Araldica negli altri
Stati
Il patrimonio araldico della Repubblica di San Marino si compone di due Ordini Equestri Statuali o di Merito, L'Ordine Civile e Militare di San Marino e l'Ordine di Sant'Agata.
ORDINE CIVILE E MILITARE DI SAN MARINO
Il 13 agosto 1859, nella ricorrenza del quindicesimo secolo dalla fondazione della Repubblica, Il Principe e Sovrano Consiglio istituì un Ordine cavalleresco civile e militare, ponendolo sotto il titolo del protettore e fondatore dello Stato, San Marino.
L'Ordine serve per ricompensare il merito, il valore, l'ingegno dei sudditi e per onorare i sovrani ed i capi di Stato.
L'Ordine venne riformato con decreti del Principe e Sovrano Consiglio del 22 marzo 1860 e 27 settembre 1868 ed è diviso nelle seguenti classi:
Cavaliere di Gran Croce
Cavaliere Grand'Ufficiale
Cavaliere Ufficiale Maggiore o Commendatore
Cavaliere Ufficiale
Cavaliere
La decorazione consiste in una croce greca ancorata d'oro, smaltata di bianco e accantonata da quattro torri d'oro, caricata da uno scudetto rotondo d'oro, cerchiato d'azzurro, con l'effigie di San Marino e la legenda SAN MARINO PROTETTORE; nel rovescio l'arma della Repubblica caricata in uno scudetto circolare con il motto MERITO CIVILE E MILITARE. La croce risulta cimata da una corona principesca chiusa d'oro appesa ad un nastro di bianco palato di quattro, d'azzurro.
ORDINE DI SANT'AGATA
Il Consiglio Grande e Generale della Repubblica il 5 giugno 1923 istituì l'Ordine cavalleresco di Sant'Agata, compatrona della repubblica Sammarinese, per ricompensare le benemerenze acquisite da cittadini stranieri verso la Repubblica.
Cavaliere di Gran Croce
La decorazione consiste in una croce greca patente d'oro, smaltata di bianco e addossata ad una corona d'alloro, caricata in cuore da uno scudetto rotondo riproducente l'effigie di Sant'Agata, con la legenda in cerchio SANT'AGATA PROTETTRICE; nel rovescio l'arma della Repubblica caricata in uno scudetto circolare con il motto BENE MERENTI. Il nastro della decorazione è rosso cremisi con due verghette di bianco e di giallo a ciascun lato. 21)
Decorazioni della Repubblica di San Marino
( Tipi, Decreti, ecc.)
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1) O. Neubecker, J. P. Brooke Little, R. Tobler, Araldica, origini, simboli, significati, Verona 1980, p. 6.
REPUBBLICA DI SAN MARINO
1. Città di San Marino: scudo tradizionale a bordo inferiore curvilineo, campo in azzurro, tre torri in giallo piumate in bianco e digradanti a destra, muro merlato antistante in bianco con il motto LIBERTAS.
Art. 5 Le Giunte ed i Capitani di Castello sono tenuti a far uso di sigilli, gonfaloni e bandiere corrispondenti alle disposizioni del presente decreto.
I CAPITANI REGGENTI
14) Nella presentazione della pubblicazione Bandiere, Gonfaloni e Stemmi dei Castelli di San Marino edita dalla Segreteria di Stato per il Commercio, Rapporti con le Giunte di Castello e con l'A.A.S.S. il 10 dicembre 1997, il Segretario di Stato Ottaviano Rossi scrive: "... Lo studio preparatorio che ne è derivato dopo le approvazioni di competenza delle varie Giunte di Castello, ha dato luogo all'emissione di un apposito Decreto Reggenziale - 28 Marzo 1997 n° 40 - che ne ha regolamentato le caratteristiche dimensionali grafiche e cromatiche.
21) Classificazione degli Ordini Cavallereschi.
Cavalieri di Croce
Alla prima categoria appartenevano gli Ordini crocesignati, quali appunto l'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, l'Ordine Teutonico, del Tempio di Gerusalemme, di Calatrava ed altri, dall'insegna che portavano sull'abito.
L'Ordine, riformato negli anni 1923, 1925 e 1946, si compone delle seguenti classi:
Grand'Ufficiale
Commendatore
Ufficiale
Cavaliere
2) G. Crollalanza (di), Araldica Ufficiale, Pisa 1891.
