelle sue splendide omelie e nelle lettere pastorali, tutte permeate di dottrina attinta alle fonti della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e specialmente dalla “Somma teologica” di S. Tommaso. Fu anche uomo dotato di profonda pietà ed umiltà: visse poveramente e morì povero improvvisamente la notte dell’8 dicembre 1936. E’ sepolto, per volere del vescovo Piasentini, in Cattedrale insieme alle spoglie dei suoi predecessori, mons. Bassani e mons. Marangoni.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 75″ tab_id=”1458222140463-ab400fc6-b6a7″][vc_column_text]
SECOLO XX
GIACINTO AMBROSI
LXXVI
1938 – 1952
Di rosso a tre gigli al naturale, gambuti e fogliati di verde. Al capo d’azzurro al braccio nudo di Cristo posto in croce di Sant’Andrea sul braccio vestito di tonaca di Francesco, la mano del quale reca le stigmate; dall’incontro nasce la croce latina, il tutto fra le nuvole (Religione dei frati minori capuccini).
Mons. Giacinto Ambrosi
Giovanni Ambrosi, nato a Trieste il 29 gennaio 1887, vestì l’abito cappuccino a Bassano del Grappa nel 1902 assumendo il nome di fra’ Giacinto da Trieste e pronunciando i voti perpetui nel 1908. Il 16 agosto 1909 ricevette l’ordinazione sacerdotale dalle mani del patriarca di Venezia, card. Cavallari, nativo di Chioggia.
Trasferito nel convento di Thiene e poi in quelli di Padova e Thiene per motivi bellici, fu in seguito nominato direttore dello studio filosofico di Udine e si dedicò all’insegnamento. Nel 1923 fu eletto parroco della basilica della Tomba di Adria, dove rimase per 13 anni, ricoprendo altresì la carica di Ministro provinciale dei Cappuccini veneti e portandosi in visita apostolica in due missioni dirette dal suo Ordine in Brasile. Eletto nel dicembre 1937 vescovo di Chioggia dal papa Pio XI, ricevette la consacrazione episcopale il 2 febbraio 1938 nella “sua” parrocchia della Tomba dalle mani del vescovo di Adria, mons. Mazzocco, dell’arcivescovo di Otranto, mons. Cunarollo (già parroco della stessa basilica adriese) e del vescovo di Comacchio, mons. Menegazzi. Prese possesso della diocesi clodiense il 18 marzo successivo.
Pose particolare cura alla ristrutturazione del Seminario, alla ricostruzione e all’incremento delle parrocchie e delle curazie dopo il secondo conflitto mondiale, in cui ebbe parte determinante nelle trattative di resa col comando tedesco di Chioggia. Diede inizio ai lavori di costruzione del Santuario della B. V. della Navicella di Borgo Madonna, a seguito del voto solenne da lui espresso alla Vergine nel momento cruciale della guerra nel 1944 per la salvezza della città. Fondò l’Ente diocesano per l’istituzione degli asili infantili, effettuò la “Peregrinatio Mariae” in tutta la diocesi e tenne il 2° Congresso Eucaristico diocesano. Egli si mostrò uomo attento alla realtà viva e alla cronaca della nostra diocesi. Da ricordare la sua opera di mediazione durante il periodo critico dell’occupazione tedesca di Chioggia, allorche contribuì all’allontanamento delle truppe naziste dalla città il 27 aprile 1945. Visitò due volte la diocesi, nel 1939 e nel 1947. Nel Delta fondò un’impalcatura cristiana d’inserimento nel mondo del lavoro con l’Onarmo e con le Acli, favorendo la creazione del segretariato del popolo per la tutela dei diritti dei lavoratori, la mensa, il circolo ricreativo, le assemblee per lo studio e il dibattito dei problemi e l’azione sociale. Fu il primo ad istituire i cantieri di lavoro per i disoccupati. Attraverso la POA distribuì la carità del papa e aprì una cucina per i poveri nel 1949 con l’istituzione del FAC (Fraterno Aiuto Cristiano). Si impegnò nella fondazione nel 1939 del settimanale cattolico “Il foglietto della domenica” e alla rifondazione, nell’immediato dopoguerra, del settimanale “Nuova Scintilla”, affidandone la direzione a mons. Mario Alfieri. Lasciò la diocesi nel 1951 in coincidenza con la disastrosa alluvione del Po del 1951.
