Araldica negli altri Stati
di Giorgio Aldrighetti
Ferdinando I (1793-1875)
La Veneta repubblica,
com’era sua consuetudine, non sembra aver mai decretato o convalidato le armi di
possesso proprie delle varie civiche comunità appartenenti alla Serenissima
repubblica di San Marco; ed in questo siamo stati confortati dal parere di
insigni studiosi.
Per
quanto sopra anche la nostra città natale, Chioggia, appartenente al dogado
veneto, che usava, sicuramente dal XIII secolo, l’arme d’argento al leone di
rosso, non disponeva di alcun attestato di concessione.
Alla caduta della Serenissima, sotto la dominazione absburgica, Chioggia ravvisò,
pertanto, la giusta opportunità di far legalizzare il proprio stemma.
E, finalmente, venne la sovrana risoluzione di concessione, datata 11 marzo 1837, regnando S. M. I. R. Ap. Ferdinando I d’Absburgo (1835-1848), e partecipata all’I. R. Governo delle
Provincie Venete da Vienna il 17 marzo 1837.
Nello stesso anno, nel mese di novembre, vedrà la luce anche l’aulico brevetto, in
lingua tedesca, che testualmente recita:
“Dall’I.
R. Unita Cancelleria della Corte S. I. R. A. M. con Sua altissima decisione
addì 11 marzo del c. a. si compiacque concedere benignamente alla città di
Chioggia nella provincia di Venezia del regno lombardo veneto uno stemma.
Epperciò alla città di Chioggia viene accordata la legittimazione circa l’uso
dello stemma che per maggior chiarezza è indicato qui appresso, cioè: un leone
rosso in campo argento. Questo scudo poi è circondato da una fascia dorata a
fregi artisticamente incisi. Qualora si volesse adoperare questo stemma in
qualità di sigillo, bisogna allora aggiungere attorno al medesimo l’iscrizione
“Sigillo della città di Chioggia”, il quale stemma non si potrà giammai
cangiare senza previa e specialissima autorizzazione.
Vienna li 22 novembre 1837.
Conte Ritrovitz cancelliere capo”.
A
seguito di un’altra petizione presentata sempre a S. M. I. R. Ap. Ferdinando I
d’Absburgo da parte di mons.
Antonio Savorin, vescovo della città e diocesi di
Chioggia (1830-1840), lo stesso imperatore, con sovrana risoluzione in data 3
marzo 1838, concedeva al Venerabile ed amplissimo Capitolo dei canonici della
cattedrale di Chioggia una decorazione consistente in una croce pettorale
d’oro, di forma greca, sostenuta da un cordone terminante con un fiocco, il
tutto di rosso, da portarsi sopra la mozzetta.
Il
successivo 9 febbraio 1855 Sua Santità Pio IX, con il Breve
Ecclesiarum in primis Cathedralium, convalidava
ai Canonici clodiensi, in perpetuo, l’uso libero e lecito della croce pettorale
d’oro, di forma greca, conferita dall’Imperatore Ferdinando I.
Tale
particolare insegna, tuttora, viene portata dai rev. mi canonici del Capitolo
della cattedrale clodiense.
Esistono,
di conseguenza, molteplici motivi di riconoscenza e di gratitudine nei riguardi
di S. M. I. R. Ap. Ferdinando I d’Absburgo che disponeva, tra l’altro, di
numerosi titoli gentilizi e predicati di dominio e di pretensione; riteniamo,
di conseguenza, opportuno elencarne i principali: imperatore d’Austria; re
d’Ungheria e di Boemia; re di Lombardia e di Venezia; re di Dalmazia; re di
Croazia; re di Schiavonia; re di Galizia; re di Lodomiria e dell’Illiria; re di
Gerusalemme; arciduca d’Austria; gran principe di Transilvania; principe di
Trento; principe di Bressanone; gran duca di Toscana; duca di Lorena; duca di
Salisburgo; duca di Stiria; duca di Carinzia; duca di Carniola; duca d’Alta e
Bassa Slesia; duca di Modena; duca di Parma; duca di Piacenza; duca di
Guastalla; duca di Auschwitz; duca di Zator; duca di Teschen; duca del Friuli;
duca di Ragusa; duca di Zara; margravio di Moravia; margravio dell’Alta e Bassa
Lusazia; margravio d’Istria; conte del principato di Habsburg; conte del
principato del Tirolo; conte del principato di Kyburg; conte del principato di
Gorizia e Gradisca; conte di Hohenembs; conte di Feldkirch; conte di Bregenz;
conte di Sonnenberg; signore di Trieste; signore di Cattaro.