3) U. Morini, Araldica, Firenze 1929, vol. V., p. 6.
4) G. Malacarne, Araldica Gonzaghesca, Modena 1992, pp.19-20.
5) F. Tribolati, Grammatica Araldica, Milano 1904, p. 44.
6) A.C. Fox-Davies, Insegne Araldiche, (Introduzione di John P.B. Brooke-Little), Orsa Maggiore Editrice, Torriana (Fo), 1992, p. 3.
7) M. D. Papi, Di stemma non ce n'è uno solo, "MedioEvo", anno II (1998), n. 8, p. 89.
8) E. Duprè Theseider, Sugli stemmi delle città comunali italiane, "LA STORIA DEL DIRITTO NEL QUADRO DELLE SCIENZE STORICHE", Firenze 1966, pp. 313-314.
9) L. Pignotti, Gli stemmi dei castelli di San Marino, relazione storico-araldica presentata al XXIII Congresso internazionale di scienze genealogica e araldica, Torino 1998.
10) Ottenuti da San Marino quale ricompensa per la partecipazione alla guerra contro Sigismondo Pandolfo Malatesta da parte del Sommo Pontefice Pio II da Siena, (Enea Silvio Piccolomini, 1458-1464).
11) Faetano entrò a far parte del territorio sammarinese per dedizione spontanea.
12) All'art. 2 si recita: "… il Territorio della Repubblica è diviso nei seguenti Distretti: 1 - Castello della Guaita, con Distretto quella parte della Parrocchia Pieve che costituisce la Città di San Marino circoscritta dal crinale del Monte Titano e dalla strada di circonvallazione Crocefisso – Stradone – Cappuccini, sino alla seconda torre; 2 – Castello della Fratta, con Distretto quella parte della Parrocchia Pieve distaccata col nome di Parrocchia del Borgo e quella costituente il picco del Monte Titano dal crinale verso il mare (Nord-Est) e l'intera Parrocchia di San Giovanni; 3 – Castello del Montale, con Distretto il resto della Parrocchia Pieve dal crinale del Monte Titano e dai limiti del Castello della Guaita verso il Rio San Marino (Sud-Ovest); 4 – Castello di Fiorentino, con Distretto l'intera Parrocchia omonima; 5 – Castello di Pennarossa, con Distretto l'intera Parrocchia di Chiesanuova; 6 – Castello di Montecerreto, con Distretto l'intera Parrocchia dell'Acquaviva; 7 – Castello della Torraccia, con Distretto l'intera Parrocchia di Domagnano; 8 – Castello di Serravalle, con Distretto l'intera Parrocchia omonima; 9 Castello di Faetano, con Distretto l'intera Parrocchia omonima; 10 – Castello di Montegiardino, con Distretto l'intera Parrocchia omonima". (Regolamento n° 7 del 16 marzo 1925 per l'elezione e l'ufficio dei Capitani dei Castelli).
13) Decreto 28 marzo 1997, n. 40.
Istituzione dei nuovi stemmi dei Castelli della Repubblica di San Marino
Noi Capitani Reggenti
La Serenissima Repubblica di San Marino
Vista la delibera del Congresso di Stato n. 83 del 24 marzo 1997;
ValendoCi delle Nostre facoltà;
Decretiamo, promulghiamo e mandiamo a pubblicare:
Art. 1
I Castelli della Repubblica, di cui alla Legge 24 Febbraio 1994 n. 22, sono autorizzati a far uso di stemma, bandiera e gonfalone secondo le disposizioni che seguono.
Art. 2
La Bandiera di ciascun Castello ha dimensioni come da allegato «A».
Si compone di una fascia superiore di colore bianco e di una inferiore di colore azzurro e reca al centro lo stemma del castello su scudo tradizionale a bordo inferiore curvilineo.
Sul lato sinistro della bandiera, in verticale, è riprodotto il nome del Castello in carattere peigmot.
Art. 3
Il gonfalone del Castello ha forma rettangolare e dimensioni come da allegato «B».
Il margine inferiore reca sei bande rettangolari; a colore di fondo marrone ed è contornato da una bordatura di colore giallo. Reca al centro lo stemma del Castello su scudo della foggia di cui al precedente art. 2.
Lo stemma è sormontato dal nome del Castello in carattere ducdeberry.