Il 24 dicembre 1951, dopo 14 anni di episcopato a Chioggia, fu nominato Arcivescovo di Gorizia, della cui diocesi prese possesso nel marzo dell’anno seguente. Ritiratosi più tardi nel suo convento di Thiene, vi morì il 26 settembre 1965.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 76″ tab_id=”1458222394828-bcdabfb5-51b3″][vc_column_text]
SECOLO XX
GIOVANNI BATTISTA PIASENTINI
LXXVII
1952 – 1976
Partito: nel primo campo di cielo a tre monti di verde moventi dalla punta, quello di mezzo più alto e sostenente un cestello al naturale, pieno di erba di verde e sormontato da una colomba di bianco, nell’atto di prendere il cibo per distribuirlo (Carità); i laterali sormontati da un cipresso al naturale (Fede e Speranza). (Religione delle Scuole di carità, PP. Cavanis). Nel secondo d’azzurro al fuoco ardente di rosso, sormontato da una stella (6) d’oro. Al capo di rosso al leone passante, alato e nimbato d’oro, tenente con la zampa anteriore destra un libro d’argento aperto scritto delle parole in lettere maiuscole romane di nero PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS.
Mons. Giovanni Battista Piasentini
Mons. Giovanni Battista Piasentini, figura di spicco dell’episcopato clodiense, nacque a Venezia nel 1899 e fu ordinato sacerdote dal patriarca La Fontaine nel 1924. Dal 1931 al 1940 fu rettore del collegio “Cavanis” di Possagno, diretto dalla Congregazione dei PP. Cavanis, nella quale era entrato nel 1916. Il 16 febbraio 1946 fu eletto vescovo di Anagni dopo la consacrazione episcopale ricevuta dal card. Adeodato Piazza. Trasferito alla diocesi di Chioggia il 31 gennaio 1952, vi fece ingresso il 30 marzo. Durante il suo episcopato diede avvio alla costruzione di numerosi edifici religiosi, sociali e ricreativi, tra cui l’Istituto professionale Cavanis di Chioggia, la colonia pedemontana “Clodiensis Stella Maris”, la Casa per gli esercizi spirituali “Madonna del Divino Amore” di S. Anna, il monastero delle Clarisse di Porto Viro; inoltre provvide alle necessità delle popolazioni colpite da varie alluvioni del Po, inaugurò asili e nuove parrocchie nella diocesi, aprì a Donada il Centro di addestramento professionale. Numerose anche le manifestazioni religiose da lui indette, tra cui anche un sinodo (1959).Morì nell’agosto 1987 presso l’Istituto dei PP. Cavanis di Possagno, dove si era ritirato nel 1976 dopo le sue dimissioni per raggiunti limiti di età. Fu sepolto a Chioggia, secondo il suo desiderio, in Cattedrale, nel cui presbiterio, sulla parete nord, è stato anche eretto nel gennaio 2006 un artistico monumento in sua memoria (opera dello scultore G. Longhin).[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 77″ tab_id=”1458223353695-f6d3f8f1-e93d”][vc_column_text]
SECOLO XX
SENNEN CORRÀ
LXXVIII
1976 – 1990
Partito: nel primo d’azzurro al reticolato d’oro; nel secondo di rosso a cinque fasce ondate d’oro. Sul tutto, un pesce d’argento posto in fascia.
