Fu con molta probabilità un fenomeno di bradisismo, verificatosi a Malamocco, a consigliare il vescovo Enrico Grancarolo di trasferire la sua diocesi da quel sito a Chioggia. E fu proprio Enrico Grancarolo (o Granzaruolo) l'ultimo vescovo di Malamocco, succeduto a Stefano Badoero o Badoer, consacrato nel 1107, e il primo vescovo di Chioggia, pur conservando (e ciò fino al 1119) il titolo di Vescovo di Malamocco, diocesi antichissima, eretta probabilmente verso l'anno 640 ad opera dei Padovani fuggiaschi in seguito all'invasione dei Longobardi capitanati dal re Rotari, e rimasta tale forse per circa 400 anni, sede pure, dopo Eraclea, e prima di Rialto (o Rivoalto) anche del Veneto governo fino alla guerra con Pipino (809), anno in cui essa fu trasferita nel suddetto Rialto.
Inizialmente la sede vescovile di Malamocco fu trasferita circa tre miglia più a nord dal lato della laguna, all'incirca in faccia all'isola di Poveglia, ma poi il Grancarolo, constatata l'insicurezza anche di questo sito, di concerto con il Gastaldo di Chioggia Domenico Bello e con il doge Ordelaffo Falier, decise di traslare la sua residenza a Chioggia Maggiore, allora città fiorente per la produzione e il commercio del sale, per la fertilità del suo territorio e per l'ardimento dei suoi marinai.
Il trasferimento avvenne nell'aprile 1110, come risulta dal documento ufficiale stilato dal doge Falier e nel quale viene fatto esplicito riferimento al trasporto a Chioggia di tutta la dotazione della primitiva sede episcopale: ornamenti, palii, vasi sacri, paramenti sacerdotali, libri per la liturgia e tutti gli altri beni mobili e immobili, comprese, ovviamente, le sacre reliquie dei martiri Felice e Fortunato. Non esiste, tuttavia, alcun documento che precisi il giorno della traslazione della diocesi come pure dell'ingresso del vescovo Grancarolo: la chiesa clodiense ricordava nel passato l'avvenimento il 27 settembre e la festa commemorativa il 14 maggio in concomitanza con quella dei SS. patroni; nel 1603 il vescovo Prezzato fissò la festa maggiore nel giorno del loro martirio (11 giugno) mantenendo però la festa del 14 maggio (la cosiddetta "Pasqua delle rose") a ricordo della traslazione delle loro reliquie, festa ora abolita.
È tradizione, storicamente non confermata, e riportata come ricorrente ai suoi tempi dal Morari (1580-1652) (cfr. P. Morari, "Storia di Chioggia", Chioggia, 1871) "che i vescovi e i canonici collocassero la loro sede a S. Andrea et ivi fosse costituita la Cattedrale, e che le case Episcopali fossero, dove hora è la casa per il maestro d'humanità". Forse la scelta cadde sulla chiesa di S. Andrea in quanto era situata nel "Vicus" (attuale Vigo), la parte più popolata della città, in prossimità del porto, delle saline e dei cantieri navali e presidiata dalla robusta Torre di S. Andrea - urbis propugnaculum - e ciò nonostante la probabile esistenza dell'antica chiesa, divenuta poi Cattedrale, dedicata alla Natività di Maria, edificata forse sulle fondamenta di un tempio pagano alla dea Concordia e ricostruita poco dopo il trasferimento della sede vescovile (fu distrutta da un incendio nel 1623).
Da una Costituzione del 16 marzo 1111, redatta con l'approvazione dei suoi 16 canonici, il Grancarolo stabilì di eleggere per sempre un arciprete con tutti i privilegi dell'Arcidiacono della Cattedrale, che avesse sede in Malamocco: questi aveva il diritto di seguire il vescovo nelle visite pastorali, intervenire alle funzioni del Giovedì santo e presentare nelle ordinazioni i candidati agli ordini sacri. Prima di questi arcipreti, pievano di Malamocco, eletto dal Capitolo, fu Nicolò Longo, già canonico di Malamocco e poi di Chioggia. Queste disposizioni, a quanto sembra, rimasero in vigore (quantunque il documento dallo storico Vianelli venga considerato apocrifo) fino a quando un decreto del 6 agosto 1919 della Congregazione concistoriale stabilì l'annessione della parrocchiale di Malamocco alla Archidiocesi di Venezia.
Durante l'episcopato del Grancarolo il 3 gennaio 1117 un terremoto "squarciò gli argini del Po e dell'Adige, e crollò a Cavarzere chiese e torri" (cfr. D. Razza, "Storia popolare di Chioggia", Chioggia, 1898). Non si ha notizia della sua morte, avvenuta forse l'anno stesso in cui fu eletto il suo successore, Stefano I, e cioè nel luglio 1122.