Art. 4
Gli stemmi dei Castelli, da apporsi sulle bandiere ed i gonfaloni, nonché nei sigilli, sono i seguenti:
2. Borgo Maggiore: scudo come sopra, campo in azzurro, tre torri in giallo piumate in bianco e digradanti a destra, muro merlato antistante in bianco recante il motto LIBERTAS, loggia con campanile in giallo con tetti in rosso e campo inferiore bianco.
3. Domagnano: scudo come sopra, campo in azzurro, monte sormontato da torre diruta gialla, lupo bianco passante a sinistra, campo inferiore verde.
4. Serravalle: scudo come sopra, campo in azzurro, torre merlata rossa.
5. Fiorentino: scudo come sopra, campo in giallo con tre fiori in rosso di cui uno sottostante.
6. Montegiardino: scudo come sopra, campo in azzurro, trimonzio di giallo da cui si ergono tre fiori rossi con stelo e due foglie verdi.
7. Faetano: scudo come sopra, campo in azzurro, grande faggio con tronco e radici in giallo e chiomato verde.
8. Chiesanuova: scudo come sopra, campo in azzurro, piuma di struzzo in rosso curvata a destra.
9. Acquaviva: scudo come sopra, campo in azzurro, tre monti stilizzati in verde sormontati da tre alberi, a tronco giallo, chiomati di verde.
Presso il Dicastero ai Rapporti con le Giunte di Castello sono depositati i modelli grafici e cromatici dei predetti.
Dato dalla Nostra Residenza, addì 28 marzo 1997/1696 d.F.R.
Gian Carlo Venturini - Maurizio Rattini
IL SEGRETARIO DI STATO
PER GLI AFFARI INTERNI
Antonio Lazzaro Volpinari
Nell'occasione si è provveduto anche a ridisegnare graficamente gli Stemmi dei Castelli utilizzando il tradizionale scudo «Sannitico» con il bordo inferiore curvilineo e attenendosi all'esigenza di essenzialità grafica, secondo le regole fondamentali dell'araldica in cui gli elementi compositivi vengono semplificati e ridotti a pure stilizzazioni".
15) L'oro, che è il più nobile dei due metalli blasonici, fra le virtù teologali rappresenta la fede, fra i pianeti il sole, nello zodiaco il leone, fra i mesi luglio, fra i giorni la domenica, fra le pietre il topazio, fra le età l'adolescenza sino ai venti anni, fra i fiori il girasole, fra i numeri il 7 e fra i metalli se stesso.
"E' simbolo del sole, onde dagli Inglesi Sole venne detto l'oro posto nelle arme dei sovrani e Topazio se figurante in quelle dei gentiluomini. Alcuni antichi araldisti contrassegnarono appunto questo smalto col segno zodiacale del sole. Il Ménéstrier vuole che sia venuto all'araldica dalla fazione Aurea del Circo, il che è poco probabile. Fu contrassegno dei Ghibellini e livrea dei duchi di Lorena. Nei tornei significava ricchezza, amore, onore e nelle bandiere desiderio di vittoria. Quanto al suo simbolismo nell'araldica, è uno dei più estesi: la fede, la giustizia, la carità, l'umiltà, la temperanza, la clemenza, la nobiltà, lo splendore, la gloria, la felicità, l'amore, la prosperità, la purezza, la gioia, la ricchezza, la generosità, la temperanza, la sapienza, la costanza, il potere, la cavalleria, la gentilezza, la forza, la magnanimità, la longevità e l'eternità sono rappresentate dall'oro. Tante idee annesse ad un solo colore diminuiscono, bisogna convenire, la fede che si dovrebbe prestare a questa simbolica: ma per gli antichi araldi e cavalieri che sapeano comporre sì giudiziosamente i varii colori, e indagarne con tanto acume il mistero, è certo che l'oro dovea rappresentare tutte queste diverse virtù, a seconda del come e con cui era disposto". (G. Crollalanza (di), Enciclopedia araldico-cavalleresca, cit., p. 451, voce Oro).
16) L'azzurro, che rappresenta l'immortalità dell'anima e l'amore filiale a Maria, fra le virtù cardinali simboleggia la giustizia, fra i pianeti giove, nello zodiaco il toro e la bilancia, fra i mesi aprile e settembre, fra i giorni il martedì, fra le pietre lo zaffiro, fra gli elementi l'aria, fra le stagioni l'estate, fra le età la fanciullezza sino ai sette anni, fra i temperamenti il collerico, fra i fiori la rosa, fra i numeri il 6 e fra i metalli lo stagno. (G. Aldrighetti - M. De Biasi, Il Gonfalone di San Marco, Venezia 1998, pp. 64-65).