Mons. Sennen Corrà
Mons. Sennen Corrà è nato a Salizzole (Vr) il 22 dicembre 1924 ed è stato ordinato sacerdote a isola della Scala (Vr) il 29 giugno 1947. Ha conseguito la licenza in s. Teologia presso l’Università Gregoriana di Roma nel 1949 ed ha insegnato teologia dogmatica nel Seminario di Verona di cui è stato anche vice-rettore. È stato Arciprete nella chiesa di S. Lucia di Verona dal 1960 al 1965 e delegato vescovile per l’ A. C. nel triellio 1964-67 nonché membro del comitato di redazione del settimanale diocesano “Verona Fedele” e canonico della Cattedrale. Dal 1969 al 1° maggio 1976 è stato Arciprete di Cadidavid di Verona.
Eletto vescovo di Chioggia nel 1976 e mantenne la guida della diocesi clodiense fino al luglio del 1989, quando fu nominato vescovo di ConcordiaPordenone, diocesi che lasciò, a sua volta, nel 2000 per raggiunti limiti di età. Morì presso la Comunità di Villa regia a Pordenone il 25 aprile 2005. Nei tredici anni di episcopato in diocesi, avviò, tra l’altro, la costruzione di due nuove chiese (Borgo S. Giovanni e Rosolina) e istituì la nuova parrocchia del Buon Pastore a Sottomarina. Mons. Corrà ebbe l’intuizione e la disponibilità di accogliere in diocesi la Comunità Missionaria di Villaregia, ancora ai suoi albori nel 1981; compì in tutte le parrocchie la visita pastorale che egli definì “Visita pastorale missione”, volendo accentuare il carattere d’incontro con la gente e di invito alla missionarietà della fede. Questo vescovo indisse, celebrò e promulgò anche un Sinodo, il XVIII o della chiesa clodiense (21 febbraio-22 maggio 1988), approvando 348 proposizioni con valore teologico, pastorale o normativo, suddivise nei tre ambiti della missione profetica, sacerdotale e regale del popolo di Dio. Il testo è stato edito in quello stesso anno.[/vc_column_text][/vc_tta_section][vc_tta_section title=”Sezione 78″ tab_id=”1458223520910-09e3f249-afa2″][vc_column_text]
SECOLO XX
ALFREDO MAGAROTTO
LXXIX
1990 – 1997
Semipartito troncato: nel primo d’azzurro a tre stelle (6) d’oro, poste 1, 2. Nel secondo di verde alla casa, alla chiesa, al palazzo di città d’oro, aperte e finestrate di verde, poste in fascia. Nel terzo d’argento al mare d’azzurro, agitato d’argento. Sopra il tutto, croce latina pomellata che in punta si tramuta in ancora, il tutto d’argento.scia.
Mons. Alfredo Magarotto
Il ministero presbiterale a Padova e
l’episcopato clodiense
Mons. Alfredo Magarotto, dal 1990 Vescovo di Chioggia è il nuovo Vescovo di Vittorio Veneto. Alle due comunità diocesane l’annuncio è stato dato ufficialmente sabato mattina 31 maggio ’97: a Chioggia dallo stesso vescovo e a Vittorio Veneto dall’Amministratore diocesano, che ha retto la diocesi dopo la nomina di mons. Ravignani alla sede di Trieste.
Mons. Magarotto è nato a Pernumia in provincia di Padova il 16 febbraio 1997 da Giuseppe e Rosalia, quinto di nove fratelli: una famiglia di profonda fede e grande attaccamento alla Chiesa (un fratello e tre sorelle si sono consacrati nelle Congregazioni Salesiane). Ordinato sacerdote il 9 luglio 1950, don Alfredo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Padova ed ha ottenuto la licenza in Teologia presso la Pontificia università Lateranense. Per circa 17 anni è stato Vicario generale della diocesi di Padova, al fianco dei vescovi Bortignon, Franceschi e Mattiazzo, ricevendo poi la nomina a Vescovo di Chioggia il 22 febbraio 1990 e la consacrazione episcopale per le mani del card. Gattin il 24 marzo della cattedrale padovana.