Ci permettiamo, di conseguenza, quale omaggio e segno di devozione all’imperatore
Ferdinando I ed alla casa d’Absburgo, per tutto quello che ha rappresentato e
tuttora rappresenta, blasonare la grande arme imperiale d’Austria in uso ai
tempi di tale imperatore:
"Partito di due e troncato di due:
Nel
primo, inquartato e sul tutto uno scudetto:
nel
1° d’azzurro a tre teste di leopardo d’oro, coronate dello stesso, linguate di
rosso, poste 2, 1 (regno di Dalmazia);
nel
2° scaccato d’argento e di rosso di cinque file (regno di Croazia);
nel
3° d’azzurro alla fascia ondata di rosso, bordata d’argento, caricata da una
martora passante al naturale, la fascia sormontata da una stella di sei raggi
d’oro;
nel
4° troncato, con una fascia diminuita di rosso sulla partizione: nel 1°
d’azzurro all’aquila di nero nascente dalla fascia, con il volo abbassato,
rostrata d’oro, linguata di rosso, accompagnata nel canton destro del capo da
un sole raggiante d’oro e nel canton sinistro del capo da una mezzaluna
crescente d’argento; nel 2° d’oro a sette torri di rosso, merlate alla guelfa
di tre, aperte e finestrate d’azzurro, ordinate in fascia 4, 3 (gran principato
di Transilvania);
sul
tutto, scudetto partito:
nel
1° fasciato di rosso e d’argento di otto pezzi (regno d’Ungheria antica);
nel
2° di rosso alla croce patriarcale e patente d’argento movente da una corona
d’oro, sostenuta da un monte alla tedesca di tre cime di verde; lo scudetto
timbrato dalla corona di Santo Stefano
Nel
secondo, troncato di due e partito di tre al capo ed in punta e partito di due
in fascia e sul tutto uno scudetto:
nel
primo, inquartato in palo:
nel
1° partito: nel 1° di nero all’aquila d’oro, linguata di rosso; nel 2° palato
d’argento e di rosso di quattro pezzi (arciducato dell’Austria superiore);
nel
2° partito: nel 1° d’oro al leone di nero linguato e armato di rosso; nel 2° di
rosso alla fascia d’argento (ducato di Salisburgo);
nel 3° di verde alla
pantera d’argento rampante, armata, cornata e ignivoma di rosso (ducato di
Stiria);
nel
4° d’argento alla croce di nero caricata da un filetto in croce potenziato e
gigliato d’oro, sul tutto, in cuore, scudetto d’oro all’aquila di nero (insegna
del gran maestro dell’Ordine Teutonico); nel secondo, interzato in palo:
nel
1°d’argento all’aquila spiegata di rosso, coronata, rostrata, membrata d’oro e
legata a trifoglio sulle ali dell’ultimo (contea principesca del Tirolo);
nel
2° d’argento all’aquila spiegata di nero, rostrata, membrata, legata a
trifoglio sulle ali, seminata di fiammelle, il tutto d’oro (principato di Trento);
nel
3° di rosso all’agnello pasquale d’argento, passante, con la testa rivolta,
nimbato d’oro, tenente con la zampa anteriore destra un asta crociata
dell’ultimo, con il drappo del vessillo d’argento alla croce di rosso
(principato di Bressanone);
nel
1°d’azzurro allo stambecco saliente d’oro, cornato e unghiato di nero (contea
di Hohenenbs); nel 2° d’argento al drappo del gonfalone di rosso, terminante in
tre bandoni pendenti e cimato da tre anelli d’oro, posti in fascia (contea di
Feldkirck);
nel
3° di pelli di vajo al palo d’argento caricato da tre code d’ermellino al
naturale, una sull’altra (contea di Bregenz);
nel
4° d’azzurro al monte di tre cime alla tedesca sormontato da un sole raggiante,
il tutto d’oro (contea di Sonnenberg);
sul
tutto, scudetto: d’azzurro a cinque aquile d’oro, poste 2, 2, 1; lo scudetto
timbrato dalla corona arciducale dell’Austria inferiore dell’Enns.
Nel terzo, troncato:
nel primo, partito; nel secondo, interzato in palo e sul tutto uno scudetto:
nel 1° d’azzurro
all’aquila scaccata d’oro e di rosso, coronata e rostrata del primo, linguata e
membrata del secondo (margraviato di Moravia);
nel 2° d’oro all’aquila
di nero, coronata, membrata e rostrata del primo, linguata di rosso, caricata
in cuore da un montante terminante alle estremità a trifoglio, con una crocetta
patente in cuore, il tutto d’argento (ducato di alta e bassa Slesia);
nel secondo, interzato
in palo:
nel 1° d’azzurro al muro
d’oro, mattonato di nero, merlato alla guelfa di tre pezzi (margraviato
dell’alta Lusazia);
nel 2° d’azzurro
all’aquila d’oro, rostrata, linguata e membrata di rosso (ducato di Teschen);
nel 3° d’argento al
toro di rosso, fermo, con la testa posta di fronte, sostenuto da una pianura di
verde (margraviato della Lusazia inferiore);
sul tutto, scudetto: di
rosso al leone d’argento, con la coda annodata e biforcata, coronato, linguato
e armato d’oro; lo scudetto timbrato dalla corona del regno di Boemia [2]
Nel
quarto, troncato: nel primo, partito; nel secondo, interzato in palo:
nel
primo, partito:
nel
1° d’azzurro al leone di rosso, con la coda annodata e biforcata, coronato,
linguato e armato d’oro, accompagnato nel canton destro del capo da una mezzaluna
calante e nel canton sinistro del capo da una stella di sei raggi, il tutto
d’argento (Cumania);
nel
2° d’oro al destrocherio armato di rosso, movente da una nuvola d’argento
uscente dal fianco sinistro dello scudo, impugnante nella mano di carnagione
una scimitarra d’argento, guarnita d’oro, posta in sbarra, con la punta verso
l’alto (Bosnia ed Erzegovina);
nel
secondo, interzato in palo:
nel
1° d’azzurro alla banda di rosso, bordata e accostata da due filetti d’argento,
caricata da un lupo corrente, dell’ultimo;
nel
2° di rosso alla testa di cinghiale di nero, strappata, posta di profilo in
banda, linguata d’oro e con la difesa d’argento, ingolante un dardo dell’ultimo
(Serbia);
nel
3° d’azzurro a tre ferri da cavallo d’argento posti 2, 1 (Rascia).