"Ne' tornei s'introdusse l'azzurro a rappresentare il firmamento e l'oceano, ossia l'aria e l'acqua, come il verde fu simbolo della terra, l'oro del sole, l'argento della luna, il rosso del fuoco, il nero della notte. Il Ménéstrier ed altri fanno derivare questo smalto nei tornei dall'antica fazione del Circo detta Veneta (dal lat. Venetus, verdemare, celeste), cioè vestita d'azzurro; e infatti se si considera la relazione che passa fra le antiche squadriglie dei giuochi romani e i colori araldici usati nei tornei, tale credenza sembrerà giustissima. I giostratori che ostentavano turchina divisa volevano esprimere animo a grandi e sublimi cose parato, amore squisito e gelosia: accoppiato coll'argento significava vittoria. Nello svolgersi e perfezionarsi del linguaggio dei colori l'azzurro prese molte altre significazioni, e il P. Anselmo gli dà gli attributi di lealtà, fedeltà e buona reputazione. I guerrieri vollero con esso esprimere la vigilanza, la fortezza, la costanza, l'amor di patria, la vittoria e la fama; i sacerdoti l'amor celeste, la devozione e la santità; i trovadori la poesia; i principi la nobiltà, la ricchezza e pensieri alti e sublimi; i magistrati la giustizia e la fedeltà; le donne la castità e la verecondia. Aggiungasi il buon augurio, la fede, la magnanimità, la bellezza e la calma dell'animo anch'essi rappresentati dallo stesso colore, e si vedrà quanto nobile ed importante sia l'azzurro considerato nell'enigmatica arte araldica dalla positiva scienza del blasone (...). In Italia l'azzurro fu piuttosto distintivo di parte guelfa benché lo si trovi spesso anche sugli scudi de Ghibellini". (G. Crollalanza (di), Enciclopedia araldico-cavalleresca, cit., p. 81, voce Azzurro). Nella psicologia, l'azzurro rappresenta, invece, la calma, la serenità, l'infinito e la dedizione. Nel simbolismo cristiano, ai tempi dei Crociati, l'azzurro esprimeva pensieri sublimi e celesti mentre nei colori delle vesti liturgiche, le solennità dedicate alla Beata Maria Vergine, sostituito, poi, dal colore bianco.
17) Il verde fra le virtù simboleggia la fortezza e la cortesia, fra i pianeti venere, nello zodiaco i gemelli e la vergine, fra i mesi maggio ed agosto, fra i giorni il giovedì, fra le pietre lo smeraldo, fra le stagioni la primavera, fra le età la giovinezza sino ai trenta anni,, fra i fiori ogni pianta verde, fra i numeri il 5 e fra i metalli il piombo.
"Simboleggia vittoria, onore, cortesia, civiltà, allegrezza, abbondanza, amicizia. Esso fu il colore dei Ghibellini. Sottilmente osserva il Crollalanza che 'la ragione per cui si fa rappresentare la speranza del color verde è perché allude ai campi verdeggianti in primavera che fanno sperare copiosa raccolta' ". (P. Guelfi Camajani, Dizionario Araldico, Milano 1940, p. 576, voce Verde).
18) Il rosso fra le virtù simboleggia la carità e l'ardire, fra i pianeti marte, nello zodiaco l'ariete e lo scorpione, fra i mesi marzo e ottobre, fra i giorni il mercoledì, fra le pietre il rubino, fra gli elementi il fuoco, fra le stagioni l'autunno, fra le età la virilità sino ai cinquanta anni, fra i temperamenti il sanguigno, fra i fiori la violaccia ed il garofano, fra i numeri il 3, fra i metalli il rame.
"Indica spargimento di sangue in battaglia, audacia, valore, fortezza, nobiltà cospicua e dominio". (Ibidem, p. 458, voce Rosso).