Il suo ingresso nella diocesi lagunare è avvenuto l’8 aprile 1990, domenica delle Palme, accolto con entusiasmo dal clero e dai fedeli.
I sette anni di episcopato clodiense di mons. Magarotto sono stati caratterizzati da un’intensa attività pastorale, che ha segnato profondamente la vita della diocesi rinnovandola in molti suoi aspetti. Tra le ansie postoliche del Vescovo Alfredo vanno segnalate la cura per le vocazioni e per il Seminario, la romozione dell’Azione Cattolica, l’incentivazione della collaborazione laicale, l’attenzione alle situazioni di povertà e bisogno.
Di una grande cordialità verso la gente, anche la più semplice, il Vescovo Alfredo si è fatto conoscere a tutti per il suo disinvolto transitare, a piedi o in bicicletta, per le vie della città e per la sua frequente presenza nelle diverse zone della diocesi, che si estende sino a tutto il Basso Polesine, una cura particolare ha dedicato al dialogo personale con i sacerdoti, non facendo mai mancare la sua paterna vicinanza benevolenza nelle situazioni più difficili, sia di ministero che di salute.
Mons. Magarotto ha concluso l’anno scorso la sua Visita Pastorale, che lo ha portato a incontrare tutte le comunità parrocchiali della diocesi, verificandone l’attività ed incoraggiandone l’impegno di testimonianza cristiana, ha avviato dall’anno scorso, in maniera organica il cammino di preparazione verso il Giubileo del 2000 aprendo personalmente i lavori dell’apposito Comitato.
Non è mancata in questo episcopato l’apertura universale e missionaria che ha portato mons. Magarotto, oltre che in visita agli emigrati italiani nel Nord-Europa, a incontrare il Vescovo missionario chioggiotto mons. Bonivento nella sua diocesi di Vanimo in Papua Nuova Guinea, e poi a compiere una missione per conto della Conferenza Episcopale Italiana in Thailandia nei primi mesi di quest’anno e, più di recente, a incontrare la comunità multietnica di Sarajevo. Nel marzo di quest’anno ha guidato anche il primo pellegrinaggio diocesano in Terra Santa.
Fedele al suo motto episcopale “Crescamus in Cristum per omnia”, si è prodigato per il dialogo con tutte le realtà del territorio. Ha promosso in modo convinto anche l’attenzione dei messi di comunicazione sociale, in particolare al Settimanale diocesano, e alle esigenze impellenti della “nuova evangelizzazione”.
Per le Chiese del Triveneto mons. Magarotto è responsabile della pastorale sanitaria e della Pastorale sociale e del mondo del lavoro. Nella Chiesa italiana è membro del Consiglio di amministrazione della CEI.
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Il Vescovo Magarotto in udienza dal Santo Padre
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Il Vescovo Alfredo Magarotto
con il suo predecessore Sennen Corrà
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Il Vescovo Alfredo Magarotto in
Papua Nuova Guinea con una curiosa mitria sul capo
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SECOLO XX
ANGELO DANIEL
VESCOVO EMERITO
LXXX
1998 – 2009
Campo di cielo alla campagna desinente in colline e montagne, movente da un mare agitato; dal mare muove un arcobaleno posto in sbarra, il tutto al naturale. Nel cantone destro del capo stella d’oro a 8 punte.
Mons. Angelo Daniel
SCHEDA BIOGRAFICA
Mons. Angelo Daniel è nato a Montebelluna (Tv), nella zona che poi sarebbe diventata parrocchia di san Gaetano, il 12 ottobre 1933, da modesta famiglia di agricoltori (mezzadri/fittavoli).
