Dell'ordine degli Eremitani Agostiniani (lo stesso presente in Chioggia nella chiesa di S. Nicolò dal 1211 al 1770), Pasqualino Centoferri fu nominato da papa Martino V vescovo di Chioggia, della cui diocesi prese possesso il 15 novembre 1421.
Durante il suo episcopato il Minor Consiglio di Chioggia decise di decorare l'altare maggiore dell'antica Cattedrale di una pala d'argento, simile a quella esistente nella cappella ducale di Venezia. Allo scopo di dare un nuovo assetto al Capitolo dei canonici e per porre fine a discussioni che spesso insorgevano, decise di istituire la dignità di decano del Capitolo, incaricato di presiedere la regolare officiatura del coro, considerata la frequente assenza dell'Arcidiacono che risiedeva a Malamocco.
Il primo ad essere eletto fu (31 marzo 1422) Giacomo della Torre, il quale fu investito del beneficio semplice detto di S. Marco, nonostante l'opposizione del canonico anziano Antonio Cavazzini, che poi dovette sottostare alla decisione. Il Centoferri rinvigorì la devozione verso i SS. Patroni ritoccando (1447) gli statuti dell'antica confraternita di S. Fele e S. Fortunato, risalente forse al 1115 (la più antica di Chioggia). Inoltre apportò alcune aggiunte alla Mariègola d S. Croce (1435) e approvò la nuova di S. Francesco (16 maggio 1434) detta poi dei Rassa. Alcune formalità burocratiche ritardarono di ben 261 anni l'erezione a parrocchia di Fosson (oggi Cavanella d'Adige), ove esisteva un antico cenobio, i cui beni il Centoferri intendeva ridurre a beneficio secolare. Durante il suo episcopato furono ricostruiti la chiesa e il convento di S. Francesco fuori le mura, distrutti durante la guerra di Chioggia, e fu edificata la chiesetta di S. Pietro e Paolo, vulgo S. Pieretto in Chioggia, grazie al lascito di Pietro Mazzagallo, che la volle modellata quasi come l'altra, situata di fronte, e dedicata a S. Martino. Nel 1424 prese fuoco la cupola del campanile della Cattedrale, per cui il Centoferri concesse 60 ducati d'oro tratti dai beni della chiesa distrutta in Chioggia Minore a condizione di far celebrare nell'anno seguente una Messa ogni giorno in suffragio dei testatori, provvedimento non accolto dalla comunità cittadina e che ritardò l'inizio di esecuzione dei lavori.
Questo vescovo dovete anche dirimere alcune questioni riguardanti l'elezione dei Procuratori del Duomo e provvedere ad incrementare le rendite insufficienti della mensa vescovile, che andavano scemando, anche a causa delle continue occupazioni delle cosiddette saline del Vescovo , di cui non sembra fosse possibile percepire le relative rendite. Per cui il Centoferri impose ai cittadini di versare il decimo di ogni prodotto tanto in città quanto nel territorio, intimando ai confessori di non assolvere i renitenti.
Il Comune nel 1441 ricorse all'interdizione del doge Francesco Foscari (1423-1457), il quale con ducale dell'11 aprile indirizzata al podestà Benedetto Venier annullò quella prescrizione.
Il Centoferri morì di peste dopo 36 anni di episcopato l'11 ottobre 1457 dopo aver manifestato per testamento la sua volontà di essere sepolto sotto la predella dell'altare della Visitazione della vecchia Cattedrale e lasciando in eredità al capitolo la casa materna.
Il suo elogio si legge inferiormente al suo ritratto che una volta si trovava nell'ex convento di S. Nicolò e ora nella sala maggiore dell'episcopio: "M. F. Pascalinus Centoferri Civ. Clodiae huius Cenob. Alumn. Deinde Patav. Qui saec. MCCCC a Martino V Episcopus creatus Eccl. Patriae praefuit p. a. XXXVI - Probitate eximius Doctrina insignis".