Nel
quinto, interzato in palo:
nel
1° d’oro al leone di rosso coronato, linguato e armato d’azzurro (contea
principesca di Habsburg);
nel
2° di rosso alla fascia d’argento (casa d’Austria) [3]
nel
3° d’oro alla banda di rosso caricata da tre alerioni d’argento, ordinati nel
verso della pezza (ducato di Lorena).
Nel
sesto, interzato in fascia: nel primo, partito; nel secondo e nel terzo,
interzato in palo:
nel
primo, partito:
nel
1° d’argento alla croce potenziata e scorciata d’oro, accantonata da quattro
crocette dello stesso (regno di Gerusalemme);
nel
2° di rosso al castello d’oro di due palchi, merlato alla guelfa di sette,
torricellato di tre pezzi e merlato di tre alla guelfa, murato di nero, aperto
e finestrato d’azzurro (regno di Castiglia);
nel
secondo, interzato in palo:
nel
1° d’argento al leone di rosso, coronato, linguato e armato d’oro (regno di
Leon);
nel
2° palato d’oro e di rosso di nove pezzi (regno d’Aragona);
nel
3° d’azzurro al leone d’argento, coronato d’oro, linguato e armato di rosso,
sostenente con la zampa anteriore destra una croce latina d’oro, posta in
sbarra (Indie occidentali);
nel
terzo, interzato in palo:
nel
1° decussato: nel 1° e nel 4° palato d’oro e di rosso di nove pezzi; nel 2° e nel
3° d’argento all’aquila di nero, abbassata e coronata dell’ultimo (regno di
Sicilia);
nel
2° di nero alla croce piana d’argento (Calabria);
nel
3° d’azzurro seminato di gigli d’oro, al lambello di cinque gocce di rosso,
attraversante il capo (Anjou).
Nel
settimo, inquartato e sul tutto uno scudetto:
nel
1° d’oro a cinque palle di rosso poste in cinta 2, 2, 1, accompagnate in capo
da una sesta più grande d’azzurro caricata da tre gigli d’oro ordinati in 2, 1
(granducato di Toscana);
nel
2° d’azzurro all’aquila d’argento coronata, rostrata e membrata d’oro, linguata
di rosso (ducato di Modena);
nel
3° d’oro a sei gigli d’azzurro posti 3, 2, 1 (ducato di Parma e Piacenza);
nel
4° d’argento alla croce patente di rosso accantonata da quattro aquile di nero
(ducato di Guastalla);
sul
tutto, scudetto partito:
nel
1° d’argento ad una vipera d’azzurro ondeggiante in palo, coronata d’oro,
ingollante un fanciullo di carnagione, posto in fascia, con i bracci distesi
(regno di Lombardia);
nel 2° d’azzurro al leone
d'oro, alato e nimbato dello stesso, con la testa posta di fronte,
accovacciato, tenente fra le zampe anteriori avanti al petto il libro
d'argento, aperto, scritto delle parole a lettere maiuscole romane di nero
PAX TIBI MARCE, nella prima facciata in
quattro righe, ed EVANGELISTA MEUS.
[1] La corona del regno d’Ungheria, comunemente
chiamata corona di Santo Stefano, è il risultato dell’assemblaggio di
due corone: la prima inviata in dono nell’anno 1000 dal papa Silvestro II al re
Stefano d’Ungheria; la seconda donata, invece, dall’imperatore d’Oriente
Michele Dukas Parapinace al re Geysa I d’Ungheria nell’anno 1072.
[2] La corona del regno di Boemia figura dal 1347 ed
è comunemente chiamata corona di San Venceslao
[3] Lo scudetto d’Austria “di rosso alla fascia
d’argento” trae origine, secondo un’epica e struggente leggenda, dalla
battaglia di Tolemaide (1191) nella quale l’eroico Leopoldo, duca d’Austria,
innalzò come vessillo, per chiamare a raccolta i suoi prodi, il proprio
sorcotto intriso oramai di sangue e rimasto solo bianco al centro o in fascia,
poiché il condottiero teneva una cintura molto larga. Tali smalti compongono
tuttora la bandiera austriaca.