Entra nel Seminario vescovile di Treviso in classe III media, nell’autunno 1945, frequenta il normale itinerario: ginnasio, liceo classico, propedeutica, teologia. E’ ordinato sacerdote il 24 giugno 1956 con altri quattordici compagni di classe. Viene quindi destinato al Seminario diocesano come insegnante di lettere nella scuola media e anche di storia in ginnasio. Nel contempo frequenta per un quadriennio la Facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Padova finché nuovi incarichi impegnativi gli vengono affidati: Delegato diocesano vocazioni, Assistente diocesano dei fanciulli cattolici (erano allora circa 10.000); nel 1961 è nominato Vice Rettore per la scuola media (circa 200 erano gli alunni); e nel 1968 diventa Pro Rettore. Nel 1974 viene nominato Arciprete di Galliera Veneta dove rimane per quindici anni, fino al 1989. Per un periodo e anche Vicario Foraneo, membro del Consiglio Presbiterale e del gruppo Parroci Consultori.
Nel 1989 viene nominato dal vescovo mons. Paolo Magnani Vicario Generale e Moderatore della Curia. E’ anche Presidente dell’Opera San Pio X e del Consiglio di Amministrazione della casa del clero.
Eletto vescovo di Chioggia, entra in Diocesi il 6 gennaio 1998.
Dietro rinuncia al ministero pastorale della Diocesi di Chioggia, per raggiunti limiti d’età, si accomiata l’11 Gennaio 2009.
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SECOLO XXI
ADRIANO TESSAROLO
LXXXI
2009
Partito: nel primo di rosso alla spada d’argento, manicata d’oro, posta in palo, con la punta rivolta verso il capo, sormontata da due api d’oro montanti, poste in fascia; nel secondo d’argento a tre fasce ondate diminuite d’azzurro, moventi dalla punta, sormontate da un avambraccio nudo, uscente dal fianco sinistro dello scudo, impugnante una rete da pesca di nero, uscente dalle fasce ondate.
Lo scudo, accollato ad una croce astile d’oro trilobata, è timbrato da un cappello di verde, con cordoni e nappe dello stesso, in numero di dodici, disposte sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3. Sotto lo scudo, nella lista svolazzante d’argento, il motto in lettere maiuscole di nero: “IN VERBO TUO”.
Lo stemma è stato ideato dagli scledensi Gianni Grendene e Giorgio Zacchello con la consulenza araldica di Giorgio Aldrighetti.
Il bozzetto dello stemma a colori è di Enzo Parrino, Monterotondo (Roma).
Lo stemma su cartiglio è di Renzo Lombardo “Poci”, Chioggia (Venezia).
Il bozzetto dello stemma con i previsti segni convenzionali indicanti gli smalti è di Sandro Nordio, Chioggia (Venezia).
Mons. Adriano Tessarollo
Mons. Adriano Tessarollo è nato a Tezze sul Brenta (Vicenza) il 2 maggio 1946, ultimo di dodici figli, in una famiglia di origini contadine. Dopo aver frequentato la scuola media, il ginnasio-liceo e i corsi teologici nel Seminario vescovile di Vicenza, ha conseguito, nel 1974, la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma.
È stato ordinato sacerdote il 6 giugno 1971 nella cattedrale di Vicenza. Dal 1976 lo vediamo docente di Sacra Scrittura nello Studio Teologico del Seminario di Vicenza, all’Istituto di Scienze Religiose di Vicenza, all’ISSR di Padova, allo Studio Teologico Sant’Antonio di Padova, allo Studio Teologico Francescano di Venezia, allo Studio Teologico del Seminario di Treviso e allo Studio Teologico di Praglia.
Dal 1985 figura assistente del Consiglio della Federazione dell’Istituto secolare della Compagnia di sant’Angela Merici, mentre dal 1988 è preside dello Studio teologico del Seminario di Vicenza. Nel 1992 è parroco di Montemezzo e nel 1998 ricopre l’incarico di amministratore parrocchiale di Valdimolino. Nel 1999 è delegato e dal 2003 è vicario episcopale per la formazione permanente del clero. Direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Vicenza, è canonico onorario del capitolo cattedrale di Vicenza: Attualmente è parroco del duomo di san Pietro di Schio (Vicenza).
