Araldica
di Giorgio Aldrighetti





    Fu necessario, altresì, creare dei segni convenzionali per comprendere ed individuare gli “smalti” dello scudo, quando lo stemma risulta riprodotto nei sigilli e nelle stampe in bianco e nero. Così gli araldisti, nel tempo, usarono vari sistemi; ad esempio, scrissero nei vari campi occupati dagli smalti, l'iniziale della prima lettera corrispondente al colore dello smalto, oppure individuarono i colori con l'iscrivere le prime sette lettere dell'alfabeto o, ancora riprodussero, sempre nei campi dello smalto, i primi sette numeri cardinali.

Nel XVII secolo, l'araldista francese Vulson de la Colombière propose, invece, dei particolari segni convenzionali per riconoscere il colore degli smalti negli scudi riprodotti in bianco e nero. L'araldista padre Silvestro di Pietrasanta della Compagnia di Gesù, per primo ne fece uso nella sua opera Tesserae gentilitiae ex legibus fecialium descriptae, diffondendone, così, la conoscenza e l'uso. 1)

Tale sistema di classificazione, tuttora usato, identifica il rosso con fitte linee perpendicolari, l'azzurro con orizzontali, il verde con diagonali da sinistra a destra, il porpora con diagonali da destra a sinistra, il nero con orizzontali e verticali incrociate, mentre l'oro si rende punteggiato e l'argento senza tratteggio.

Gli araldisti dovettero, anche, individuare, con assoluta precisione, dove le varie pezze o figure araldiche andavano caricate nel campo dello scudo. Lo scudo, di conseguenza, venne paragonato al corpo umano e suddiviso in “punti”, con il nome delle parti del corpo.

Il Vocabolario Araldico Ufficiale suddivide lo scudo in 11 punti che sono: A cuore; B capo; C punta; D fianco destro; E fianco sinistro; F canton destro del capo G canton sinistro del capo; H canton destro della punta; I canton sinistro della punta; L posto d'onore; M ombelico. 2)

Ricordiamo che nel blasonare o descrivere araldicamente uno stemma, la sinistra dello scudo, per chi lo osserva, viene, invece, indicata e descritta con la destra e viceversa; il motivo, secondo alcuni araldisti, deriverebbe dal fatto che è lo scudo che si blasona da solo, per altri, invece, il motivo risale al fatto che, nel reggere lo scudo sul braccio, la parte sinistra dell'insegna, per il cavaliere, corrispondeva al lato destro dell'arma, per la persona che gli stava di fronte.

In definitiva: “l'arme – vale a dire lo scudo araldico – è senz'altro un'espressione del proprio potere; è l'immagine del prestigio, dell'autorità e della ricchezza, ma è anche il simbolo nel quale si crede e per cui si combatte, se necessario, fino alla fine. L'identificazione dell'uomo con la sua città – non solo nel Medio Evo – e di questa con il proprio simbolo, fa sì che ogni minimo cambiamento delle insegne cittadine fosse vissuto come una sconfitta. Firenze, durante le lotte fra guelfi e ghibellini, indicava il cambio dei poteri invertendo semplicemente gli smalti ma mantenendo il simbolo”. 3)

Annotiamo, infine, che con il termine “ornamenti” si classificano tutte quelle figure che accompagnano esteriormente gli scudi e servono di contrassegno onorifico, per indicare la dignità del portatore e la classe sociale di appartenenza, se ecclesiastica, nobiliare, militare, di cittadinanza o di comunità.

Gli ornamenti esteriori possono essere “ereditari” o “personali”; nei primi rientrano, ad esempio, le corone, gli elmi, i cimieri, i lambrecchini, i sostegni, i tenenti, i supporti, le imprese, il mantello, il padiglione; mentre nei secondi troviamo le àncore, le bandiere, i cannoni, i trofei d'arme per i militari, le insegne equestri per i cavalieri, i cappelli per gli ecclesiastici, le fronde di quercia e d'alloro per le comunità e la cordelliera, il laccio d'amore e le palme per le donne.

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1) S. Pietrasanta (di), Tesserae gentilitiae ex legibus fecialium descriptae, Roma 1637.
2) A. Manno, Vocabolario araldico ufficiale, Roma 1907.
3) M.D. Papi, Di stemma non ce n'é uno solo, “Medioevo” – Anno II (1998), n. 8, pag. 89.


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