19) L'argento "è dopo l'oro la tinta più pregiata nel blasone, perché rappresenta (...) la luna fra gli astri, la perla fra le gemme, ed è simbolo della concordia, della purità, della clemenza, della gentilezza e della tranquillità d'animo (...). Sino dai tempi dei Romani l'argento figurava come colore di divisa, e tutti conoscono la squadriglia Alba del Circo, squadriglia che come le altre si convertì poscia in fazione. Nei tornei succeduti al circo le sciarpe e le divise d'argento erano portate da quei cavalieri che dimostrar voleano la gelosia, la tema, la passione amorosa". (G. Crollalanza (di), Enciclopedia araldico-cavalleresca, cit., pp. 57-58, voce Argento).
L'argento inoltre rappresenta nello zodiaco il cancro, fra i mesi giugno, fra i giorni il lunedì, fra gli elementi l'acqua, fra le età l'infanzia sino ai 7 anni, fra i temperamenti il flemmatico, fra i fiori il giglio, fra i numeri il 2 e fra i metalli se stesso.
20) "Secondo la scienza araldica, gli smalti dello scudo si distinguono in metalli, oro e argento e in colori, rosso, nero, azzurro, verde e porpora. Per completezza, vale la pena ricordare che gli araldisti aggiungono anche 'il naturale', quando le figure caricate nell'arme conservano il loro proprio colore. Il colore della carne del corpo umano però, più specificatamente, si blasona con 'di carnagione', mentre il cielo, con nuvole e prospettiva, come in un vero paesaggio, si descrive con 'campo di cielo'. Gli araldisti inglesi e olandesi usano altresì i colori 'aranciato' e 'cannellato', 'sanguigno' e 'lionato'. I metalli e i colori si chiamano, per la scienza araldica, smalti dall'usanza dei cavalieri di porre, nel medioevo, sopra i loro sorcotti le figure dei loro emblemi araldici in stagno battuto e smaltato di rosso, di verde, di nero, di turchino e di porpora. Da tale consuetudine di smaltare gli emblemi araldici in stagno derivò il termine araldico di smalto. Ricordiamo altresì che il campo di uno scudo può anche essere ricoperto da due pellicce, che sono l'armellino e il vajo. Gli araldisti chiamano tali pelli anfibie, in quanto è permesso, senza alterare le regole del blasone, porre dei metalli o dei colori sopra le medesime.
I metalli, di oro e d'argento, rappresentano e ricordano le antiche armature dei cavalieri che, secondo il rispettivo grado di nobiltà, erano appunto dorate o argentate; i colori raffigurano, invece, anche gloriosi ricordi delle Crociate, come il di verde (sinople), che ricorda la città di Sinope, la cui vista colpì grandemente i nostri crociati per la bellezza e la magnificenza dei numerosi e rigogliosi alberi che la circondavano, ricoperti di fittissime foglie di smagliante color smeraldo; il di nero (sable), che prese il nome da certi piccoli animali (sabellina pellis) che comparivano nei dintorni dei Luoghi Santi; il d'azzurro, che ricordava il mare attraversato per portarsi in Terra Santa o il di rosso, considerato da molti araldisti, il primo fra i colori dell'arme, perché rappresentava il sangue vivo versato. L'armellino ed il vajo ricordano invece le fodere in pelle delle vesti dei personaggi più eminenti e nobili.
L'armellino, piccolo mammifero carnivoro, della famiglia delle mustelidi, trae il nome dalla regione dell'Armenia, per la iniziale provenienza di questa pelle e simboleggia l'incorruttibilità e la purezza essendo tale animaletto, di pelliccia bianca, molto pulito. Il vajo, piccolo scoiattolo siberiano, simboleggia invece nobiltà e dignità insigne". (G. Aldrighetti - M. De Biasi, Il Gonfalone di San Marco, cit., pp. 57-58).
Esistono, infine, dei segni convenzionali per indicare gli smalti quando lo stemma viene riprodotto nei sigilli e nelle stampe in bianco e nero. Così il rosso si rende con fitte linee perpendicolari, l'azzurro con orizzontali, il verde con diagonali da sinistra a destra, il porpora con diagonali da destra a sinistra, il nero con orizzontali e verticali incrociate, mentre l'oro si rende con fitto punteggio e l'argento senza alcun segno.
Una prima suddivisione degli Ordini Cavallereschi si è avuta nel secolo XVI, per merito del Sansovino che, nella sua opera Dell'origine dei Cavalieri, pubblicata nel 1566, distingue i
Cavalieri nelle seguenti tre categorie:
Cavalieri di Collana
Cavalieri di Sperone.