È singolare notare – scrutando tra le pagine di storia della diocesi di Chioggia – che anche il vescovo Giuseppe Manfrin Provedi, prima di divenire il 78° vescovo della città e diocesi di Chioggia, nel 1820, era arciprete dello stesso duomo di san Pietro apostolo in Schio, dove ha svolto il suo ministero pastorale mons. Adriano Tessarollo
Si è tenuto domenica 7 giugno 2009 nella cattedrale di Vicenza il solenne rito di ordinazione episcopale di mons. Adriano Tessarollo, già arciprete del Duomo di Schio e destinato alla diocesi di Chioggia in sostituzione del vescovo Angelo, ritiratosi per raggiunti limiti di età.
Presenti una quindicina di vescovi e circa trecento sacerdoti, appartenenti alle chiese vicentina, clodiense e del Triveneto, il futuro vescovo ha fatto il suo ingresso in cattedrale affiancato dal vescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia e dal vescovo emerito di Chioggia, mons. Angelo Daniel.
Dopo la proclamazione del Vangelo, il vescovo Cesare ha pronunciato una breve omelia manifestando la duplice gioia, sua e di tutta la diocesi vicentina, per l’ordinazione episcopale di un proprio “presbitero” dopo 32 anni di attesa.
Subito dopo il canto del “Veni Creator”, mons. Pietro Alfredo Mozzato, amministratore diocesano di Chioggia, ha fatto richiesta a nome della diocesi dell’ordinazione a vescovo del presbitero Adriano, dando poi lettura del relativo mandato pontificio. Sono seguite l’unzione da parte del vescovo Cesare con il sacro crisma del capo dell’ordinato e l’imposizione delle mani sul capo dello stesso da parte di tutti i vescovi presenti.
Il vescovo Cesare gli ha poi infilato al dito l’anello pastorale (dono della diocesi di Chioggia) e consegnato il pastorale (dono del comune di Chioggia) oltre alla mitria. Quindi il novello vescovo si è seduto al primo posto fra tutti i vescovi concelebranti e, deposto il pastorale, ha ricevuto dal vescovo Cesare e da tutti gli altri vescovi l’abbraccio di pace.
Nella giornata di giovedì 11 Giugno, solennità dei santi Patroni Felice e Fortunato, il vescovo Adriano Tessarollo ha preso possesso della Cattedra episcopale di Chioggia, accolto dal sindaco di Chioggia dott. Romano Tiozzo Pagio, dal presidente della Provincia di Venezia Davide Zoggia e dal vice presidente del consiglio regionale Carlo Alberto Tesserin – che hanno indirizzato al nuovo ordinario diocesano brevi discorsi di benvenuto – e da numerose altre autorità civili e militari.
Alle ore 18 – dopo essersi apparato nella trecentesca chiesa di san Martino – il vescovo Adriano, accolto all’ingresso della cattedrale dal cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola – metropolita Veneto – è entrato solennemente nella chiesa madre della diocesi clodiense, dopo aver baciato il Crocefisso, preceduto da un lungo corteo di presbiteri delle diocesi di Vicenza e di Chioggia, per la celebrazione della Messa pontificale, concelebrata dal vescovo emerito di Vittorio Veneto Alfredo Magarotto e vescovo già di Chioggia e dal vescovo di Adria-Rovigo Lucio Soravito, dai canonici del capitolo cattedrale e dai sacerdoti delle due diocesi, alla presenza di una moltitudine di fedeli.
Assisteva alla liturgia Eucaristica il cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola, nello splendore della porpora, assiso prima nella cattedra episcopale e poi – dopo la lettera della Bolla papale di nomina a vescovo di Chioggia del presbitero Adriano Tessarollo da parte del cancelliere vescovile mons. Sergio Benvegnù – nel seicentesco trono podestarile. Il vicario generale mons. Pietro Alfredo dott. Mozzato, dal canto suo, a nome del clero diocesano, ha porto un caloroso saluto di benvenuto all’81° vescovo della città e diocesi clodiense.
