Araldica Civica
di Giorgio Aldrighetti





    Passando agli smalti presenti nella stella a cinque punte dell'emblema repubblicano, come appare descritto nell'art. 1 del Decreto Legislativo 5 maggio 1948, n. 535, notiamo che la stella è di bianco, bordata, meglio orlata, trattandosi di una 'bordatura diminuita', di rosso. Forti perplessità rappresentiamo per la stella smaltata di bianco, non figurando tale colore tra gli smalti araldici. Infatti, gli smalti fondamentali araldici sono il di rosso, il d'azzurro, il di verde, il di nero e il di porpora, mentre i metalli sono il di oro e il di argento e le pellicce sono il di vajo e di armellino o ermellino. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la stella risulta smaltata di bianco per non confonderla con la figura della ruota dentata che viene rappresentata d'acciaio; ma allora non si comprende l'orlatura di rosso della stella che serve proprio a demarcare le due figure, trovandosi la stella accollata alla ruota dentata. Altri suppongono che si siano voluti richiamare i colori nazionali con il di verde delle fronde dell'olivo e della quercia, il di bianco della stella e il di rosso della orlatura, ma anche tale ipotesi non ci soddisfa. Riteniamo invece, al di là di ogni altra possibile interpretazione, che, probabilmente, la stella appare di bianco nell'emblema repubblicano per la semplice non conoscenza delle regole araldiche da parte degli artefici dell'emblema.

“Sembra infine doversi notare come un altro degli ornamenti differenziatori dello stemma dello Stato, la stella a cinque raggi d'argento, introdotta nel 1870 dalla prima Consulta araldica sul colmo del padiglione fra i guidoni tricolori, ricompaia poi, settantotto anni più tardi, quasi per un curioso destino, quale figura base dell'emblema della repubblica”. 26)

Invece “la stella a cinque punte non ricomparve, settantotto anni più tardi, quasi per un curioso destino” ma, come si disse allora, perché il Partito Comunista Italiano pensava alla stella bolscevica e la volle pertanto con il bordo rosso per estenderlo in seguito a tutta la stella, adeguandola a tutte le stelle rosse in auge allora oltre la 'cortina di ferro', mentre i monarchico-liberali si richiamavano alla stella massonica risorgimentale.

In Italia, nelle elezioni del 28 aprile 1948, i socialcomunisti si presentarono uniti nel 'Fronte popolare' con il simbolo dell'effigie di Giuseppe Garibaldi accollata alla stella a cinque punte di rosso, mentre l'emblema primario del Partito Comunista Italiano era la falce, il martello e la stella a cinque punte. L'argomento aveva ispirato le vignette e le battute del celebre Giovanni Guareschi.

“Per quanto molto criticato, il nuovo emblema, che sovrappone la stella ad una ruota dentata, si presenta in una certa sintonia con l'art. 1 della Costituzione in vigore dal 1° gennaio 1948, che proclama: 'L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro'”, 27) anche se, a nostro avviso, sempre nel 1948, il settore industriale era di gran lunga meno rappresentativo del settore agricolo. Ma la ruota era 'operaia' ed il Partito Comunista Italiano come il Partito Comunista russo era operaista, non contadino e sostenitore della classe agricola; i contadini, nel 1948, aderivano invece alla 'COLDIRETTI' di chiara fede democristiana.

Per la ruota di acciaio dentata, il 6 febbraio 1948 il Consigliere delegato della S. A. Costruzioni Meccaniche Riva Guido Ucelli indirizzava al Ministro dell'Industria onorevole Roberto Tremelloni una lettera ove, tra l'altro, scriveva: “(...) se un allievo di una prima classe di una scuola industriale presentasse un disegno analogo sarebbe senz'altro bocciato. La dentatura caratteristica è stata infatti trasformata in sporgenze prive di ogni funzionalità e i raggi sono disegnati esattamente al contrario, e cioè con la sezione maggiore alla periferia anziché al mozzo (...)”.

Per la descrizione dei “due rami di olivo e di quercia, legati da un nastro di rosso, con la scritta di bianco in carattere capitale Repubblica Italiana”, ci sia concesso, inoltre, osservare che la blasonatura risulta orfana dello smalto dei rami e delle foglie, non risultando nel Decreto nessuna indicazione. Era opportuno, invece, blasonare “ due rami di olivo e di quercia al naturale, fogliati di verde”. Il “legati da un nastro di rosso”, poi, era meglio sostituirlo con “decussati alle estremità e legati da un nastro di rosso”.

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