Ai Cavalieri di Collana appartenevano invece i massimi Ordini dinastici creati dalle più importanti Case regnanti d'Europa. In tali Istituzioni rientravano gli Ordini Supremo della Santissima Annunziata, della Giarrettiera, di San Michele , del Toson d'Oro.
Alla terza categoria appartenevano i Cavalieri, la cui nomina faceva parte del complesso delle investiture create dai Regnanti Pontefici e dai Sovrani e poi delegate a feudatari e Cavalieri anziani.
Nel tempo, vari studiosi continuarono a classificare gli Ordini Cavallereschi, sotto vari profili.
Così abbiamo gli Ordini ereditari , militari, per ricompensare azioni di valore, onorari, per meriti civili, religiosi, appoggiati a regole monastiche.
Ai giorni nostri, la maggior parte degli studiosi, classifica gli Ordini cavallereschi come segue:
Ordini Statuali
Detti Ordini, chiamati anche di merito, formano il patrimonio araldico di uno Stato. Tali Ordini sorgono, per lo più, nel secolo scorso con lo scopo di premiare le benemerenze civili e militari dei cittadini e traggono il loro fondamento giuridico nella sovranità dello Stato che gli ha istituiti.
Nel caso di una nazione retta da una monarchia, gli Ordini Cavallereschi si chiamano Statuali o di Corona, ma in questo caso il Re ne dispone unicamente in qualità di Capo dello Stato non come patrimonio araldico della sua Dinastia.
Ordini Equestri Pontifici
Sono gli Ordini Cavallereschi conferiti direttamente dal Regnante Pontefice con Lettere Apostoliche.
L'Ordine Pontificio Piano era altresì Ordine Cavalleresco nobiliare attivo o nobilitante, in quanto conferiva la nobiltà ereditaria ai Cavalieri di Gran Croce e la nobiltà personale ai Commendatori.
Gli Ordini Pontificio sono altresì Ordini di merito, in quanto servono a premiare le benemerenze acquisite per servizi resi alla Chiesa ed alle opere cattoliche.
Si dividono infine in Ordini di collazione diretta, cioè conferiti direttamente dal Romano Pontefice, quali l'Ordine Supremo del Cristo, l'Ordine della Milizia Aurata, l'Ordine Piano, l'Ordine di San Gregorio Magno e l'Ordine di San Silvestro Papa e in Ordini di sublocazione o semindipendenti quali l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e l'Ordine di Santa Maria Teutonica (Cavalieri Teutonici), in quanto concessi per delegazione apostolica e quindi posti sotto la protezione della Santa Sede.
Ordini Sovrani
In questa categoria rientra solo il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Rodi, detto di Malta, in quanto mantiene la sua natura di ente sovrano.
La posizione giuridica dell'Ordine Gerosolimitano contiene due soggetti: la Religione ossia la regola religiosa , essendo ordine religioso e l'ordine cavalleresco che è unito alla prima.
Il Principe Gran Maestro, Capo della Religione e Capo Supremo dell'Ordine Cavalleresco, assieme al Sovrano Consiglio appare come organo portatore di detta sovranità.
Il Sovrano Militare Ordine di Malta, attualmente, intrattiene normali rapporti diplomatici con oltre ottanta Nazioni.
Ordini Dinastici
Rientrano in tale categoria gli Ordini Cavallereschi che appartengono al patrimonio araldico di una Dinastia Sovrana.
Se la Dinastia è regnante, gli Ordini si chiameranno dinastici statuali, in quanto messi a disposizione dello Stato per conferire onori e per premiare particolari benemerenze.
Se la Dinastia non è più regnante, gli Ordini si chiameranno dinastici non nazionali, in quanto la persona del Capo della Real Casa conserva la jus collationis dei suoi Ordini Cavallereschi. Infatti tali Ordini traggono origine, per la massima parte, da Bolle Apostoliche di approvazione.
Ricordiamo infine che per Ordine estinto, si intende quella istituzione cavalleresca nella quale non siano avvenuti più conferimenti e siano trascorsi cento anni dal decesso dell'ultimo insignito.
L'Ordine familiare invece riguarda l'istituzione cavalleresca che appartiene al patrimonio araldico di una famiglia sovrana o già sovrana, senza essere mai stato messo a disposizione della Nazione.
L'Ordine si considera infine soppresso se l'autorità dal quale dipende decide di non procedere più a conferimenti o a causa di mutamenti istituzionali in un determinato Stato.