ALCUNE IMMAGINI DELL’INGRESSO A CHIOGGIA
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SECOLO XXI
ADRIANO TESSAROLO
LXXXI
2009
Partito: nel primo di rosso alla spada d’argento, manicata d’oro, posta in palo, con la punta rivolta verso il capo, sormontata da due api d’oro montanti, poste in fascia; nel secondo d’argento a tre fasce ondate diminuite d’azzurro, moventi dalla punta, sormontate da un avambraccio nudo, uscente dal fianco sinistro dello scudo, impugnante una rete da pesca di nero, uscente dalle fasce ondate.
Lo scudo, accollato ad una croce astile d’oro trilobata, è timbrato da un cappello di verde, con cordoni e nappe dello stesso, in numero di dodici, disposte sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3. Sotto lo scudo, nella lista svolazzante d’argento, il motto in lettere maiuscole di nero: “IN VERBO TUO”.
Lo stemma è stato ideato dagli scledensi Gianni Grendene e Giorgio Zacchello con la consulenza araldica di Giorgio Aldrighetti.
Il bozzetto dello stemma a colori è di Enzo Parrino, Monterotondo (Roma).
Lo stemma su cartiglio è di Renzo Lombardo “Poci”, Chioggia (Venezia).
Il bozzetto dello stemma con i previsti segni convenzionali indicanti gli smalti è di Sandro Nordio, Chioggia (Venezia).
Mons. Adriano Tessarollo
Mons. Adriano Tessarollo è nato a Tezze sul Brenta (Vicenza) il 2 maggio 1946, ultimo di dodici figli, in una famiglia di origini contadine. Dopo aver frequentato la scuola media, il ginnasio-liceo e i corsi teologici nel Seminario vescovile di Vicenza, ha conseguito, nel 1974, la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma.
È stato ordinato sacerdote il 6 giugno 1971 nella cattedrale di Vicenza. Dal 1976 lo vediamo docente di Sacra Scrittura nello Studio Teologico del Seminario di Vicenza, all’Istituto di Scienze Religiose di Vicenza, all’ISSR di Padova, allo Studio Teologico Sant’Antonio di Padova, allo Studio Teologico Francescano di Venezia, allo Studio Teologico del Seminario di Treviso e allo Studio Teologico di Praglia.
Dal 1985 figura assistente del Consiglio della Federazione dell’Istituto secolare della Compagnia di sant’Angela Merici, mentre dal 1988 è preside dello Studio teologico del Seminario di Vicenza. Nel 1992 è parroco di Montemezzo e nel 1998 ricopre l’incarico di amministratore parrocchiale di Valdimolino. Nel 1999 è delegato e dal 2003 è vicario episcopale per la formazione permanente del clero. Direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Vicenza, è canonico onorario del capitolo cattedrale di Vicenza: Attualmente è parroco del duomo di san Pietro di Schio (Vicenza).
È singolare notare – scrutando tra le pagine di storia della diocesi di Chioggia – che anche il vescovo Giuseppe Manfrin Provedi, prima di divenire il 78° vescovo della città e diocesi di Chioggia, nel 1820, era arciprete dello stesso duomo di san Pietro apostolo in Schio, dove ha svolto il suo ministero pastorale mons. Adriano Tessarollo
Si è tenuto domenica 7 giugno 2009 nella cattedrale di Vicenza il solenne rito di ordinazione episcopale di mons. Adriano Tessarollo, già arciprete del Duomo di Schio e destinato alla diocesi di Chioggia in sostituzione del vescovo Angelo, ritiratosi per raggiunti limiti di età.
Presenti una quindicina di vescovi e circa trecento sacerdoti, appartenenti alle chiese vicentina, clodiense e del Triveneto, il futuro vescovo ha fatto il suo ingresso in cattedrale affiancato dal vescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia e dal vescovo emerito di Chioggia, mons. Angelo Daniel.
Dopo la proclamazione del Vangelo, il vescovo Cesare ha pronunciato una breve omelia manifestando la duplice gioia, sua e di tutta la diocesi vicentina, per l’ordinazione episcopale di un proprio “presbitero” dopo 32 anni di attesa.
Subito dopo il canto del “Veni Creator”, mons. Pietro Alfredo Mozzato, amministratore diocesano di Chioggia, ha fatto richiesta a nome della diocesi dell’ordinazione a vescovo del presbitero Adriano, dando poi lettura del relativo mandato pontificio. Sono seguite l’unzione da parte del vescovo Cesare con il sacro crisma del capo dell’ordinato e l’imposizione delle mani sul capo dello stesso da parte di tutti i vescovi presenti.
Il vescovo Cesare gli ha poi infilato al dito l’anello pastorale (dono della diocesi di Chioggia) e consegnato il pastorale (dono del comune di Chioggia) oltre alla mitria. Quindi il novello vescovo si è seduto al primo posto fra tutti i vescovi concelebranti e, deposto il pastorale, ha ricevuto dal vescovo Cesare e da tutti gli altri vescovi l’abbraccio di pace.
Nella giornata di giovedì 11 Giugno, solennità dei santi Patroni Felice e Fortunato, il vescovo Adriano Tessarollo ha preso possesso della Cattedra episcopale di Chioggia, accolto dal sindaco di Chioggia dott. Romano Tiozzo Pagio, dal presidente della Provincia di Venezia Davide Zoggia e dal vice presidente del consiglio regionale Carlo Alberto Tesserin – che hanno indirizzato al nuovo ordinario diocesano brevi discorsi di benvenuto – e da numerose altre autorità civili e militari.
Alle ore 18 – dopo essersi apparato nella trecentesca chiesa di san Martino – il vescovo Adriano, accolto all’ingresso della cattedrale dal cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola – metropolita Veneto – è entrato solennemente nella chiesa madre della diocesi clodiense, dopo aver baciato il Crocefisso, preceduto da un lungo corteo di presbiteri delle diocesi di Vicenza e di Chioggia, per la celebrazione della Messa pontificale, concelebrata dal vescovo emerito di Vittorio Veneto Alfredo Magarotto e vescovo già di Chioggia e dal vescovo di Adria-Rovigo Lucio Soravito, dai canonici del capitolo cattedrale e dai sacerdoti delle due diocesi, alla presenza di una moltitudine di fedeli.
Assisteva alla liturgia Eucaristica il cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola, nello splendore della porpora, assiso prima nella cattedra episcopale e poi – dopo la lettera della Bolla papale di nomina a vescovo di Chioggia del presbitero Adriano Tessarollo da parte del cancelliere vescovile mons. Sergio Benvegnù – nel seicentesco trono podestarile. Il vicario generale mons. Pietro Alfredo dott. Mozzato, dal canto suo, a nome del clero diocesano, ha porto un caloroso saluto di benvenuto all’81° vescovo della città e diocesi clodiense.
ALCUNE IMMAGINI DELL’INGRESSO A CHIOGGIA
[/vc_column_text][/vc_tta_section][/vc_tta_pageable][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]L’Arcivescovo di Gorizia
S. E. R. Dino De’ Antoni[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]Il Vescovo di Vanimo
(Papua-Nuova Guinea)
S. E. R. Cesare Bonivento [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Blasonature di Giorgio Aldrighetti,
Socio Ordinario dell’ Istituto Araldico Genealogico Italiano
Testi a cura di Angelo Padoan
Bozzetti a colori di Renzo Lombardo Poci
Collaborazione di Laura Chiozzotto e Nico Ruggiero[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]